La società della carta di credito anche per prendere il caffè oppure del documento che attesta che hai preso un certo farmaco per entrare in un luogo pubblico ha stressato un po’ tutti.
Così c’è chi inneggia al ritorno al baratto per venirne fuori. Banchieri e burocrati da strapazzo crogiuolatevi nella vostra società delle mille autorizzazioni, anche per andare al cesso, noi ne fondiamo un’altra più razionale, umana e pure entusiasmante, tenetevi i vostri fottutissimi soldi e torniamo al baratto.
E’ una forma di rivoluzione non violenta che non si può contestare nelle sue motivazioni di base, abbastanza sacrosante, per non morire stritolati di burocrazia, però è comunque una rivoluzione netta, traumatica e che tende a spaccare la società in due: chi ci sta ancora e si piega alle folli contraddizioni di questo tempo e chi non ci sta più e cambia completamente registro tornando indietro (per certi versi, perché per altri è semplicemente uno “scappare rapidamente in avanti”) di qualche migliaio di anni.
Il concetto di rivoluzione non violenta che non si attua con le barricate o contrapponendosi comunque in modo violento a chi non vuole cambiare di una virgola e si bea nello status quo mi è sempre piaciuto però io penso che la rivoluzione non violenta, per essere davvero non violenta, deva essere inclusiva anche di chi non partecipa alla rivoluzione. Insomma costituire di punto in bianco un mondo alternativo anche senza aggredire nessuno è comunque una mossa di forte impatto e, gioco di parole, provoca mutamenti repentini e violenti della società.
Allora io in questa società di banchieri, burocrati e di controllo pure dell’informazione alternativa (il massimo della repressione sociale: arrivare a controllare addirittura l’informazione alternativa!) sarei per un giochino meno traumatico del ritorno al baratto: creare la società dello sport per tutti. Basta semplicemente rifondare lo sport e trasformarlo da spettacolo per mantenere lo status quo ad elemento trainante per rifondare la società nelle sue basi.
La società moderna ha essenzialmente due problemi che fanno a cazzotti con l’ipotesi della diffusione dello sport per tutti: il primo, gravissimo e di una urgenza esagerata, che è l’impossibilità per una fetta ancora troppo ampia di popolazione mondiale di potersi nutrire in modo consono per colpa della miseria sparsa in più punti del pianeta in modo cronico ed inaccettabile, il secondo, meno grave ma ancora più diffuso e tutto sommato correlato al primo perché impedisce di organizzarsi veramente per combattere il problema della fame, è quello della mancanza di tempo libero per una fetta enorme di popolazione di ogni parte del pianeta, di tutte le nazioni e pure di tutti i ceti sociali. Siamo la società della mancanza del tempo libero, con una parola dello stress e ciò è certamente correlato alla strutturazione complessa dei modelli finanziari sostenuti da banche e burocrati a tutti i livelli.
Per poter fare sport tutti assieme occorre non patire la fame e avere tempo libero, a parole sembrano cose facili nei fatti nella nostra società non è per niente facile e per quello molte persone vogliono tornare alla società del baratto.
Il modello dello sport per tutti non è quello della guerra fredda, della propaganda politica delle nazioni che vincono un sacco di medaglie alle Olimpiadi per dimostrare che la loro politica è la più efficiente. Il modello dello sport per tutti ha si a che fare con il modello olimpico ma è ancora più decoubertiniano: l’importante è partecipare, non vincere e pertanto non è importante sotto che bandiera partecipi ma il fatto che partecipi. La bandiera è una sola ed è quella dei cinque cerchi che include tutti, non esiste una classifica fra nazioni che devono mostrare la loro efficienza, le nazioni sono efficienti nel momento in cui riescono a garantire lo sport per tutti i cittadini che non vuol dire che tutti i cittadini devano partecipare alle Olimpiadi ma che tutti i cittadini possano praticare sport oltre che vederlo per televisione come fa la maggior parte della popolazione mondiale perché è l’unica cosa veramente alla portata di tutti in tema di sport. Insomma se lo sport praticato diventa fruibile come quello visto per televisione (e forse, in questo caso, quello visto per televisione andrà un pochino in crisi…) siamo pronti per una rivoluzione sociale che potrà portare ad una società più sana, più equa, con meno squilibri sociali, con meno sfruttamento che probabilmente ha i numeri per affrontare la colossale sfida ecologica che attende il pianeta nei prossimi decenni e dove la carta di credito per il caffè e l’autorizzazione per andare al cesso possono restare uno sgradito ricordo di un punto limite che stiamo raggiungendo in questi anni per un eccessivo rispetto del dio danaro e di tutte le dinamiche sociali suggerite dalla perpetuazione della sua importanza.
Il problema sociale del nostro tempo non è quali nuovi investimenti trovare per produrre nuova ricchezza ma semplicemente che strategie mettere in atto per redistribuire la ricchezza e far partecipare alle decisioni politiche tutta la popolazione e non solo pochi eletti che comandano l’informazione e… pure la controinformazione.
Forse il primo segnale di ripresa potrà esserci proprio quando almeno l’informazione alternativa sarà veramente libera e veramente alternativa. Qualcuno si sta già illudendo che quel giorno sia arrivato. Certo che solo pensarci e ipotizzare pure una società che torna al baratto è già qualcosa. Il vero valore non è più il danaro, la ricchezza, ma il benessere sociale, questo non si ottiene lavorando sempre di più e producendo sempre di più ma riequilibrando il pianeta. L’iperproduzione non da la felicità a nessuno, ne a chi si prodiga direttamente per sostenerla ne a chi se la inventa in modo sempre più dettagliato muovendo gli investimenti secondo logiche che non hanno nulla che fare con il benessere sociale e spostano la ricchezza sempre più nei posti dove non serve. Molto semplicemente mollate il dollaro e mettetevi a fare sport, fate del bene a tutti.