Il concetto di vero e falso nello sport è un po’ vago e quanto meno discutibile.
A teatro non si usa dire se una cosa è vera o falsa, nel teatro è tutto vero e falso, c’è un copione e ci sono attori veri che recitano questo copione. Semmai in televisione c’è un tasso di artificialità un po’ più elevato perché vediamo montate scene con lo stile del cinema solo che al cinema sappiamo di essere al cinema mentre in televisione spesso ti fanno credere che non sia realtà artefatta.
Valutiamo questi spettacoli in base alla bravura degli attori o anche in base alla qualità del copioni ma non ci sogniamo di attribuire un giudizio di autenticità come tendiamo a fare nello sport.
Qualcuno sostiene che lo sport professionistico sia un po’ come la televisione quando confeziona uno spettacolo sullo stile cinematografico facendotelo passare per reale. E cosi viene sottaciuto che spesso sotto c’è un vero e proprio copione da rispettare dove i vari atleti compiono gesta autentiche ma dove certi risultati sono già determinati prima della concretizzazione dell’evento sportivo. Si arriva a dire che l’unico sport autentico è quello dei campi di periferia e quello dei ragazzini dove il risultato finale è davvero imprevedibile e non condizionato dai vari interessi degli sponsor senza i quali lo sport professionistico non si muove.
Sono autentici entrambi i tipi di sport. Semmai quello professionistico è più complesso e può apparire artificiale ma ha una sua realtà incontestabile anche nell’utilizzo deprecabile dei farmaci che vede un esercito di medici impegnati a fare in modo che tale utilizzo sia meno dannoso possibile e circoscritto soprattutto agli atleti di alto livello che sono effettivamente gli unici in grado di dribblare le insidie dell’antidoping, piuttosto puntuale nel sanzionare gli atleti delle categorie amatoriali.
Il criterio di valutazione interessante invece di un presunto criterio di autenticità può essere un criterio di importanza e lì si possono fare delle considerazioni particolari. Probabilmente è più importante lo sport di base perché ha a che fare più direttamente con la salute della popolazione. Lo sport professionistico muove sponsor e ingenti flussi finanziari, lo sport di base muove la salute, alla fine ha anch’esso un grande impatto economico, ma soprattutto, indipendentemente da quest’ottica, merita di essere definito importante, probabilmente più importante di quello professionistico, se non altro perché riguarda più persone.
Allora lasciamo perdere il fatto che uno sport sia più autentico dell’altro perché uno non si sa come va a finire mentre l’altro è già scritto dagli sponsor che deva andare a finire in un certo modo, la disputa non è questa, la disputa è sul fatto che mentre un certo tipo di sport finisce sui giornali e sulle televisioni quell’altro, nonostante non abbia questa visibilità, deve essere considerato più importante, non tanto per una questione morale sulla quale si può discutere all’infinito, ma per un fatto di profilassi sanitaria e qui la differenza è sostanziale perché, mentre nello sport carrozzone un gran numero di medici si occupano del fatto che gli atleti di alto livello possano offrire notevoli prestazioni sportive senza patirne un danno in salute, nello sport di base senza attenzioni particolari da parte dei medici (teoricamente ne occorrono di più per i sedentari che per gli sportivi), c’è un massiccio intervento decisamente positivo sull’intera popolazione degli sportivi.
Dunque il quesito che dobbiamo porci, più che se lo sport sia autentico o meno, é se questo è realmente importante e scopriremo che è decisamente importante, e più di quell’altro, quello che tendiamo a snobbare e a dire che si fa solo se “c’è tempo per farlo”.
Il tempo per lo sport di base deve sempre essere trovato perché è un fatto di salute e se gli sponsor non accorrono a sostenerlo deve essere lo Stato a farsene carico perché è una questione di salute pubblica.
Lo sport, divertente e giocoso a tutti i livelli in modo più o meno autentico, é una cosa decisamente seria soprattutto dove non è strutturato e spesso lasciato al caso. E’ il caso di forzare questo “caso” in direzione di una frequentazione più diffusa e frequente dello sport anche nelle categorie di soggetti che lo fanno tanto per fare. “Tanto per fare” vuol dire che può splendidamente vincere chiunque che gli sponsor non hanno alcunché da ridire ma vuol anche dire che se viene a mancare il tempo per quel tipo di sport è una grave questione di salute pubblica.