Il sudafricano Wayde van Niekerk ha corso i 400 metri nella finale dei Giochi Olimpici di Rio in 43″03, un po’ a sorpresa. Da ciò che si era visto nei turni eliminatori ci si attendeva di più l’atleta di Grenada Kirani James o l’americano LaSchawn Merritt, soprattutto non si pensava che van Niekerk potesse massacrare questi due andando a ritoccare pure il record del mondo.
Van Niekerk ha fatto una grandissima gara ed ha fatto anche meglio del pronostico poi, al di la dei sensazionalismi giornalistici, sulla disciplina dei 400 metri piani in atletica, sia a livello maschile che a livello femminile c’è da dire una cosa per essere precisi: che in entrambi i casi siamo in ritardo di circa 30 o 40 anni rispetto alle altre specialità. In campo femminile, addirittura c’è da dire che c’è stata una involuzione più che una stasi dei risultati, così come avvenuto curiosamente anche nel salto in lungo. Difficile capire il perché di questo “stato dell’arte” ma non è molto sensato pensare che sia un caso.
Di certo se avessimo detto ad un appassionato di atletica a fine anni ’60 che il mondiale sui 100 nel 2016 è di 9″58 e quello dei duecento è 19″19″ questi avrebbe potuto ipotizzare: “Allora quello dei 400 è 42″50!” ed invece il muro dei 43″ sui 400 non è ancora stato abbattuto. Non solo, ma mentre con un tempo di 10″ netti sui 100 puoi rischiare di restare fuori da una finale olimpica con un tempo di 44″0 sui 400 sei praticamente sicuro di accedere alla finale e ciò vuol dire che l’evoluzione “frenata” non riguarda solo il record del mondo.
Dunque van Niekerk è un atleta immenso ed a lui va il grande merito di aver almeno avvicinato il muro dei 43″ netti. Forse lui potrà anche abbattere quel muro però la disciplina dei 400 metri ha avuto un’evoluzione inferiore, negli ultimi 40-50 anni a quella che hanno avuto i 100 ed i 200 metri. Succede un po’ quello che è successo con il mezzofondo al contrario dove le gare sulle distanze più lunghe (5.000 e 10.000 metri) hanno avuto miglioramenti più consistenti di quelle su 800 e 1.500 metri.
Difficile dare una risposta di tipo tecnico anche se una idea strana in proposito ce l’ho: nelle gare dei 400 e degli 800 metri che sono le due corse che si sono evolute di meno in questi decenni c’è una componente di doti elastiche necessaria per emergere che è molto importante. Una risposta parziale potrebbe essere questa: mentre abbiamo trovato i sistemi per incrementare in modo spropositato le doti di forza (molto importanti per correre alla massima velocità) e quelle di resistenza (determinanti per eccellere nelle distanze lunghe) non siamo ancora riusciti ad escogitare le strategie di allenamento utili ad incrementare in modo decisivo le doti di elasticità assolutamente necessarie per correre i 400 e gli 800 metri ai massimi livelli.
Purtroppo fare solo un discorso tecnico, nello sport di alto livello, tanto per cambiare, è limitante e l’analisi andrebbe estesa ad altri fattori che riguardano meno il fattore tecnico e più quello medico. A quel punto le mie ipotesi si schiantano contro un qualcosa di insondabile perché ciò che va fuori dall’aspetto tecnico esula dal mio campo di competenza e probabilmente è pure per quello che io sono un tecnico d’altri tempi.
Ciononostante penso che un progresso tecnico nella preparazione delle affascinanti discipline dei 400 e degli 800 metri sia possibile e, a maggior ragione, visto che tali specialità si sono evolute meno delle altre, sia anche auspicabile. Bisogna inventarsi qualcosa e penso e spero che questo qualcosa non siano strategie di laboratorio per migliorare le doti di elasticità quanto esercitazioni di allenamento che siano in grado di sollecitare queste doti ma soprattutto di inserirle in modo armonico nella preparazione dell’atleta con preciso riferimento alle esigenze di queste complesse discipline. Insomma non penso che il quattrocentista del futuro dovrà assere un atleta con doti di elasticità mostruose ma certamente dovrà avere una elasticità fuori dal comune miscelata in un cocktail di altre doti utili a produrre il grande risultato sui 400. Con riferimento alle doti di elasticità mi piace anche segnalare come pure la disciplina del salto in lungo necessiti di una importantissima componente di questa dote e, guarda a caso, anche il salto in lungo è fra le specialità che hanno avuto progressi limitati nell’ultimo cinquantennio. Poi se andiamo a guardare come vengono corsi i 100 metri scopriamo che mediamente i velocisti moderni sono molto più forti ma probabilmente meno elastici di quelli di un tempo che fu. Insomma attorno alle doti di elasticità degli atleti di adesso c’è molto da meditare perché il sospetto che siamo restati un po’ al palo nelle tecniche allenanti per migliorare queste doti è fondato. La forza la sviluppi senza problemi per migliorare l’elasticità bisogna fare richiesta scritta con marca da bollo a non si sa chi. Proviamo almeno a capire chi è il destinatario di questa richiesta…