Sdraiati sotto l’ombrellone vi capiterà di leggere il solito articolo sull’attività motoria ideale su una splendida rivista in carta patinata. Purtroppo voi non avete bisogno di un articolo sull’attività motoria ideale perché è proprio quello che vi fa esclamare: “Accidenti, l’ideale sarebbe proprio questo, peccato che non abbia assolutamente tempo per mettermi lì…”.
Quello di cui hanno bisogno gli italiani è un articolo sulle urgenze in attività motoria che purtroppo sono molte e vanno affrontate in un solo ed unico modo: con urgenza. Con urgenza perché quando riguardano situazioni di salute a rischio non si possono guardare tanti dettagli, l’ideale passa in secondo ordine, bisogna affrontare con tempestività l’urgenza.
Purtroppo spesso questa urgenza viene mascherata dai vari “comportamenti ideali” e così l’urgenza finisce per essere sempre più drammaticamente urgente fin che non sfocia nella vera e propria disgrazia che può cambiare completamente le carte in tavola e può farci passare in un istante da una situazione di coscienziosa prevenzione ad una situazione di prudente riabilitazione.
L’urgenza degli italiani riguarda il fatto che, trattando di soggetti normodotati, bisogna tenere presente che sotto i 10 chilometri alla settimana di cammino ci si può andare solo sotto i due anni di età e sopra gli 80, considerando il fatto che il bambino di due anni che ha spazio per giocare questo chilometraggio lo supera e che l’ottantenne che sta ancora discretamente pure lui supera questo dosaggio a meno che non sia malato di televisione come purtroppo accade a molti ultratottantenni italiani.
All’interno di questo range d’età chi non supera i 10 chilometri di cammino alla settimana deve essere considerato a tutti gli effetti un malato grave perché affetto da una pericolosissima situazione di rischio per la salute in generale. Ovviamente quando ci si riferisce al totale di 10 chilometri alla settimana di cammino si vuole sottintendere che anche le attività “equivalenti” possono benissimo sostituire questi quantitativi e così, per esempio, chi è nato con il sedere sopra la bicicletta ed invece di 10 chilometri la settimana a piedi se ne fa almeno 50 in bici bisogna ammettere che, almeno da un certo punto di vista, sostituisce quei 10 chilometri a piedi, così come chi sta bene solo in ammollo e d’estate soffre un caldo terribile può sostituire 10 km a piedi con un paio di chilometri in vasca. Sono tutti quantitativi minimi che non devono essere certamente considerati come opportuni ma indicatori di un minimo che deve assolutamente essere superato se non ci si vuole rimettere la salute. E sono cose ben distanti dalla quota di attività fisica ideale.
Per cui, prima di perdere tempo a leggere cose sulla quota di attività fisica ideale, fermiamoci un attimo a pensare se non siamo pericolosamente sotto alla quota di attività fisica d’urgenza perché se è così nessun pretesto sull’ideale può essere idoneo a farci cambiare argomento.
La quota minima di attività fisica non necessita di nessuna iscrizione in palestra. Io dico che già il cambiamento nelle abitudini di parcheggio della propria autovettura è sufficiente a raggiungere quella e per far ciò è sufficiente anche solo cambiare l’atteggiamento nel pensare ai nostri parcheggi.
Come italiani tendiamo a lamentarci molto anche se viviamo in un paese molto bello, pure abbastanza ricco che purtroppo ha un’imposizione fiscale fra le più alte del mondo ma che ci serve per far funzionare un sistema che ci siamo costruiti noi.
Su una cosa non ci lamentiamo mai e riteniamo di essere i più fortunati della terra: quando andiamo a parcheggiare. Mai che abbia sentito dire uno: “Guarda la parcheggio qui perché tanto con la sfortuna colossale che ho io nei parcheggi sono convinto che se vado avanti un posto non lo trovo ed anzi dovrò andare a parcheggiare molto più distante che qui perché più vado avanti e più sarà peggio…”.
No, al contrario, gli italiani quando parcheggiano sono degli inguaribili ottimisti e si sentono tutti dei predestinati: “Guarda c’è un caos terribile, non ci sta la capocchia di uno spillo ma io “sento” che se vado avanti un posticino per la mia auto lo trovo e magari proprio vicino a dove devo andare perché in questo sono molto fortunato.” Quell’inguaribile ottimismo si trasforma in una ricerca spasmodica del posto a pochi metri dove si deve andare che si trasformerà in una grande vittoria dopo oltre un quarto d’ora di attesa con la proverbiale esclamazione: “Te l’avevo detto che alla fine io trovo sempre da parcheggiare!”. Alla fine, alla fine del carburante e alla fine dell’aria che respiri e alla fine della tua disperata possibilità di fare quattro passi a piedi per arrivare a quel minimo minimissimo di 10 chilometri alla settimana di cammino per ambire ad uno straccio di salute. Ci mangiamo la salute alla ricerca di un parcheggio solo perché ci sentiamo fortunati. Quanto sarebbe meglio sentirsi sfortunati e anche psicologicamente limitati ed incapaci di affrontare la coda assieme a tutti gli altri fortunati che cercano parcheggio. Sarebbe molto meglio dire: “No guarda io in coda alla ricerca del parcheggio non resisto neanche pochi istanti, la parcheggio qui e faccio un tratto a piedi perché proprio sono sfortunato e va a finire che resto in macchina un bel tot. prima di trovare un parcheggio vicino a dove voglio andare, ci rinuncio subito e non mi faccio il sangue marcio.”
Ma gli italiani non si fanno il sangue marcio ad attendere che si liberi il parcheggio e tutta la frenesia che li caratterizza in molte altre circostanze si trasforma miracolosamente in una pazienza sconfinata per cui, dopo una coda estenuante, trionfanti sentenziano il classico: “Hai visto che avevo ragione io?”.
Lasciamo perdere i programmi ideali di attività fisica, cominciamo a pensare che vi sono delle urgenze veramente importanti, che camminare è una di quelle e per camminare di più una cosa fondamentale è cominciare ad usare di meno l’auto, almeno parcheggiandola nel primo posto che si trova compatibilmente con le norme di sicurezza e del codice della strada, anche se non è a pochi centimetri dal posto dove dobbiamo andare.