UN RECORD SOCIALE DURATO 33 ANNI

Oggi dovrei essere quasi contento perché è il compleanno del mio record sociale sugli 800 che ormai dura da 33 eterni anni. Un discreto tempo, per carità, non malaccio, 1’50″3 sugli 800 ma insomma penso che in 33 anni se la nostra atletica fosse un’atletica normale avrebbero dovuto ritoccarlo almeno una decina di volte. Qualcuno potrebbe pensare che il mio club di appartenenza si è un po’ ingessato e non è più riuscito ad evolversi da quei tempi ma questa non è proprio la fotografia della realtà perché la realtà è un’ altra ben più preoccupante: è tutta l’atletica italiana che si è ingessata ed i vari record sociali di praticamente tutti i club di vecchia data sono record’s piuttosto polverosi che non sono più stati ritoccati. Hanno record sociali freschi i sodalizi nuovi o quelli nati magari a cavallo degli anni 90-2000 quando la crisi dell’atletica è stata anche più grave di quella di adesso.

E’ cambiata la scuola, più esigente, che non lascia più abbastanza tempo libero ai ragazzi per allenarsi come si deve ma è cambiato anche qualcos’altro. Siamo in un società più competitiva, troppo competitiva e questo è un paradosso perché una società più competitiva dovrebbe vedere dei grandi agonisti nello sport, invece non è così perché lo sport di 1’50” sugli 800 è giustamente ancora un gioco, non è un lavoro. Non è che manchino i campioni, no, quelli ci sono ancora e sono sempre più giovani, ma quelli non giocano, a sedici, diciassette anni sono già lì che stanno “lavorando” per diventare dei campioni ed il loro scarso rendimento scolastico è tollerato in quanto sono inequivocabilmente entrati in un giro che può portarli allo sport professionistico. A volte questi sono addirittura bravi a scuola e tanti complimenti perché se fanno atletica in modo quasi professionale e riescono pure a trovare il tempo per avere un elevato rendimento scolastico mi domando quando trovano il tempo per vivere e mi pare più che sensato che al primo imprevisto in atletica, alla prima cosa che va storta e non come doveva andare saltino per aria non potendo tenere ritmi di vita che non sono sostenibili per ragazzi normali.

Per televisione sento dire che non è importante avere tre atleti che saltano in alto 2,30 ma averne uno solo che salta 2,40 ed è lì che mi arrabbio perché, al contrario, io dico che per avere una gioventù sana non solo bisogna averne cento che saltano 2 metri e 10 ma addirittura bisogna averne 1000 che superano i 2 metri. Stando ancora più terra terra io dico che ai miei tempi ce n’era almeno uno per classe che saltava 1 metro e 80 anche se non praticava l’atletica. Adesso per trovarne uno che fa semplicemente 1 metro e 80 ti tocca fare il giro di almeno tre o quattro scuole, altro che entrare nella prima classe che ti capita.

Le tabelline hanno preso il sopravvento e ci sono mamme preoccupate perché il loro figlio a sette otto anni non ha quella rapidità di calcolo che si confà ad un bambino di quell’età,  poi magari se è in netto ritardo nell’apprendimento delle normali capacità motorie non se ne accorgono nemmeno e comunque quello non è visto come un problema, la coordinazione neuro muscolare potrà benissimo svilupparla a 40 anni quando ne avrà già due scatole furibonde di lavorare e cercherà ogni scusa per aumentare il tempo libero e andare a fare lo sport che non ha fatto in gioventù.

Siamo una società troppo competitiva perché non da più spazio al gioco, o meglio l’unico gioco al quale da spazio è quello d’azzardo, quello con il danaro. La crisi economica ci rende tutti ansiosi, tutti precari nell’animo e abbiamo perso il gusto per le cose che non rendono il becco di un quattrino. L’atletica fatta bene non fa diventare ricchi ma fa bene alla salute però  è rimasta di moda solo in modalità di “campionismo”: se hai la possibilità di diventare uno che salterà 2,40 buttatici dentro anima e corpo altrimenti se pensi di poter fare solo un “misero” 2 metri non sta a provarci nemmeno.

Qualcuno della federazione inglese di atletica tempo fa ha detto che forse sarebbe il caso di riscrivere i record’s dell’atletica (alla fine è in crisi pure quella di alto livello) perché non abbiamo la certezza che alcuni record del millennio scorso siano stati ottenuti in condizioni di assoluta regolarità secondo le normative antidoping attuali. Questi benpensanti a mio parere non hanno capito nulla in primo luogo perché non sanno che il doping si è evoluto e come diceva il leggendario Marco Pantani “…è sempre un  passo avanti rispetto all’antidoping” ed in secondo luogo, e questa è la cosa ancora più importante, perché non hanno capito che l’atletica non è malata nel suo vertice, che in qualche modo tutto sommato resiste, ma nella sua base che non è più capace di sfornare “primatisti sociali” con la continuità che si addice ad uno sport che sta funzionando a tutti i livelli. Non è grave che siano bloccati certi record del mondo, lì essenzialmente è un fatto di involuzione tecnica di alcune metodologie di allenamento indirizzate ai professionisti e potremmo dire che è anche una cosa poco grave, basta che i tecnici moderni con un po’ di umiltà tornino a studiare cosa facevano gli atleti di un tempo senza pensare che una volta esistesse un doping migliore di quello di adesso (bufala assolutamente insostenibile che non può giustificare nessuno scadimento delle prestazioni degli atleti attuali rispetto a quelli di un tempo) la cosa molto grave è che i record sociali dei vari club vengono migliorati con il ritmo con i quali vengono migliorati i record’s del mondo. Un  record sociale dovrebbe essere la cosa più banale della terra ed ogni club a fine anno premia gli atleti che hanno ritoccato quei 3-4 record sociali che giustamente sono andati giù in quell’annata. Ditemi qual’è quel club attuale che pur non essendo appena nato ha ancora questa sana tradizione. L’atletica deve ripartire dai record sociali, se vanno giù quelli allora tutto funziona ma se speriamo che migliori il vertice con questa base allora è come costruire una torre mettendo i blocchi più piccoli sotto e quelli più grandi sopra, anche i bambini sanno benissimo che non si fa così, per fortuna anche quelli di adesso.