Con l’avvento del computer, qualche annetto fa ci avevano detto che avremmo lavorato di meno. Ci hanno preso in giro. E’ aumentata la disoccupazione ma lavoriamo mediamente di più di 40 anni fa. Il computer non ha compiuto il miracolo. Probabilmente non è proprio colpa del computer ma di un concetto un po’ distorto di benessere che ha alimentato una società all’insegna dell’iperproduzione. Abboccando al sistema della pubblicità abbiamo creduto che il tasso di felicità fosse direttamente proporzionale alla quantità di cose possedute. Così ci siamo dati da fare per lavorare sempre di più ed avere più cose possibile. Ma non ci siamo trovati più felici di quando avevamo meno cose perché quella che più cose hai e più sei felice è una balla pazzesca e, al contrario, ti inserisce in un vortice che porta alla nevrosi.
Il sistema della pubblicità ha tenuto in piedi un mondo che produce una quantità terribile di rifiuti, dove il lavoro molto spesso ha ritmi non del tutto fisiologici e dove lo stress in molti ambienti comanda sovrano. Il sistema della pubblicità ha favorito l’arricchimento di personaggi che erano già abbastanza ricchi un tempo e che grazie all’iperproduzione non hanno fatto altro che consolidare la loro posizione di privilegio.
Il mondo più giusto dove tutti lavorano e lavorano a ritmi possibili e non troppo stressanti non è comparso, al contrario molti non vedono l’ora di andare in pensione perché lavorano a ritmi troppo stressanti, altri in pensione non ci andranno proprio mai ed altri ancora faticano a trovare lavoro perché anche trovare lavoro è sempre più complicato nonostante si lavori persino troppo.
Alla favoletta che più cose hai e più sei contento forse ci credono, o fanno finta di crederci, solo quelli che hanno davvero tante cose e sono costretti a far credere che sia così altrimenti crolla tutto e ci tocca cambiare sistema economico con la grande incognita che chi ha comandato fino ad ora potrebbe anche avere qualche problema a continuare a comandare ancora. In effetti si è capito che il benessere non dipende dalla quantità di cose che hai ma da come riesci a vivere la vita e per certi vivere una vita dignitosa è proprio un lusso.
Sta crollando il sistema della pubblicità, sta crollando perché ha stressato tutti, sta crollando perché grazie all’iperproduzione ha ridotto il mondo ad una cloaca, sta crollando perché ormai è evidente che fa comodo solo a chi lo tiene in piedi per continuare ad arricchirsi ma si è capito benissimo che è un sistema stressante, irrazionale e che non diffonde vero benessere.
Un nuovo concetto di benessere potrà essere quello che ci toglie le fette di prosciutto dagli occhi e che ci farà capire che è folle barattare la possibilità di vivere intensamente la vita con quella di avere tante cose. Avere tante cose non serve proprio a nulla soprattutto se non si ha il tempo di godersele e, anche se quel tempo c’è, si rischia di sprecarlo dedicandolo alle cose più che alle emozioni.
Dico sempre che lo sport deve essere emozionante e, se è fatto bene lo è. Emozioni a basso prezzo che non inquinano e che non implicano la produzione di nessun oggetto inutile. Se anche lo sport ci può essere utile per scardinare questo iniquo sistema della pubblicità allora è giusto dedicarci molto tempo perché la vita deve essere vissuta intensamente e non al servizio del sistema della pubblicità. Chiaramente rischiamo di cadere nella problematica del cane che si morde la coda. Se siamo dentro al sistema della pubblicità facciamo fatica a trovare tempo per fare sport come si deve e se non pratichiamo sport come si deve non riusciamo ad uscire dal sistema della pubblicità. Ci vuole un po’ di coraggio per interrompere il circuito ed è per quello che io sostengo sempre gli sportivi che pur non essendo degli atleti di alto livello si comportano quasi come se lo fossero e trovano un pretesto per non aderire a tutti gli stress imposti dalla civiltà dei consumi. Alla luce di quanto sta accadendo a livello ambientale in questi anni la civiltà dei consumi non si può più chiamare così e deve essere mestamente chiamata “L’inciviltà dei consumi” per quello ogni pretesto è buono per uscirne e lo sport che crea pure assuefazione (lo dicono anche i medici, mica solo gli esperti del movimento…) è un ottimo antidoto per combattere l’assuefazione ai consumi inutili.