TUTTO E’ RELATIVO, BASTA SAPER PERDONARE

Proseguo nella saga degli articoli che non c’entrano niente con l’attività motoria lanciandomi su questo di stampo pseudofilosofico. Non siete assolutamente obbligati a leggerlo, lo scrivo perché sono in crisi mistica e, non riuscendo a capire ancora una volta se nella mia regione si può praticare o meno lo sci di fondo, sono rimasto a casa anche se c’è una giornata fantastica. Spero almeno di aver reso un servizio a quei pochi che sono andati sulla neve e che se per sbaglio fossero fuori regola spero che non vengano multati perché, essendo in pochi, non sono assolutamente a rischio. Forse lo spirito del decreto è proprio questo: fare un po’ di sano casino affinché la gente non capisca cosa si può fare. Se fosse per loro andrebbero su in massa ma siccome non si capisce niente è meglio non rischiare la multa. Allora io dico che sarebbe meglio una norma più chiara che limita gli accessi in qualche altro modo, magari pure facendo scaglioni  sulle iniziali del cognome o chissà ma in modo di dare la possibilità di uscire almeno una volta sulla neve a tutti.

Ero partito addirittura dal presepio. Mi trovo a spiegare perché anche uno sportivo possa avere delle sane riflessioni addirittura sul presepio e parto pure da quelli di alto livello che con il presepio sembrano non aver proprio nulla a che fare. Il presepio ci fa riflettere, eccome ci fa riflettere, a mio parere più dell’albero di Natale che regala emozioni ma sono meno convinto che possa far riflettere. Il presepio mi piace di più dell’albero di Natale perché ti catapulta nella realtà del Natale. Ho già scritto che se a mio parere l’albero di Natale ci racconta il nostro Natale (purtroppo anche quello del consumismo che è un Natale un po’ finto) il presepio invece ci racconta il vero Natale, quello di Cristo. Nel presepio il clima è quello di duemila anni fa, non il nostro dei DPCM che ti dicono in che negozi si può andare per acquistare i regali.

Cos’ha da riflettere un atleta di alto livello alle prese con allenamenti estenuanti decisamente molto consistenti in volume e che tutto sommato è in un vortice dove gli è richiesto di agire (replicando gesta sportive di alto livello) molto più che di riflettere?

Ha da riflettere tantissimo proprio perché è in un vortice dove gli è richiesta una grande fatica per espletare i compiti che gli vengono richiesti.

L’atleta di alto livello fa un mestiere che è molto faticoso, è un mestiere perché lo deve fare anche quando non ne ha voglia, è una professione ed è pure possibile che con quella ci mantenga una famiglia o, se è giovane, che rincorra l’ambizione di potersela costruire.

Sono tante le cose alle quali pensa un atleta di alto livello. Non a caso quelli moderni hanno spesso al seguito lo psicologo perché si ritiene che il solo allenatore non sia nemmeno in grado di far fronte al carico psicologico al quale sono sottoposti.

Pensa in primo luogo alla fatica e dunque si pone la prima domanda che si pone chi fa tanta fatica. “Chi me lo fa fare? Siamo proprio sicuri che sia necessario sottoporsi a questo regime di vita che a volte pare una tortura?” E poi ci sono i soliti commenti di chi non ha capito niente che invece di dare coraggio tendono a smontare ulteriormente dicendo: “Guarda che si vive una volta sola, la gioventù, viene una volta sola, ti stai mangiando la gioventù e dopo potresti avere dei rimorsi…”. Chi non ha mai fatto sport ad alto livello in effetti non capisce che lo sport di un certo tipo si può fare una volta sola nella vita e non è che a quarant’anni puoi recuperare il tempo perduto e metterti a fare lo sportivo che cerca le prestazioni elevate come un venticinquenne. Dunque, se di rimorsi si tratta, si tratta soprattutto di quelli di chi, rendendosi conto che non è riuscito a vivere lo sport come poteva, lo conosce quando il treno è già passato e capisce che se fosse stato un po’ più attento nell’età giusta avrebbe potuto fare davvero lo sportivo di buon livello. A quel punto non c’è più tempo per rimediare e c’è spazio solo per i rimorsi e facendo pure attenzione a non gettarsi nell’attività amatoriale con troppa enfasi in un agonismo esagerato che, passata l’età giusta, è utile solo se viene disciplinato razionalmente.

Poi l’atleta si pone tanti quesiti di ordine etico e, tanto per dire, penso sempre a quell’atleta proveniente da famiglie disagiate (ce ne sono molti ancora oggi, il disagio, pare incredibile, ma è una fucina di talenti) che potendo fare conto su trattamenti farmacologici al limite del consentito non ci pensa due volte ad usufruirne perché ritiene che il rischio di perderci la salute sia meno devastante del rischio di non riuscire più a mantenere la famiglia nel momento in cui il suo rendimento agonistico non è più soddisfacente.

Non esiste atleta di alto livello che si imbottisca di farmaci a cuor leggero, anche se sono tollerati e rientranti in un protocollo supersicuro studiato da equipe mediche coscienziose.

L’atleta di alto livello è costantemente alle prese con situazioni con dubbi di carattere etico di tutti i tipi, certamente non solo nel momento in cui accetta di farsi trattare in un certo modo a livello medico.

Ma il presepe lo possono guardare tutti perché anche lo sportivo assolutamente non professionista ha dubbi di carattere etico. Pensate a quel cittadino assolutamente normale che non ha nessun problema di sport di alto livello ma che per certi versi è ancora più disgraziato del professionista perché sa benissimo di aver bisogno dell’attività sportiva e dell’attività fisica in generale per motivi di salute ma sa di non potersela permettere perché è dentro ad un vortice, peggio di quello dell’atleta professionista che gli procura mille impegni di lavoro e  assolutamente improcrastinabili e che gli rendono il tempo libero un vero e proprio miraggio. Quel comune cittadino, al contrario del campione che si chiede se abbia senso investire così tanto sullo sport, si chiede se abbia senso rinunciare costantemente allo sport senza staccare minimamente dallo stress quotidiano e la faccenda lì ha contenuti certamente non meno spinosi.

E davanti al presepe uno cosa si risponde? Forse non si risponde ma mette in discussione la sua vita e in qualche modo si ferma perché è questo ciò che tutti vogliamo fare ma non riusciamo a fare perché il mondo gira troppo veloce. Il presepe ti costringe a delle riflessioni profonde.

Davanti al presepe si può pensare di tutto e rischi di diventare Einstein non perché diventi un genio ma perché vai sulla teoria della relatività dove improvvisamente ti accorgi che tutto è relativo e forse la cosa più importante dell’esistenza è saper perdonare perché siccome siamo tutti inesorabilmente condannati a sbagliare e tanto, perché siamo tutti profondamente ignoranti, allora il perdono è la cosa più sacrosanta e logica che ci sia.

Ci sono quelli che sbagliano sapendo di sbagliare perché non sanno che esiste una soluzione migliore dell’unica che viene loro in mente. Poi ci sono quelli che sbagliano senza saperlo e non è che devano avere più attenuanti degli altri, sono in buona fede ma non per questo non sbagliano. Non vanno colpevolizzati i primi come non vanno colpevolizzati gli ultimi anche se siamo più portati ad essere severi ed intransigenti con quelli che sbagliano sapendo di sbagliare.

Sbagliano gli artisti come gli scienziati, i primi forse sbagliano di più ma sono anche più indulgenti nei confronti dell’errore, i secondi probabilmente sbagliano meno ma generalmente sono più severi nei confronti dell’errore ed il loro difetto è proprio quello di essere intransigenti in tal senso e di rincorrere con un po’ di presunzione il comportamento perfetto. Il comportamento perfetto sulla terra non esiste, non esisteva ai tempi del presepio, non esiste ai giorni nostri dove si interpretano i vari DPCM in centomila modi diversi a seconda delle proprie esigenze. La settimana prossima tento di interpretare nel modo migliore le indicazioni per lo sci di fondo nella mia regione. Anche perché, nel dubbio, c’è pure la possibilità che scriva un articolo più enigmatico di questo. Intanto mi tocca smontare il presepio. Fosse per me lo terrei tutto l’anno…