Siamo alle solite. Pare che più o meno siamo tutti d’accordo sul fatto che in tema di scuola più che quanto accaduto in aula ci sia stato un problema su quanto accaduto in fase di spostamento. Incriminato sarebbe il tragitto casa-scuola più che la permanenza nelle aule. Ed allora c’era da aspettarselo perché non occorrevano dei luminari per capire che il sistema delle piste ciclabili di emergenza approntato in qualche modo non avrebbe funzionato.
Anche lì ognuno vede la sua realtà: c’è chi dice che approssimandosi la stagione invernale era impossibile che funzionasse chi, invece, come il sottoscritto, dice che tale sistema non avrebbe potuto funzionare nemmeno se ci fossero state giornate tiepide e fantastiche, era un sistema che era già inefficiente di suo, troppo pericoloso e neanche pubblicizzato.
Io dico che non c’è stato un incremento significativo dei ragazzi che hanno usato la bici per andare scuola per il semplice motivo che la rete delle corsie allestite in fretta era scadente e pericolosa. Corsie troppo strette. disegnate sui tombini, su tratti di strada dissestata, mal collegate fra loro e pure con semafori tipo bolgia infernale in mezzo alle altre auto in barba ad una presunta sicurezza predicata ma non attuata. Praticamente nessuna applicazione della cosiddetta “Casetta avanzata” che da tanto che è diffusa la gente praticamente non sa nemmeno cosa sia perché non ne ha mai vista una.
E poi, clamoroso in questo periodo, nessuna pubblicizzazione di queste stramaledette corsie per sancire un perentorio “Da oggi si va in bici per sgravare il peso sugli autobus e per snellire il traffico”. E’ mancata decisamente una pubblicizzazione massiccia ed efficace in tempi nei quali in televisione parlano di Covid 24 ore su 24, bastava che un’ora la giorno parlassero di questa stramaledetta idea di far andare la gente in bici per far vedere come le città si stavano organizzando per il grande giorno.
Invece il grande giorno è arrivato, tutto bene quando non era tutto bene per niente perché gli studenti continuavano ad andare a scuola in auto ed in autobus con i loro begli zaini pieni di libri e pesanti come al solito dieci chili circa perché non si è avuta nemmeno la lungimiranza di risolvere quel problema. Con uno zaino da dieci chilogrammi se qualcuno poteva avere anche il sano proposito di inventarsi di andare a scuola in bici se la faceva passare in fretta: se sbando con la mia bici su una corsia ciclabile larga un metro per colpa del mio zaino pesantissimo e con le macchine che passano ai 50 chilometri all’ora (qualcuno ha visto un proliferare delle zone 30?!?) sono fritto, non sono mica un eroe come quelli degli spot tedeschi io, che si ammazzano di televisione e patatine pur di non prendersi il Covid.
Ecco sì, ci sono mancati gli eroi, quelli che in Germania stanno salvando la nazione perché sono reclusi in casa come le monache di clausura (guardate che il Covid se lo sono prese anche quelle, non è che i tedeschi stanno facendo adesso gli errori che noi abbiamo fatto nella primavera scorsa?). Noi non abbiamo avuto eroi che si sono immolati sulle piste ciclabili per lasciare gli autobus liberi.
Però abbiamo avuto dei mezzi eroi: erano quelli che facevano lezione con 10° gradi in aula perché qualche professore un po’ troppo ligio nell’applicare i regolamenti aveva deciso che una “abbondante areazione” voleva dire stare con le finestre aperte cinque ore. Quei ragazzi si sono presi il comune raffreddore (e volevo vedere che non ci cascavano, gli altri anni non se lo sarebbero presi a comportarsi così?) e sono andati a riempire le fila di quelli che avevano bisogno del tampone perché obiettivamente fra il Covid ed il comune raffreddore, almeno in un primo momento si fa anche fatica a distinguere.
E quelli non prenderanno nessuna medaglia perché fra cinquant’anni potranno al massimo raccontare ai nipotini: “Sai io ho provato a metterci del mio, facevo lezione battendo i denti perché c’erano 10° in aula e non chiedevo nemmeno al profe che chiudesse le finestre, poi però il Covid ce lo siamo beccati lo stesso perché gli autobus erano strapieni in quanto le corsie ciclabili erano finte e mezzi eroi va bene ma del tutto scemi no, quasi nessuno ha rischiato la vita per utilizzare quelle corsie ciclabili assolutamente insicure…”.
Ecco, ognuno vede la sua realtà, io vedo questa, altri invece vedono la realtà di ragazzi che non hanno avuto il coraggio di affrontare in bici il fresco di ottobre (gli stessi che hanno fatto lezione per cinque ore fermi, a 10°…).
Provate a fare le corsie ciclabili un po’ meno finte (o, ancora meglio, le piste) a pubblicizzarle come vanno pubblicizzate e a renderle veramente sicure, io sono convinto che i ragazzi italiani si mostreranno dei veri eroi e dopo i 10° in aula saranno in grado di affrontare anche gli zero gradi di gennaio in strada, a patto che su quella strada non passino le auto ai 50 all’ora pronti a metterli sotto alla minima sbandata. Sbandata che, se non vogliamo che esista, non può contare sulla stramaledetta collaborazione del fantastico zaino da 10 chilogrammi, simbolo indistinguibile dello studente italiano che può esserci il Covid, il terremoto o l’inondazione ma i suoi dieci chilogrammi di libri ce li ha sempre dietro. Meditate gente, meditate…