“Traduci! Ho letto l’articolo sui tre livelli di prevenzione e quello successivo, che doveva essere esplicativo del primo (follia e saggezza…) ma fa ancora più confusione.
Ho capito che i tuoi tre livelli di prevenzione non c’entrano nulla con la prevenzione codificata dai medici. Ho capito che tu scrivi di una prevenzione che riguarda l’attività motoria, ma non ho capito cosa proponi concretamente per avviare davvero questo tipo di prevenzione su scala nazionale.”
Come al solito, nel mio stile, sono riuscito ad esprimere pochi concetti e ben confusi. Almeno ho chiarito che io non tratto di prevenzione in termini medici e che su quella non ho proprio nulla da obiettare. La prevenzione con l’attività fisica evidentemente deve essere condotta da degli esperti del settore e quindi da degli insegnanti di educazione fisica. Ora si da il caso che in Italia, a livello istituzionale, l’insegnante di educazione fisica sia riconosciuto solo come quel soggetto che insegna l’educazione fisica a scuola. Per il resto poi, non esiste perché è gestito tutto dai privati. E’ chiaro che se tutto è gestito dai privati vi potrà essere qualche falla nel sistema perché l’obiettivo dei privati, più che raggiungere capillarmente la popolazione, è riempire la palestra. Quando la palestra è piena ai privati che ci sia qualcuno che cammina al percorso della salute, qualcuno che corre per strada o qualcuno che si azzarda ad utilizzare la bici per recarsi al lavoro, non gliene frega più di tanto. La maggior parte degli istruttori di palestra si disinteressa delle attività svolte dal loro allievo al di fuori della palestra, figuriamoci se si pongono il problema dell’attività fisica dei comuni cittadini che non frequentano la palestra. Quello che propongo io, dopo la pubblicizzazione dell’attività fisica per tutti e l’adeguamento delle strutture (ivi comprese le piste ciclopedonali) per il raggiungimento di questi obiettivi, è l’invenzione di una categoria di professionisti responsabili della diffusione dell’attività motoria per tutti. Questa categoria in realtà non c’è bisogno di inventarla perché esiste già ed è la categoria degli insegnanti di educazione fisica, ma, al momento esistono, e poco, solo a scuola.
Uno dei problemi strutturali del nostro sistema è che non si sa nemmeno chi dovrebbe pagarli questi professionisti. Perché le aziende sanitarie lavorano essenzialmente con i medici e se sono i Comuni a doverli pagare si apre una questione spinosa nel senso che questo è chiaramente un costo di assistenza sanitaria teso a ridurre le spese del bilancio della sanità ma, così concepite, andrebbero a gravare sul bilancio dei Comuni. Probabilmente nella mia esposizione ho fatto confusione non per il mio gusto perverso di fare confusione ma per il fatto che in effetti un lavoro del genere, che sarebbe certamente importante e forse decisivo per contrastare la sedentarietà a tutti i livelli, non è ben chiaro da chi deva venire organizzato. Al momento io penso che possano essere solo i Comuni a poter affrontare un discorso simile inventandosi collaborazioni simili a quelle messe in piedi per lo svolgimento dei corsi di ginnastica per la terza età. Nel momento in cui dovessero essere le ASL a farsi carico del problema andremmo incontro a questioni burocratiche infinite perché gli insegnanti di educazione fisica non sono dei medici. Non sono un burocrate e non ho la lungimiranza di vedere sbocchi a tali questioni organizzative, so che con la volontà politica di affrontare il problema certamente si può fare molto, la strada è indicata ed è indicata appunto da chi continua a dirci che la salute si costruisce anche grazie all’attività fisica.