Tempo fa (tanto tempo fa…) c’erano dei luminari che di attività sportiva ci capivano ben poco che provavano a proporre l’adozione di uno stivaletto gessato per risolvere problematiche del tendine d’Achille. Era l’anticamera dell’intervento chirurgico perché in breve tempo il tendine andava incontro ad un indebolimento quasi irreversibile ed il passo successivo purtroppo diventava proprio l’intervento chirurgico. Nella medicina ci sono stati anche tempi peggiori perché ci sono stati anche i tempi delle sanguisughe, comunque pian piano ci si è resi conto che anche lo stivaletto gessato non era un’idea geniale per la riabilitazione del tendine d’Achille. Vi sono molti accidenti che hanno a che fare con strutture tendinee, non solo il tendine d’Achille e praticamente in tutti quelli tenere possibilmente la parte abbastanza mobilizzata è una strategia vincente. Nella classica artrosi che coinvolge anche soggetti in età tutt’altro che avanzata, anche senza interessamento di tendini è praticamente sempre conveniente tenere mobilizzata la parte perché la grande quantità di tossine prodotte dal fenomeno artrosico tendono a concentrarsi sulla zona dolente se questa non è ben irrorata da un flusso sanguigno che solo l’attività fisica può stimolare.
Paradosso: il soggetto artrosico ha problemi a muoversi ma se si muove di meno la sua situazione peggiora perché le tossine non vengono mosse dal movimento che ha quell’importante funzione. Un po’ come il tendine d’Achille malato che immobilizzato andava incontro a degenerazione in breve tempo così l’artrosico si trova da un’artrosi “normale” ad un’artrosi grave solo perché ha avuto la cattiva idea di fermarsi.
Detta così pare che la questione abbia poche possibilità di essere risolta dai farmaci. A meno che non si trovi il farmaco miracoloso (ma pare che abbiano ancora da inventarlo…) che ti mette in grado di muoverti come se nulla fosse, è evidentemente una questione di carico di attività fisica dove questo carico deve essere studiato con una precisione certosina perché se è troppo basso porta agli inconvenienti sopradescritti se invece è troppo elevato danneggia ulteriormente la struttura che quasi sempre accusa questo tipo di problemi per l’appunto per uno stramaledetto sovraccarico funzionale.
I farmaci analgesici, che non hanno nessun potere terapeutico, sono un’arma a doppio taglio perché per certi versi potrebbero essere considerati quella cosa miracolosa che ti fa muovere nonostante che la patologia sia in corso, per altri versi possono essere considerati quel “terzo incomodo” che maschera le reazioni nell’attività fisica. In breve lo stimolo allenante viene mascherato nelle sue reazioni e si fa fatica a capire se è stato idoneo o se per caso è stato troppo elevato. Questa cosa si capisce un po’ più tardi quando è stato interrotto il trattamento con l’analgesico ma allora si rischia di capire che è stato perso del tempo e per quello io consiglio, quando è suggerito un trattamento con analgesici, di usarli sempre con oculatezza e possibilmente non per coprire i sintomi durante la pratica dell’attività motoria.
Il fatto che abbiamo scoperto come i tendini reagiscano male all’inattività è una cosa che deve far pensare molto in ogni atteggiamento terapeutico e così, andando anche su cose molto più complesse, abbiamo atteggiamenti decisamente diversi rispetto ai tempi passati anche in cardiologia. Lì ovviamente l’argomento è troppo complesso per poter essere sviscerato su queste note ma non è che l’ennesima conferma che l’organismo umano ha bisogno dell’attività fisica, anche e soprattutto quando è malato. Alcuni progressi della medicina sono decisamente apprezzabili perché sono riusciti a ridurre in modo drastico i tempi di blocco del paziente.
Secondo una nuova ottica l’infortunio, sia esso di origine traumatica o da sovraccarico, va visto nella sua pericolosità non tanto solo in sé per sé ma anche come potenziale fattore di improvvisa grave riduzione dell’attività fisica, quella invece di accelerare il recupero lo rallenta e si è notato che ogni settimana di inattività dopo la prima fa sempre più danni. Una breve pausa può anche aiutare il recupero muscolare, una pausa troppo lunga crea problemi di tutti i tipi. Invece di studiare nuove quantità di carico forse a volte è proprio il caso di studiare nuove strategie per ridurre al minimo i tempi di riposo nei vari infortuni molto frequenti nella pratica sportiva.