Parto da un presupposto chiave che forse non troverà d’accordo tutti i tecnici: per conto mio si tratta di miglioramento del rendimento sportivo quando un lanciatore del peso passa dalla roboante misura di 20 metri nel getto del peso alla ancora più significativa misura di 20 metri e dieci centimetri ma si tratta sempre di miglioramento del rendimento sportivo anche quando un altro atleta meno performante passa dalla misura di 10 metri a quella di 10 metri e dieci centimetri. Di più, trattasi di miglioramento del rendimento sportivo anche di quel soggetto, (strano chiamarlo atleta ma cosa ci costa?) che passa dalla insignificante misura di 5 metri nel getto del peso alla altrettanto insignificante misura di 5 metri e dieci che però, con molta pignoleria (quella che caratterizza questo sito…), un certo significato può pure averlo.
E’ chiaro che chi passa da venti metri a venti metri e dieci con quel risultato può vincere anche qualcosa di importante, è altrettanto chiaro che chi passa da 5 metri a 5 metri e dieci probabilmente con quel miglioramento non riuscirà ad avanzare nemmeno di una posizione nelle graduatorie di condominio del getto del peso.
Allora questo rischia di restare un discorso teorico se non aggiungiamo un’osservazione piuttosto insidiosa: costa molto meno, da un punto di vista tecnico, produrre un significativo miglioramento di un’atleta di basso livello che non un miglioramento anche esiguo di un atleta di alto livello.
Una improbabile sfida fra tecnici potrebbe essere impostata in questo modo se non fosse che l’obiettivo è praticamente sempre far evolvere il più possibile l’atleta di alto livello ed è su quella capacità che si da la patente di buon tecnico.
Allora, modo assurdo di proporre la sfida fra tecnici, assurdo ma non estraneo ad un certo modo di intendere lo sport: “Avete due ore di tempo per documentare un miglioramento di chi state seguendo immediatamente: vi affidiamo per due ore un certo atleta che ha un suo record personale ben preciso, se dopo due ore il suo record è migliorato quella è la cifra del vostro risultato come tecnico oltre che la sua come atleta. Dettaglio non da poco: i risultati si possono accumulare su più soggetti, vuol dire che se voi questo giochino volete farlo con dieci atleti contemporaneamente invece che con uno solo siete liberi di farlo: i singoli miglioramenti dei vari atleti si possono sommare per determinare il miglioramento complessivo del tecnico.
Pensate che tale contesa la vincerebbe il tecnico affermato del grande campione? Probabilmente proprio no. E perché? Perché allenare un atleta che scaglia il peso a venti metri è molto diverso che istruire un comune mortale che butta l’attrezzo a poco più di cinque metri.
Morale della favola? Se un certo tipo di sport è importante è utile avere tecnici qualificati che si prendono cura della preparazione dei campioni ma è pure utile avere a disposizione quei tecnici che, pur non essendo abituati a seguire campioni, hanno le capacità necessarie ad istruire soggetti di tutti i livelli. Talvolta chi è in grado di preparare il campione sa anche preparare l’atleta comune altre volte chi prepara il campione non sa o anche semplicemente non vuole seguire l’atleta di basso livello. E’ chiaro che chi sa preparare l’atleta di basso livello e si accorge che sa prepararlo anche quando questo aumenta il suo livello prestativo non ci starà molto a farsi soffiare l’atleta quando questo è approdato a livelli di rendimento piuttosto significativi, ma questo è un falso problema dello sport per il quale non ci sono regole ed alla fine è sempre l’atleta a decidere chi è il suo vero tecnico e non il curriculum del tecnico.
Ci verrebbe, con un’astrazione non del tutto ortodossa da distinguere fra “tecnico” e “operatore sportivo” intendendo con il primo termine colui che sa tutto dell’arte ed è in grado di assistere anche atleti di alto livello e con la seconda definizione un operaio di bassa manovalanza che però ha molta dimestichezza con il basso livello della disciplina sportiva. Io dico che sono importanti entrambi, che devono essere chiamati tecnici entrambi e contesto un’osservazione che viene spesso fatta in proposito: è opportuno che l’atleta venga seguito subito da un tecnico a tutto tondo, di quelli veramente preparati e capaci, altrimenti rischia di acquisire schemi motori errati che farà fatica a cancellare in seguito. Io dico che questa osservazione, pur da considerare, non fa i conti con la realtà di campo e non ha significato da un punto di vista pratico, come ad un’ attenta analisi è contestabile anche da un punto di vista teorico e puramente dottrinale.
Da un punto di vista pratico è evidente la sua inapplicabilità: i tecnici molto affermati sono pochi per definizione e non possono permettersi il lusso di seguire chicchessia anche nelle fasi iniziali della preparazione. Da un punto di vista teorico propongo un armistizio perché sapete che una mia disamina in proposito potrebbe portare alla produzione di un tomo di mjlle pagine visto che sono convintissimo che allenare i principianti e gli atleti di basso livello non c’entri proprio niente con la capacità di allenare i campioni. La collaborazione potrebbe essere che, nel principio della piena autonomia, il tecnico “ruspante” si consulta di tanto in tanto con il tecnico affermato. Attenzione che tale consulto dovrebbe essere a doppio senso perché, udite udite, in un primo tempo i disastri peggiori li fa quasi sempre il tecnico di alto livello perché rischia di avere un impatto non del tutto positivo con l’atleta passato dal tecnico “ruspante”.
Insomma la scusa sarebbe che il tecnico sui generis ha bisogno dei consigli del tecnico affermato la realtà è che purtroppo è proprio il tecnico affermato (e molto spesso non ha l’umiltà di capirlo…) che ha bisogno dei consigli del tecnico generico per seguire in modo più efficace un certo atleta che è da poco approdato a livelli prestativi particolarmente significativi.
Su queste note ho spesso trattato di “modello sovietico” dello sport come modello imperante che detta legge ancora oggi (alla faccia del fatto che l’URSS non esiste più da trent’anni…) nella preparazione degli atleti di alto livello.
Mi permetto, con una certa fantasia, di rilevare come possa esistere (anche se non è codificato da nessun protocollo…) un modello italiano della gestione del campione.
E’ molto semplice. L’atleta qualsiasi, pigliato dal paese di “Santa Maria dello Scoglio Impestato” (nome di fantasia, se ci ho azzeccato non me ne vogliano tutti gli abitanti di “Santa Maria dello Scoglio Impestato”) inizia ad ottenere risultati significativi in una certa disciplina sportiva. E’ sempre stato allenato dall’unico allenatore della squadra di “Santa Maria dello Scoglio Impestato” che segue tutti i ragazzini di quel paese, in tutte le discipline.
L’atleta viene adocchiato dalla Federazione che decide di dargli una possibilità di assistenza tecnica e propone il trasferimento dell’atleta nei raduni collegiali per più periodi all’anno. L’atleta lusingato da tanta attenzione accetta di farsi queste vacanze nei vari luoghi di raduno e poi pensa che il tecnico migliore per il suo perfezionamento sportivo è proprio quello del paese di “Santa Maria dello Scoglio Impestato” che però non ha i titoli per seguire un atleta così evoluto.
Il sistema sovietico dice che il tecnico della federazione è quello che deve decidere tutto ed è lì proprio per quello. Il sistema italiano dice che è l’atleta a decidere tutto perché stiamo trattando di sport e non di lavoro.
Se dite che invece è lavoro allora abbiamo due punti di vista diversi ma mi chiedo anche perché siete finiti su questo sito. Da oltre mille articoli sostengo che l’attività fisica è divertimento con una monotonia che ha del patologico. Tutte le opinioni sono rispettabili, la mia penso che sia abbastanza chiara.