I fisioterapisti non leggano questo articolo. So benissimo che molti di loro lavorano anche in presenza di dolore ed ottengono ottimi risultati. Non è la prima volta che sento dire “Mi ha fatto un male cane ma dopo sono stato molto meglio…”.
Io guardo la questione dal punto di vista dell’insegnante di educazione fisica, ma non solo, da un punto di vista di un insegnante di educazione fisica (come insegnanti di educazione fisica non siamo per niente tutti uguali anzi direi proprio che per fortuna ognuno la pensa a modo suo anche se forse è proprio per questo che come “corporazione” siamo praticamente inesistenti) che non ha nessuna intenzione di rubare il mestiere ai terapisti della riabilitazione e che lavora sempre con un criterio altamente prudenziale.
So che qualche mio collega non si scandalizza a sentire l’allievo che si lamenta di patire dolori di una certa entità dopo l’esercizio fisico. Non mi scandalizzo nemmeno io e non mi spavento neppure più di tanto, solo ho la presunzione di fare in modo che l’attività fisica che propongo non crei situazioni di dolore né durante l’effettuazione dell’esercizio né dopo questo. Ci sono delle situazioni limite nelle quali sono disposto ad accettare che l’allievo riferisca episodi di recrudescenza di un dolore già presente: è quando questo allievo-paziente ha dei dolori cronici di vario tipo ed è stato invitato dal proprio medico a fare attività fisica ciononostante. In quel caso, anche se continuo a sentire cosa mi racconta l’allievo per capire come sta evolvendo la sintomatologia dolorosa e per accertarmi del fatto che questa non peggiori, posso pensare che sia accettabile convivere un po’ con il dolore sperando che questo possa essere alleviato in tempi successivi da un’adeguata stimolazione motoria.
A parte queste situazioni limite e avendo a che fare, per fortuna, più con soggetti sani che vogliono restare sani che non con soggetti portatori di patologie già conclamate, parto dal presupposto che si può certamente fornire un’adeguata stimolazione motoria senza sentire alcun dolore o meglio questa è proprio la norma in soggetti sani perché se così non è mi tocca ammettere che siamo già in presenza di qualcosa di anomalo ed almeno leggermente patologico.
E’ proprio il carico di allenamento somministrabile ad un determinato soggetto a farmi dire se questo è sano o no. Se questo carico è accettabile non c’è alcun motivo per cui io deva andarne a proporre uno che provoca dolore per il semplice motivo che sono convinto che si possa proporre un’adeguata stimolazione motoria stando ben sotto la soglia del dolore. Un tempo con riferimento all’attività fisica si diceva: “Più fa male e più fa bene…”, io dico esattamente il contrario: “Più fa male e più fa male punto e basta”. E se rilevo che ti crea dolore una stimolazione motoria che io ritengo molto bassa ti spedisco dal medico per capire cosa c’è che non va senza insistere più di tanto perché so benissimo che in presenza di una certa patologia con la proposizione di alcuni esercizi posso anche fare danni più che migliorare la situazione.
In particolare, con riferimento al dolore, voglio che questo non appaia durante l’esercizio fisico e per questo invito tutti i miei allievi a segnalare con tempestività eventuali esercitazioni che procurano dolore. A tal proposito un mio motto è che “Non esiste esercizio scorretto se non quello che provoca dolore” ed ogni movimento per scoordinato, asimmetrico e poco elegante che sia può avere una sua utilità se svolto senza sentire dolore. Al contrario sono diffidente nei confronti di tutti i movimenti che provocano dolore anche se semplicemente posticipato rispetto alla sessione di preparazione e anche se svolto secondo presunti canoni di grande correttezza di esecuzione del gesto. Un gesto può essere coordinato e corretto fin che si vuole ma se provoca dolore vuol certamente dire che c’è qualcosa che non va ed è più che lecito cercare una forma sostitutiva di quel movimento che provochi meno dolore anche se asimmetrica, scoordinata ed apparentemente scorretta.
A volte il dolore non si manifesta durante l’attività fisica ma solo dopo alcune ore o il giorno dopo, in taluni casi anche dopo 48 ore, quello è senz’altro un motivo per rivedere al ribasso il carico di attività fisica soprattutto se tale evenienza si manifesta nuovamente dopo una seduta di carico analoga. Sarà proprio la presenza di dolore ad impormi di rettificare il carico fin che questo non si manifesta più nelle fasi di recupero. Molti hanno paura che questo carico, se non da segnali di alcun tipo, possa essere troppo basso e non possa stimolare gli adattamenti muscolari ed organici in modo adeguato, per questo lavorano sui confini del dolore, per accertarsi di essere sempre vicini ad un carico elevato. Tale modo di procedere, abbastanza pericoloso a mio parere, può essere sensato solo con riferimento alla preparazione degli atleti di alto livello dove la necessità di ottimizzare il carico di allenamento è una necessità impellente, pena la concretizzazione di un ritardo nella creazione dello stato di forma dell’atleta. Quando siamo in presenza di un’attività sportiva agonistica con un calendario piuttosto stressante con date imprescindibili purtroppo questo può diventare il modo più sbrigativo per essere sicuri di non caricare troppo poco ma quando abbiamo a che fare con atleti dilettanti e/o sportivi non agonisti tale modo di operare non ha nessun senso ed è proprio più opportuno correre il rischio di proporre carichi troppo esigui per mandare in forma velocemente l’atleta che non rischiare di provocare inutili stati di disagio e/o dolore con la proposizione di carichi potenzialmente troppo elevati.
Pertanto il dolore può essere proprio quel faro che illumina la strada per il giusto carico di attività fisica dove però, a mio parere, l’insegnante più bravo ed esperto è proprio quello che può procedere a luci spente perché non ha bisogno di provocare nessun dolore per proporre stimoli certamente utili per il proprio allievo. Diciamo pure che se queste luci possono di tanto in tanto accendersi devono essere intese più come un colpo di abbagliante che non come una luce continua. Il dolore continuo in assenza di particolari patologie è il sintomo di un sovraccarico cronico che nel lungo andare non può portare a nulla di buono. Molto meglio evitarlo.