Per l’ennesima volta mi trovo a disquisire su argomenti che vanno ben oltre lo sport. La consapevolezza in senso generico è ben oltre quella dell’atleta che sa di valere 2 metri e 10 nel salto in alto o quello che sa di poter correre la maratona a 3’20” per chilometro e pertanto la può chiudere in due ore e venti minuti. Quel tipo di consapevolezza è certamente utile perché fa in modo che l’altista non prenda paura negli ultimi passi di rincorsa rovinando tutto o che il maratoneta non vada nel panico negli istanti decisivi della corsa andando ad incrementare in modo inopportuno il costo della corsa con strane tensioni. La consapevolezza in senso generico è quella che ci accompagna per tutti i nostri giorni e ci condiziona in modo determinante in tutte le scelte.
Molto spesso affermo che lo sport ci aiuta ad acquisire nuove consapevolezze e ci apre gli occhi su cose determinanti della nostra esistenza che vanno ben oltre lo sport stesso. Lo sport diventa una scusa, uno strumento, per indagare sui nostri stili di vita.
Ebbene, come troppo spesso accade, faccio un passo indietro (praticamente sono un gambero, faccio più passi indietro che avanti…) e parto proprio dalla consapevolezza in generale. Ciò che ne consegue può appartenere benissimo alla fantasia del lettore perché se trattiamo di consapevolezza in generale c’è solo l’attimo per poter innescare delle riflessioni e non quello per analizzare la consapevolezza del saltatore in alto, quella dell’ostacolista (anche lui martoriato da un mare di consapevolezze…) quella del martellista per non dire quella del dentista e del consulente finanziario che con l’atletica e lo sport in genere non c’entrano proprio nulla.
Allora parto col dire che in psicologia io sono uno “junghiano” più che un freudiano. Dicendo junghiano mi sono già messo dalla parte del torto perché qui bisogna ammettere che Freud ha proprio vinto. L’aggettivo freudiano esiste (noto il “lapsus freudiano”…) ma l’aggettivo junghiano proprio non si sente in giro e qualcuno crederà che me lo sia inventato io.
Sono junghiano perché anch’io reputo che sia saggio dare una grande importanza all’inconscio e cercare nel proprio inconscio la risposta a gran parte dei nostri atteggiamenti. Non sono un freudiano o, se lo sono, lo sono in minima parte, perché ritengo che la motivazione di carattere sessuale non sia così determinante nello spiegare altrettanta parte dei nostri atteggiamenti. O meglio potrei essere anche un po’ freudiano se trasliamo questo concetto alle emozioni. Solo dopo questo passaggio vado a mescolarmi con i due colossi della psicologia e vado a dire qualcosa che probabilmente avrebbe fatto incazzare tutti e due e li avrebbe messi d’accordo stroncando un’ipotetica discussione con il sottoscritto con un laconico: “Noi non parliamo con gli idioti…”.
Ebbene per conto mio l’inconscio di Jung la gioca da padrone salvo che le emozioni (che sono lontanamente parenti della sfera sessuale e non in tutti i casi) possono tentare di spiegare questo enorme inconscio.
Un ribaltamento della frittata che va ad attaccare più Freud che Jung che propone di sondare nelle più complesse emozioni per tentare di capire qualcosa dell’ inconscio.
Se spieghiamo tutto con motivazioni appartenenti alla sfera sessuale forse è tutto più semplice ad anche un po’ banale.
Probabilmente dovremmo partire dal testosterone e dall’ossitocina. L’ormone un po’ più tonto (e con l’ormone “tonto” dovrei aver raggiunto i vertici della comicità scientifica) è il testosterone. Il testosterone non è che ci faccia ragionare tanto, anzi a volte il testosterone non ci fa ragionare proprio per nulla e la somministrazione esogena di quell’ormone può pure portare ad un’aggressività pericolosa. L’ossitocina, al contrario, porta ad usare il cervello in modo molto complesso. L’ossitocina ci porta a soluzioni molto complesse e laboriose per raggiungere risultati importanti. Potremmo dire che l’ossitocina sta uno scalino più su perché se decide che c’è bisogno di testosterone per raggiungere un certo obiettivo ti fa produrre pure il testosterone. E’ quasi come se fosse un ormone autonomo che fa tutto lui. Non mi risulta (e poi ci sarà qualche indagine scientifica a smentirmi) che il testosterone da solo sia in grado di scatenare un aumento di produzione dell’ossitocina se la situazione ambientale lo richiede.
Dunque per dirla in gergo meno tecnico ed ormonale, la emozioni sono un po’ più complesse degli istinti sessuali e possono scatenare anche questi ma dopo un percorso complesso. Gli istinti sessuali non è che siano tremendamente complessi e difficili da decodificare, scatenano certamente un ben preciso tipo di emozioni ma in questo scatenamento sono un po’ più prevedibili e confinati. Siamo portati ad immaginare (forse in modo erroneo, chissà…) che il poeta metta giù la grande opera in preda ad una forte emozione più che ad un preciso arrapamento storico.
Che il testosterone possa essere l’ormone della concretezza e l’ossitocina quello della fantasia mi rifiuto di considerarlo perché allora confondiamo concretezza con istintività. Non è per niente vero che ciò che è più immediato è più concreto. Forse più istintivo ma non più concreto.
Siamo consapevoli di gran poche cose. E’ già tanto che siamo consapevoli di non essere consapevoli di molte cose (il famoso “So di non sapere” di Socrate) e per conto mio dobbiamo andare a ricercare il perché di molte scelte nell’analisi delle emozioni che ci attraversano.
E’ molto difficile analizzare le emozioni, non c’è dubbio, e si rischia di perdere vita a dilungarsi su questa analisi. “Vivi, invece di chiederti mille perché” può essere un’osservazione sensata. Allora il mio monito semplicistico è questo: se volete vivere senza pensarci su nessuno vi vieta di farlo, forse è il modo più semplice per vivere e potrebbe anche essere il più gratificante. Ma se avete un tarlo dentro (che è altrettanto istintivo come quello di chi vive “senza pensarci su molto”) che vi porta a ricercare la cause delle vostre gesta spostate il vostro punto di vista sulle emozioni. Sono quelle che spiegano molte cose, pure la sfera sessuale tanto importante per Freud. Purtroppo sono molto complesse e probabilmente è per quello che Jung, che era consapevole di ciò, alla fine diceva che facciamo fatica a comprendere anche la minima parte di noi stessi.
Cosa abbiano a che fare le emozioni con lo sport ci sto impiegando un sito e circa 1600 articoli per tentare di spiegarlo. In questi tentativi sono decisamente goffo e patetico però vorrei passare come per quello che ha tentato di spiegare lo sport in un modo un po’ strano e non con il cardiofrequenzimetro o con i dosaggi del testosterone che purtroppo sono considerati troppo spesso anche nella preparazione degli atleti.
E’ chiaro che se tu parti dall’analisi delle emozioni puoi arrivare anche a scoperte un po’ scomode che limitano il tuo campo d’azione nello sport. Bisogna mettersi d’accordo su ciò che è comodo e ciò che è scomodo. Se l’unica cosa comoda è il rendimento sportivo allora forse facciamo proprio bene a dosare il testosterone in modo esogeno perché quello che serve per finalità che non c’entrano con lo sport può pure darci fastidio.
Anzi, da quel punto di vista l’ormone proprio scomodo è l’ossitocina. L’ossitocina, che io ho la presunzione di definire “l’ormone intelligente” non sta certamente a guardare il rendimento sportivo. L’ossitocina ha direttamente a che fare con le emozioni e ti porta dove ci sono quelle, se lo sport non è emozionante (ed in certe circostanze purtroppo può non esserlo) ti può allontanare da quello e magari ti beffa anche andando a produrre testosterone in circostanze “sbagliate”. Ma è su questo “sbagliato” che ci giochiamo l’esistenza.
Noi abbiamo la presunzione di definire sbagliate certe scelte compiute in modo decisamente inconsapevole che ci condizionano l’esistenza più di altre che sono state debitamente ponderate. Poi, se andiamo ad analizzare bene, scopriamo che le scelte inconsce sono state ancora più azzeccate di quelle consce ma di questo ce ne accorgiamo solo dopo.
Lasciate perdere l’aggettivo junghiano, poco ce ne frega se esiste o se me lo sono solo inventato io, ma anche quando praticate sport pensate a quanto sono importanti le vostre emozioni, quanto è giusto che condizionino la vostra esistenza e quanto è giusto che anche con lo sport andate a ricercarle più ancora dei famigerati risultati agonistici che non sono correlati in modo assolutamente diretto con le emozioni altrimenti ad ogni competizione gli ultimi classificati dovrebbero essere portati sistematicamente all’abbandono della pratica agonistica. Invece le emozioni sono intelligenti, hanno fantasia e viaggiano libere oltre ad ogni classificazione razionale. Sfruttate questa opportunità.