SUCCESSI STRATOSFERICI E SUCCESSI CONCRETI

Non tutti i successi nello sport sono uguali, alcuni sono “straosferici”, altamente spettacolari e per questo ingigantiti, mostrati per televisione e dati in pasto al mercato che grazie agli sponsor garantisce la perpetuazione e la continuità di questi successi, altri sono semplicemente “concreti”, anche se non stratosferici, non sono altamente spettacolari, non hanno alcuna amplificazione dai riflettori dello sport spettacolo, sono assolutamente trascurati dalla stampa però hanno il potere di riuscire a migliorare la salute del soggetto che li consegue: in una parola sono “utili per la collettività”.

Esempio di successo stratosferico: vittoria con record del mondo alle Olimpiadi in una specialità dell’atletica (dove ottenere un qualsiasi record del mondo è certamente evento eccezionale). Esempio di successo concreto: ottantenne che si iscrive ad un qualsiasi torneo di tennis, anche senza vincerlo, al solo atto dell’iscrizione. In un Paese evoluto il secondo conta di più del primo perché è direttamente correlato con la salute dei cittadini. Noi, manco a dirlo, siamo molto più interessati al primo tipo di successi e così accade che una federazione in crisi di successi invece di darsi da fare per estendere la base dei praticanti e creare i presupposti per nuovi successi si prodiga per migliorare l’assistenza medica ai suoi atleti più performanti, sperando che possano giungere in medaglia alle Olimpiadi grazie a questa assistenza più perfezionata.

Poi siamo anche il Paese dove, udite udite, all’ottantenne in buone condizioni fisiche non viene accettata l’iscrizione perché “…insomma sei ottantenne e anche se stai bene magari dopo muori improvvisamente (improvvisamente a 80 anni…) e potrebbe essere che qualcuno va in galera per colpa tua che hai avuto la malsana idea di fare dello sport a 80 anni, in sintesi a 80 anni è il caso che cominci a bere ed a fumare, al più drogati, ma smettila con questo sport pericoloso…”.

L’ottantenne che si iscrive al torneo di tennis è il vero e concreto successo di uno sport che deve avere nel miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini il suo obiettivo principale. E questo noi non l’abbiamo capito perché siamo troppo concentrati sulle medaglie olimpiche. Per  le medaglie olimpiche siamo disposti pure a mandare in sovraccarico una elite di atleti  che sono al limite fra il carico fisiologico e quello patologico, siamo disposti ad aumentare la loro assistenza medica salvo prendere le distanze da loro quando compiono qualche scemata per tentare di sostenere carichi di allenamento pazzeschi. Pertanto l’atleta che prende centomila farmaci permessi dal regolamento è un “puro” mentre il pirla che prende un farmaco proibito è un delinquente che ha provato ad imbrogliare e va assolutamente emarginato e dichiarato traditore della Patria.

Mi auguro che gli atleti di alto livello prendano meno farmaci possibile (che siano ammessi o no dal regolamento la filosofia non cambia molto) per sostenere le loro colossali preparazioni in vista del risultato stratosferico ma soprattutto mi auguro che i regolamenti, attualmente molto attenti a discernere fra l’atleta puro e quello “traditore”, siano attenti anche a discernere fra l’ottantenne che tenta di suicidarsi con lo sport (non ne conosco molti…) e quello che tenta semplicemente di praticare una sana e divertente attività sportiva testimoniando con la sua pratica anche un comportamento socialmente apprezzabile.

Non c’è alcun collegamento nel nostro sistema sociale, ancorato a vecchie logiche, fra i danari investiti per la diffusione della vera pratica sportiva (l’autentica prevenzione primaria in termini di salute pubblica) e quelli risparmiati in spese di assistenza sanitaria in conseguenza di questi investimenti. Anzi le casse sono due casse ben distinte perché una è quella che finanzia l’assitenza sanitaria mentre l’altra è quella che finanzia l’attività sportiva, dove per “investimento” intendiamo i costi per arrivare all’agognata medaglia olimpica che salva  la Patria e non per allargare la base dei praticanti (con il rischio che più ottantenni ci rompano le scatole per iscriversi al pericolosissimo torneo di tennis).

E’ un discorso culturale dove il giornalismo di sport è certamente chiamato in causa perché attorno alla legalità di un farmaco anziché un altro che può stabilire il confine fra chi è un grande campione e chi, invece, è solo un traditore della Patria, si spendono fiumi di parole. Questi fiumi di parole decantano le gesta eroiche dell’atleta correttamente assistito da equipe mediche responsabili e denigrano le gesta odiose di atleti che hanno provato a fare i campioni usando farmaci che non andavano assolutamente usati. Per l’ottantenne che reclama umilmente il diritto ad essere iscritto ad uno stramaledetto torneo di tennis per dilettanti che più dilettanti non si può non è certamente il caso di spendere molte parole perché la questione è patetica, non è di particolare interesse e praticamente quello non è nemmeno sport ma quasi un atteggiamento strafottente nei confronti dell’età che inesorabilmente avanza.

C’è da augurarsi che altrettanto inesorabilmente avanzi anche il buon senso. Il buon senso ci dice che tutti gli atleti di alto livello meritano rispetto e sono tutti forti e meritevoli di attenzione, anche quelli che sbagliano, non vanno forzati oltremodo perché le loro capacità prestative hanno dei limiti fisiologici che non ha senso forzare, se ci daranno qualche medaglia ben venga ma se questa non arriva non deve essere questo il dettaglio a farci cambiare le politiche per lo sport di massa che è di fondamentale importanza non per nuove medaglie ma per la salute di tutti i cittadini.

Dallo sport attendiamo si risultati sensazionali e stratosferici (non dico “stupefacenti” per non creare equivoci…) di un certo tipo di atleti ma soprattutto risultati concreti da parte di una moltitudine di cittadini che devono imparare ad apprezzare lo sport per ciò che è realmente. Sport è attività fisica razionale calibrata e non occasionale, inserita abitualmente in corretti stili di vita. Su questo stile ci sta pure la birretta davanti alla tv durante l’evento sportivo di alto livello. Ma quello non si chiama sport ma “birretta davanti alla tv”. E’ anche sport ma per pochi eletti. Lo sport vero non va in televisione e la birretta, semmai, la bevi dopo, non certamente “durante”. Durante va molto bene l’acqua, più ancora degli integratori che vengono continuamente pubblicizzati durante lo sport di alto livello…