Tentate di procurarvi i giornali di Verona in questi giorni, fateveli spedire, cercateli su Internet, sono eccezionali. Quanto riportato sulla locandina di un quotidiano di ampia diffusione oggi era semplicemente esilarante: “Studenti bendati: altri casi”. Viene da chiedersi se trovo uno studente bendato per strada se è contagioso e se arriverà il vaccino. E comunque penso che questa sia proprio la variante veronese del Covid: provoca un bendaggio degli occhi degli studenti. Speriamo che non ci siano altri casi, che non sia un’epidemia.
Siamo più o meno d’accordo tutti sul fatto che l’insegnante che ha provocato questo putiferio deve essere lasciata stare. Non è colpa sua se la scuola italiana ha problemi di non facile risoluzione e il Covid non c’entra niente e anche Verona, una volta tanto non c’entra niente davvero. Sono problemi atavici della scuola italiana diffusi proprio su tutto il territorio da Nord a Sud e da Est a Ovest.
Per cui lasciamo stare le barzellette ed il fatto che ci sia addirittura un’ interrogazione parlamentare mi incuriosisce perché se è per capire questo episodio penso che allora qualcuno abbia bisogno di una visita psichiatrica se invece è per capire i veri problemi della scuola italiana che alla fine possono essere anche collegati con questo episodio tragicomico allora ben venga un serio e costruttivo dibattito sulla scuola italiana.
In effetti lo sanno già tutti in parlamento che la scuola italiana è bloccata, che i metodi sono antiquati, che uno studente perde la maggior parte del tempo dedicato alla scuola per andare a caccia dello stramaledetto voto e una parte minore del tempo per apprendere davvero i concetti che dopo gli serviranno per la formazione professionale.
E’ una scuola dove si impara poco ma si studia troppo. Non possiamo dire che la colpa sia esclusivamente degli studenti anche se a volte sono demotivati, storditi dal ritmo frenetico delle continue verifiche e stressati da queste si mostrano apatici verso un miglioramento delle tecniche di apprendimento troppo occupati dalle tecniche di addestramento alla ricerca del voto migliore. C’è una clamorosa dicotomia fra ricerca del voto elevato e vero apprendimento ed è questa cosa che chi lavora nella scuola non può tollerare e non può imputare ai ragazzi.
Io a volte me ne esco con trovate che sono più comiche di quelle riportate da certi quotidiani ma guardate che davvero ad uno studente “inscatolato” dalla logica del voto quando sotto interrogazione incomincia a recitare il libro di testo come se fosse l’elenco telefonico sarebbe da dire: “Bene, vuoi il bel voto? Ecco un bel dieci, adesso per favore lascia perdere il libro di testo e parliamo seriamente della materia ma non mi prendere in giro…”. Purtroppo a volte questo è l’atteggiamento avvallato e addirittura desiderato dagli insegnanti ed allora non possiamo dire che una scuola così faccia formazione, stimoli l’apprendimento.
Ci troviamo nella necessità assoluta di razionalizzare i tempi dedicati allo studio da parte dei ragazzi che negli ultimi decenni si sono dilatati notevolmente a fronte di un’organizzazione sociale che sottrae molto tempo ai giovani anche per altre cose. Quando dico che una volta i “secchioni” erano solo due o tre per classe e adesso è mezza classe, se non di più, intendo dire che mediamente i ragazzi che dedicano molto tempo allo studio sono aumentati notevolmente di numero anche se probabilmente il loro livello medio di preparazione non è salito di molto. Questo è un problema perché tali ragazzi rischiano anche di sacrificare cose importanti quale l’attività sportiva. Probabilmente in questo processo di razionalizzazione bisognerà un po’ sacrificare anche l’istituto della valutazione, un po’ per non creare falsi incubi nei ragazzi e rendere meno stressante il percorso di apprendimento, un po’ per creare una nuova motivazione più autentica all’apprendimento svincolata dalla logica del “voto innanzitutto” e un po’ perché in effetti se vogliamo migliorare le tecniche di apprendimento dobbiamo scostarci energicamente dal nozionismo che ingombra la memoria a breve termine ma non deposita cose decisive per la formazione del ragazzo. Queste cose in parlamento le sanno tutti quanti e non c’è certamente bisogno di fare un’interrogazione parlamentare per portarle a conoscenza di tutti.
Allora non vorrei che questa interrogazione non fosse invece un terribile bluff per sancire che quella professoressa non doveva far bendare la studentessa perché altrimenti la scuola italiana ci fa una figuraccia e dunque niente bende, proseguiamo nel rigido rispetto dei programmi ministeriali (assolutamente irrazionali e non adeguati alle nuove realtà) e facciamo un monumento all’istituto del voto che tanto può e tanto contraddistingue l’ipocrisia di una scuola che non si muove, non si evolve e non fa vera cultura. La benda viene svuotata nella sua essenzialità nel momento in cui lo studente non ha più niente da dimostrare perché è realmente motivato e vuole informarsi nel miglior modo possibile com’è giusto che sia per ogni studente. Il problema non è giudicare quello studente bensì escogitare tutte le strategie possibili per favorire la sua preparazione senza costringerlo ad integrare con molte ore di studio ciò che si fa a scuola. E’ chiaro che non potendo disporre per una serie di motivi di molte ore in orario extrascolastico ci si dovrà concentrare su una maggior efficacia di quanto trasmesso a scuola e anche in tal senso è inevitabile dover comprimere sempre di più i tempi riservati alla verifica. Il paradosso è che ci si trova a dover scegliere fra una scuola che prepara bene ed una scuola che verifica bene ed è inevitabile che una scelta razionale non possa che essere orientata verso la prima opzione.
Il problema è di difficile risoluzione per tutti anche perché richiede un cambio di mentalità che non è facile da affrontare. Se ci si crede bisogna mettersi tutti insieme a lavorarci su altrimenti si può continuare a sostenere che se il ragazzo ha buona volontà ottiene comunque buoni voti e basta che si metta a studiare di più.
Purtroppo è arrivato il momento di capire che i buoni voti non sono più sufficienti. La classe dirigente di domani non ha bisogno di buoni voti, ha bisogno di grande preparazione e grande capacità di analisi e risoluzione dei problemi. Uno di questi è la ristrutturazione della scuola nei suoi metodi fatta da studenti e professori assieme, non uno contro l’altro e possibilmente senza bende sugli occhi, né da una parte né dall’altra.