Dopo la notizia del doping di Stato in Russia dovrebbe arrivare, a giorni, quella del primo uomo che è andato sulla luna. L’informazione viaggia un po’ in ritardo…
Comunque oltre al doping russo stanno scoprendo quello del Kenya, quello dell’Etiopia e quello della Turchia. Se vanno avanti a questo ritmo, con quattro nazioni all’anno, entro il 2063 dovremmo avere un quadro abbastanza chiaro sulla diffusione del doping visto che Gabon e probabilmente anche Birmania non hanno niente da far scoprire e dunque mancano solo circa 192 nazioni da scoprire come aderenti a questo curioso “vizio” del doping di Stato.
C’ è il rischio che il Gabon, e la Birmania, un po’ per invidia ed un po’ per moda, in questo lasso di tempo si adeguino anche loro e così il completamento del “quadro di chiarezza” potrebbe slittare al 2064, anno olimpico. Quindi probabilmente nel 2064 si potranno disputare le prime Olimpiadi praticamente uguali alle precedenti ma con la consapevolezza che il doping di Stato è diffuso in tutto il mondo e pertanto si può finalmente gareggiare in pace senza gridare allo scandalo quando un atleta fa il cretino e si fa pigliare positivo all’antidoping. Finalmente sapremo che quello è stato un emerito cretino e non staremo più ad accusarlo di chissà quale infamia ma andremo semplicemente a chiedergli che bisogno aveva di fare il medico di sé stesso.
Preferisco buttarla in ridere ma questa pantomima sul doping mi ha veramente nauseato e ritengo che il grado di ipocrisia che la permea a livello di informazione sia semplicemente disgustoso.
Se c’è la possibilità di tirare fuori la banca dati dei vari modelli di assistenza medica offerti più o meno a tutti gli atleti del mondo possiamo metterci a ragionare su ciò che è lecito e ciò che non lo è, su ciò che è utile e ciò che è sconveniente, su ciò che si può superare e ciò che è assolutamente inevitabile allora si può ragionare su qualcosa di concreto che può portarci davvero a capire il doping nella sua problematica globale se invece continuiamo a vietare tutto restiamo immersi in questa felice ignoranza e continuiamo a dire che l’atleta trovato positivo è quello che si dopa più degli altri e pertanto deve essere fermato. Se poi ciò non corrisponde al vero chi se ne frega, secondo i nostri parametri l’atleta che si dopa di più è quello che troviamo positivo, il resto non ci interessa.
Sappiamo tutti che l’antidoping non ce la fa a stare al passo con il doping, ma continuiamo a finanziarlo e ad appoggiarlo come se fosse lo strumento miracoloso che ci consente di risolvere il problema. Invece l’antidoping ha dimostrato ampiamente di non poter risolvere il problema dei farmaci nello sport professionistico ma ha solo una funzione di deterrenza nei confronti dello sport amatoriale che, con adeguate politiche di informazione, potrebbe benissimo essere corretto anche senza antidoping.
Ognuno ha la sua opinione io sono dell’idea che la “tolleranza zero” produce “l’omertà a mille” e non favorisce assolutamente l’acquisizione delle informazioni necessarie a sviscerare il problema.
C’è un processo sul doping in Italia che ha già qualcosa di abbastanza anomalo perché è riuscito a resistere nella sua sede di origine quando tanti speravano che fosse trasferito per fargli prendere un’altra piega. Non mi pare un processo farsa ma fa i conti con leggi che impediscono la diffusione delle informazioni necessarie per istruirlo a dovere. Non è certamente un processo per distruggere lo sport e se una volta tanto invece di concludersi con una ipocrita condanna del malcapitato di turno si concludesse con una raccolta di dati veramente utile a far luce sul problema sarebbe una novità. Lo sport non ha bisogno di martiri. Non è certamente un solo atleta o un solo medico che può avere la capacità di scoperchiare il pentolone ma se un processo può riuscire a fare un minimo di informazione allora si può davvero dire che quello è un grande processo e non un finto processo come la maggior parte di quelli che l’hanno preceduto. Lo sport attende con ansia, non per fare un altro pieno di ipocrisia ma per riacquistare dignità a tutti i livelli. Se lo sport dei bambini è il più autentico, il più importante e quello più sano non è giusto che lo sport degli adulti sia costantemente bistrattato solo perché bisogna tenere su l’istituto dell’antidoping e la tolleranza zero.