SPORT ED EMOZIONI

Ci risiamo. L’Italia del calcio è fuori agli europei. Il consumo di birra nel nostro paese si contrae sensibilmente ma non sono perse le centinaia di milioni di litri che fanno la differenza nell’avanzamento della Germania nella stessa competizione. Inutile negarlo, a birra i tedeschi ci battono.

Il punto non è quello, o meglio per i birrifici il punto è proprio quello e probabilmente i birrifici italiani speravano veramente in un avanzamento della nazionale azzurra, ma per i birrifici più grandi è opportuno che resti dentro la Germania, possibilmente fino alla fine.

Volevo scrivere di sport su quest’articolo, più che di birra, e ‘mo ci arrivo.

Ieri fin che la nazionale azzurra di calcio usciva, quasi drammaticamente, dal campionato europeo di calcio è andato in scena un altro spettacolo sportivo, per certi versi più rilassante, per altri versi più drammatico. I campionati nazionali di atletica leggera. Perché più rilassante bastava guardare i volti dei pochi spettatori presenti, molto interessati ma senza espressioni tristi, per capirlo. Perché per certi versi più drammatico, anche se non leggibile sui volti degli spettatori, faccio poca fatica a spiegarvelo. Molto semplicemente, mentre all’europeo non ha rischiato di perdere il posto di lavoro nessuno, ai campionati nazionali di atletica c’è stato indubbiamente un certo numero di atleti che hanno rischiato di dover cambiare mestiere. Se non vinci un europeo di calcio resti comunque un professionista del calcio e anche se perdi la possibilità della gloria con la squadra nazionale puoi comunque rifarti nelle squadre di club. Se non primeggi, o come minimo ti piazzi bene, in un campionato nazionale di atletica puoi stare tranquillo sulla tua professione solo se ti chiami Jacobs o Tamberi. Fra l’altro quelli sono personaggi che tendono a snobbare il campionato nazionale, proprio perché stanno preparando l’Olimpiade ed allora si può proprio dire che ai campionati nazionali di atletica di tranquillo non c’è proprio nessuno se non quei pochi atleti che già hanno fatto una fatica notevole a raggiungere il minimo di partecipazione e sono lì praticamente in vacanza, senza nessuna velleità di vittoria.

Allora c’è una dicotomia fra volti degli spettatori agli europei di calcio e volti degli spettatori del campionato nazionale di atletica: i primi stanno drammatizzando un evento che in realtà non è poi drammatico, i secondi stanno guardando con serenità un evento che per certi versi può avere anche dei contorni quasi drammatici.

Ho scritto “quasi” drammatici ed è su questo “quasi” che ci giochiamo la vera sportività.

In effetti fra allenarsi due volte al giorno e allenarsi due volte alla settimana c’è una certa differenza e sarebbe bello che lo sportivo che perde ai campionati nazionali di atletica potesse continuare ad allenarsi due volte al giorno come fa il campione del calcio che perde ai campionati europei. Non è così perché l’atletica è vagamente professionistica, anzi, sulla carta è proprio dilettantistica e molti protagonisti di quel tipo di atletica sono in “prestito” ad un finto professionismo fin che i risultati fanno ben sperare ma sono destinati a tornare ad un autentico dilettantismo nel momento in cui i sogni di gloria si affievoliscono.

Allora fra i vari “sarebbe bello” accompagnati da emozioni più o meno intense che ho sentito in questi giorni ne aggiungo uno che è decisivo per le emozioni degli atleti che praticano sport ad alto livello senza nessuna garanzia economica. “Sarebbe bello che anche un atleta di buon livello che non ha la fortuna di militare in uno sport professionistico potesse continuare ad allenarsi almeno una volta al giorno anche se non raggiunge risultati clamorosi quali la vittoria di un titolo nazionale…” Non dico due volte al giorno come fa un vero professionista ma una volta al giorno come è giusto che faccia uno sportivo di età compresa fra i venti ed i trent’anni e che nel suo sport vuole giustamente provarci perché l’età del massimo rendimento arriva una volta sola nella vita e non torna quando hai sistemato i tuoi problemi professionali. Insomma se i problemi professionali di chi gioca davanti a milioni di telespettatori sono solo quelli di quella partita lì (o quasi) sarebbe bello che i problemi professionali di chi pratica con impegno un altro tipo di sport non fossero così stritolanti da condizionare in modo inesorabile la pratica sportiva.

Le emozioni, nello sport, sono la cosa più importante, facciamo in modo che ci possano essere per tutti e non solo per chi con una certa impresa sportiva si gioca il posto di lavoro.