SPORT E FAMIGLIA

C’è la sensazione che le famiglie siano ben disposte verso l’attività fisica dei ragazzi, pagano le quote di iscrizione ai vari gruppi sportivi, incentivano verbalmente l’attività sportiva e decantano gli aspetti salutistici dell’attività sportiva. Purtroppo questo atteggiamento che, per quanto segue, deve essere ritenuto superficiale è tanto fumo e poco arrosto.

A parole si ha un gran rispetto per l’attività sportiva, nei fatti non si fa nulla per incentivarne concretamente la pratica assidua se non pagare i costi e parlarne bene appunto.

Mi spiego: si è acuito in modo drammatico il conflitto scuola-tempo libero negli ultimi decenni. In questo conflitto lo sport viene stritolato in modo inevitabile un po’ perché sono aumentati i tempi complessivi per la pratica sportiva (non si fa più sport sotto casa o all’oratorio come tanto tempo fa…) e un po’ (oserei dire soprattutto…) perché la scuola occupa sempre più tempo ai ragazzi. In tal senso l’autonomia dei ragazzi è diminuita in modo clamoroso rispetto al secolo scorso. Una volta il ragazzo era abbastanza libero di decidere quanto tempo dedicare alla scuola adesso, anche se sulla carta questa opzione esiste ancora, di fatto non si può vivere tranquillamente senza aver dedicato un buon numero di ore alla scuola oltre alle molte già impiegate (più di un tempo…) per frequentarla.

Un esempio calzante per spiegare questa situazione e farne capire la filosofia: la storia del registro elettronico. La questione del registro elettronico per conto mio è un vero e proprio argomento da telefono azzurro. Se esiste davvero un telefono azzurro al quale i minori possono rivolgersi per segnalare disagi provocati dagli adulti questo dovrebbe essere chiamato per la questione del registro elettronico e dovrebbe intervenire per eliminarlo. Posso capire un discorso relativo alla sicurezza del ragazzo. Il genitore può avere la curiosità di sapere se il proprio figlio va a scuola o meno e se ci sono sospetti in tal senso io dico che la scuola deve aver la possibilità di informare i genitori proprio per problemi di sicurezza, ma che un genitore di un ragazzo che magari è vicino alla soglia della maggior età possa sapere in ogni momento tutti i voti ed i cavoli del pargolo quasi maggiorenne é semplicemente scandaloso e sa di comportamento di stampo medioevale. Poi ci lamentiamo se questi ragazzi non si sviluppano e non sono capaci di decidere autonomamente cose che li riguardano direttamente.

Il passaggio dal registro elettronico all’attività fisica negata non a parole ma nei fatti è molto breve. La scuola ha acquistato negli ultimi decenni un alone di sacralità che non merita assolutamente, soprattutto in riferimento alla qualità del servizio nell’evoluzione del processo educativo che riesce a trasmettere.

Un tempo il ragazzo poteva decidere quanto spazio concedere alla scuola. L’etichetta di “asino”, “lavativo”, “menefreghista” era sempre in agguato ma, nei limiti di un comportamento educato nell’ambiente scolastico, era libero di decidere quanto impegnarsi senza che i genitori sapessero minuto per minuto quanto accadeva a scuola. Adesso, per assurdo, l’educazione è passata quasi in secondo piano perché se un ragazzo ha ottimi voti è magari è un cafone che si comporta male con gli insegnanti, grazie al registro elettronico si salva facendo vedere gli ottimi voti. Insomma la scuola è una specie di professione dove la resa del lavoratore è fondamentale e anche se non c’è il licenziamento lo spettro della bocciatura è sempre in agguato.

Per essere coerenti ed incentivare la pratica sportiva bisognerebbe tornare a dare alla scuola la giusta importanza che deve avere ma togliendole quell’alone di sacralità che fa male a chi la frequenta e pure a chi la governa. Una scuola che tenga conto dei nuovi tempi, dell’impossibilità di praticare un’adeguata attività fisica con le tempistiche di una volta è assolutamente necessaria e senza dire che tutto ciò che ha che fare con la scuola deve essere svolto esclusivamente nell’ambiente scolastico si può proprio affermare che un intero pomeriggio dedicato allo studio per la “temibile” verifica del giorno dopo è un assurdo anacronismo sul quale gli adulti più che i ragazzi stessi devono vigilare. Quando dico adulti intendo i professori e non certamente i genitori che devono aver la capacità di chiamarsi fuori da un rapporto insegnante-allievo che è sempre più complesso e minato alla base dalla scuola supercompetitiva.

Di fronte ad una scuola che non si evolve (e può evolversi solo se ragazzi ed insegnanti lo vogliono) il genitore coscienzioso può solo adoperarsi affinchè il ragazzo non tolga preziose ore alla sua attività fisica. Ciò non corrisponde ad incentivare la bocciatura (“Tanto, per quello che ti insegnano… anno più anno meno…) ma a far capire con tatto che se la scuola è importante la salute lo è ancor di più e non si pratica attività sportiva assiduamente solo per divertirsi da far paura ma anche per stare bene.

Insomma sul piatto della bilancia ci sono il rendimento scolastico e la salute dei ragazzi, non c’è dubbio che una scelta razionale preveda di dedicare più tempo a quest’ultima se si vede che è in pericolo anche se la moda non è questa.

Evidente che all’interno dell’istituzione scolastica l’insegnante di educazione fisica deve essere quello che si fa carico di far capire a tutti l’importanza di questa emergenza. Chiaro che se l’insegnante di attività motoria conta meno del due di picche come da consolidata tradizione della scuola italiana allora il problema non è facilmente risolvibile.

Piuttosto triste che a livello di mass media questo enorme problema deva essere sviscerato da un sito che non ha proprio alcun peso nello spostare le opinioni di chi orienta nei fatti l’istituzione scolastica.