La competizione ci acceca a tutti i livelli. Non è un fatto di sport, è un fatto sociale dove lo sport dovrebbe aiutare a farci capire quanto stiamo giocando male con la competizione, quanto ci stiamo mettendo al suo servizio invece di giocare con essa per rendere più razionale e divertente la vita.
Il titolo che ho scritto può valere per la scelta di una certa disciplina sportiva ma pare anche il titolo di una scelta di indirizzo di studi. Mai come ora la scuola viene scelta in base agli sbocchi professionali potenziali invece che rispettando la predisposizione attitudinale del ragazzo.
Se fosse per le potenzialità lavorative attualmente un ragazzo italiano dovrebbe imparare a parlare l’inglese e scappare quanto prima dall’Italia per imparare un mestiere che in Italia si fa fatica a trovare anche gratis. Però resta la mentalità di questa scuola che deve servire per lanciarti in un mondo del lavoro molto competitivo e così si parte con la competizione già a 14 anni ed è già tanto che sia così perché nello sport questi discorsi riusciamo a farli già ben prima. Così già prima dei 14 anni c’è il ragazzino che non gioca a pallacanestro o a pallavolo perché è troppo basso e non ha prospettive, oppure quello che a tale età smette di giocare a calcio perché occorre troppo tempo e ormai si è già visto che non ha i numeri per emergere così come c’è quello che insiste a praticare una certa disciplina sportiva perché gli è stato riferito che ha il fisico giusto per quella disciplina. Mai che senta un lanciatore che dica “Faccio lancio del peso anche se non ho il fisico perché mi piace troppo e la mia voglia di praticare tale disciplina è superiore alla mia non predisposizione fisica”, oppure “Faccio mezzofondo anche se sono troppo pesante ma non me ne frega niente se arrivo ultimo a me piace il mezzofondo”. No, il risultato comanda sovrano e siamo sempre a fare i conti con promozioni e bocciature perdendo un sacco di tempo su elucubrazioni su queste, nello sport come nello studio e nella vita.
Allora si tratta di capire chi è che sancisce la bocciatura perché se tale giudice è un cronometro o una cordella metrica basta liberarsi del cronometro o della cordella metrica, se tale giudice invece è una persona bisogna tentare di stare alla larga il più possibile da quella persona. Dobbiamo scegliere persone che hanno l’istinto di promuoverci più che quello di bocciarci.
Si dice che le scuole pubbliche siano tendenzialmente migliori di quelle private solo che nella scuola pubblica c’è la cattiva tendenza e bocciare di più proprio per dare un’impressione di maggior serietà. La scuola che boccia di più viene ritenuta quella più seria, quella che prepara alla competizione della vita e ti da i numeri per affrontare con buone possibilità di successo il mondo del lavoro. Ci si dimentica che le competenze acquisite a scuola molte volte sono già superate dopo pochi mesi che la scuola è stata abbandonata e che la cosa più importante che ci può trasmettere la scuola più che una serie di competenze soggette a continua obsolescenza è l’entusiasmo verso alcuni ambiti che hanno bisogno di giovani pieni di idee e di voglia di cambiare il mondo. Invece il mondo del lavoro è ingessato perché continua a funzionare secondo l’unica logica dei profitti, dell’economia, del libero mercato. Così non si trovano più né raccoglitori di pomodori e neanche astronauti. I raccoglitori di pomodori non si trovano perché a raccogliere i pomodori si prende una paga da fame grazie alle regole di un mondo del lavoro che tutti dicono che non funziona ma nessuno vuole cambiare e l’astronauta non è una professione credibile che possa offrire molti sbocchi. Abbiamo bisogno di raccoglitori di pomodori e di astronauti in senso metaforico nel senso che abbiamo bisogno di persone che si gettino con entusiasmo in tutti quei settori che attualmente sono penalizzati da una logica che fa i conti solo col danaro. I raccoglitori di pomodori sono anche infermieri, operatori ecologici e operai non specializzati che hanno comunque diritto a trattamenti economici riservati a ben altre categorie. Gli astronauti non sono ovviamente solo gli astronauti che evidentemente non sono poi molti ma tutti quei soggetti che si occupano di settori potenzialmente utili alla società ma non appetibili immediatamente da un punto di vista della remunerazione.
E’ chiaro che se un ragazzo non fa lancio del peso a 14 anni perché probabilmente non ha il fisico di uno che diventerà un grande lanciatore per lo stesso motivo potrà aver paura di iscriversi al liceo artistico se non ha già conclamate doti di un certo tipo che possano giustificare tale scelta. La prospettiva futura di competitività informa tutte le scelte ormai fin da prima dei 14 anni. E così abbiamo deciso di darci in pasto alla società tritatutto che risponde solo alla logica del danaro perché per lo stesso motivo troveremo dei ragazzini, pure sostenuti dai genitori che a 14 anni sognano di diventare medici o avvocati non perché gliene freghi niente di quella professione ma perché hanno fatto quattro conti che quella forse è ancora una professione utile per poter ambire alla seconda casa o all’auto di lusso che è quella che davvero solletica la loro fantasia più che le gesta peculiari riferite a quella determinata professione.
Mancano ragazzi in grado di informare lo sport, di informare la società portando un’ energia ed un entusiasmo che la società attuale, affannata nella logica del profitto, non è in grado di trasmettere.
I veri bocciati sono quelli che si arrendono alle indicazioni di una società che non funziona perché chiunque non si arrende all’idea di migliorare questa società, anche se l’impresa pare impossibile, è promosso in partenza. Promosso senza soldi ma promosso in partenza. E’ chiaro che se questi “promossi” che si sono orientati verso settori apparentemente impossibili saranno costretti ad abbandonare l’Italia vuol dire che abbiamo poche speranze di costruire un futuro migliore ma vuoi vedere che se le nostre scuole producono migliaia di esperti in ecologia cioè migliaia di potenziali rompiscatole qualcuno di questi riesce pure a sopravvivere in Italia e ad inventarsi professioni nuove?
Lo sport deve essere la culla di questo modo di pensare e allora la “specialità” giusta non è certamente quella che razionalmente può portare al risultato sportivo di maggior interesse per il carrozzone dello sport spettacolo ma quella dove l’allievo riesce ad esprimersi con più entusiasmo e con più possibilità di diventare vero praticante di una certa disciplina sportiva a prescindere dai risultati agonistici ottenuti. In una parola praticanti “scomodi” nel senso che chi non offre grandi risultati sportivi nella fascia di età compresa fra i 18 ed i 35 anni nel nostro paese viene invitato ad un pratica sportiva di tipo amatoriale perché la pratica sportiva vera fa comodo solo come produttrice di protagonisti assoluti dello sport di alto livello. Può studiare da astronauta anche chi non andrà mai sulla luna. E quel tipo di studi saranno certamente utili per affrontare anche altre cose.