“So di non sapere…” il famoso detto è attribuito a Socrate però a raccontarlo in realtà è Platone che ci dice appunto che l’ha detto Socrate. Prendiamo per buono e per cronista attendibile Platone e allora ci tocca accostare Socrate allo studio dell’attività fisica. Perché in nessuna scienza, ed anzi ci tocca chiamarla “materia”, come nell’attività fisica si impara che alla fine non sappiamo mai nulla e che possiamo aver studiato quanto si vuole che l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. La materia dell’attività fisica è talmente vaga e piena di incertezze che non la si può nemmeno chiamare scienza e di questo chi si interessa davvero con onestà e schiettezza dell’argomento non se ne fa un cruccio ma anzi non invidia per niente i colleghi medici che sono costretti per deontologia professionale a navigare immersi nella scienza commettendo talvolta errori macroscopici.
Nello studio dell’attività fisica ammettere che questa non è una scienza è un assunto imprescindibile per poter operare con una certa attendibilità.
La dote principale dell’esperto di attività motoria è un’esagerata umiltà ed il più esperto è proprio colui che grazie ad una grande esperienza naviga fra l’incertezza senza dispensare ricette miracolose di alcun tipo. Il vero miracolo nell’attività fisica è forse proprio che il più ignorante degli attori può rendersi protagonista del miglior intervento per tirar fuori gesta di indubbia qualità da un improbabile atleta di dubbie doti. Scarso l’atleta, potenzialmente scarso il tecnico (almeno in quanto “non titolato”) e vien fuori la coppia vincente da record del mondo. Il perché lo sa solo Socrate, anzi nemmeno lui.
Mi viene in mente quando qualche critico della nostra scuola e delle nostre istituzioni universitarie (ed io francamente non sono molto distante nel modo di pensare da questi soggetti eccentrici…) dice che i nostri corsi di studio essenzialmente dispensano certificazioni di ignoranza. Siamo tutti abbastanza ignoranti come diceva Socrate ma chi ha un diploma, o ancora meglio una laurea, ha comunque una certificazione di ignoranza, la sua ignoranza è scritta nero su bianco con tanto di votazione che tanto più è elevata e tanto più attesta un elevato grado di ignoranza.
Praticamente secondo questa dottrina gli unici un po’ meno ignoranti sarebbero i bambini che in quanto non ancora inquinati dalla scuola hanno ancora una discreta capacità di capire, immaginare, intuire senza nessuna supponenza e chiusura verso ciò che non è ufficialmente riconosciuto dalla scienza.
Dunque se il laboratorio insegna delle cose che devono poi essere pubblicate e che costringono a comportarsi in un certo modo il campo “non” insegna altre cose ma fa solo venire dei dubbi, questi dubbi possono anche essere pubblicati ma la cosa non è essenziale e che facciano letteralmente a cazzotti con quanto appreso in laboratorio non è assolutamente un problema degli insegnanti di attività motoria ma eventualmente di quei medici che si occupano di attività motoria perché se si occupano solo di medicina la prassi è esclusivamente quella della validazione scientifica.
Dopo si apre tutto un contenzioso che non riguarda solo i pazienti o gli atleti ma tutta l’umanità e che riguarda il diritto-dovere di accettare o non accettare quanto sancito dalla scienza. Personalmente ritengo che in un paese all’avanguardia deva esistere anche il diritto di poter dubitare della scienza e capire quanto questo diritto possa essere lesivo dell’incolumità altrui è compito alquanto arduo.
L’esempio sulla grande differenza fra scienza e non scienza mi viene fin troppo banale ed è su un certo tipo di preparazione fisica o un certo tipo di trattamento sanitario.
Se anche si scoprisse che c’è un tipo di preparazione fisica eccezionale che migliora le prestazioni fisiche di tutta la popolazione in modo fantastico il pirla che si sognasse di imporre tale tipo di preparazione fisica a tutti i cittadini per legge verrebbe giustamente internato in manicomio.
Al contrario quando si scopre un certo trattamento sanitario che viene ritenuto essenziale per la popolazione in certi stati (ed il nostro ahimè, in tempi recenti è stato proprio uno di quelli) non si esita e renderlo obbligatorio per tutta la cittadinanza creando conflitti sociali di tutti i tipi ed ignorando il fatto che anche la migliore delle validazioni scientifiche può avere un certo margine di errore almeno con riguardo ad una certa fascia di popolazione se non proprio a tutta.
Insomma noi insegnanti di educazione fisica abbiamo un pregio impagabile che è quello di non essere costretti a proporre i nostri “dogmi” (ma c’è qualcuno che ne ha? Forse ha sbagliato ambito di studio) proprio a nessuno. Da questo punto di vista possiamo proprio stare tranquilli con quanto diceva Socrate (o Platone a seconda dei punti di vista) e possiamo dormire sonni tranquilli. Un medico che ha scelto una materia anche se per certi versi “confinante” ma per altri aspetti molto più impegnativa dell’attività fisica deve fare i conti con tutt’altro tipo di problematiche. In modo non supponente ma del tutto umile e credo anche abbastanza razionale, io auspico che il medico che si accosta allo studio dell’attività motoria deva assumere i toni di distaccato probabilismo che sono tipici dello studio di campo.