Non mi va di scrivere molto in questi giorni. Qualsiasi sia la cosa della quale si scrive è molto facile sbagliare. Nell’ultimo articolo ho scritto nientepopodimenoche di fame raggiungendo il record di aspecificità di argomento su questo sito. Del resto quando il rischio è davvero la fame cosa vai a parlare di attività fisica o di sport. Allora stai zitto ed è quello che sto facendo in questi giorni.
Il paradosso è che avrei proprio più tempo per scrivere perché sono bloccato nella mia attività, ma mi rendo conto che se scrivo solo perché ho tempo per scrivere rischio di scrivere delle cavolate ben più consistenti del solito.
Posso tentare di far sorridere, e quello forse è un tentativo lecito, facendo autoironia, perché sono cascato in quella depressione dalla quale mettevo in guardia i miei lettori quando li invitavo caldamente a diffidare della televisione. Quello l’avevo scritto e ci ero andato giù di brutto, avevo detto che la televisione riesce a fare anche più danni del corona virus, che forse riusciremo a trovare chi ci libera dal corona virus ma non troviamo nessuno che ci libera dalla televisione.
In televisione fanno i dibattiti se occorre tenere la mascherina quando sei a duecento metri dall’anima viva più vicina quando sanno benissimo che c’è ancora personale sanitario che si fa più turni con la stessa mascherina perché non ha da cambiarla. C’è gente che muore per mancanza di mascherine e ci si va a porre il quesito se il vento potrebbe trasportare il virus all’aperto a distanze inimmaginabili rendendo sensato l’uso della mascherina anche in luoghi deserti. Chi sostiene questi dibattiti non può essere certamente criticato perché se poi si scopre che il virus è fluttuato nell’aria chi sa in che modo e chissà per quanti metri allora tale scoperta giustificherà anche un uso maniaco compulsivo della mascherina. Non conta che nei luoghi dove c’è una carica virale pazzesca e non c’è nemmeno bisogno di misurarla ci siano le mascherine contate e il personale sanitario sia costretto a riciclarle in modo pericoloso. Per cui chi usa la mascherina nella strada deserta è un bravo cittadino previdente, non è uno che l’ha sottratta a chi ne aveva realmente bisogno.
La memoria è corta e la gente non si ricorda che le mascherine in Cina venivano usate già ben prima dell’apparizione del corona virus. Esisteva un problema che molti hanno continuato ad ignorare e che si chiama inquinamento che aveva affrontato in modo professionale una ragazzina di 16 anni svedese. Demonizzata da mezzo mondo per aver focalizzato l’attenzione su questo problema lei aveva già rilevato un problema di mascherine. Ma lei non sosteneva di dover dotare la popolazione di tutto il pianeta di mascherina come stanno già facendo i cinesi, al contrario in modo del tutto irresponsabile, sosteneva che era opportuno trovare le strategie per poter circolare liberamente per strada senza mascherina. Folle utopista non al passo con i tempi.
Salto di palo in frasca ed è meglio che lo faccia per non essere troppo polemico su questioni che forse hanno solo l’obiettivo di intrattenere la gente in questi lunghi momenti di paranoia più che di sollevare vere questioni scientifiche. Ritento di far ridere pensando ai podisti e lì bisogna riuscire a far ridere perché tutto sommato i podisti godono mediamente di ottima salute e pertanto dovrebbero essere allegri e refrattari alla depressione. Invece adesso sono i più incazzati di tutti e molti di loro sono lì a pensare che se magari cominciano a fumare hanno la scusa per uscire dalla porta di casa invece di stare lì a fare i giri di corsa intorno alla tavola.
Di podisti ne abbiamo visti una infinità in giro appena sono venute fuori le prime norme restrittive ma non era ben chiaro che c’erano limitazioni anche per loro. Ce n’erano tantissimi per tanti motivi. Primo che molti sportivi erano già stati bloccati nelle loro attività ed essendo la corsa la base di molte attività fisiche si erano trasformati in podisti i calciatori, i giocatori di basket, i pallavolisti, i cultori delle arti marziali e chi più ne ha più ne metta. Poi perché tanta gente che ha sempre voluto fare attività fisica ma non ne aveva tempo improvvisamente si è trovata con una montagna di tempo libero a disposizione in quanto bloccata nella professione. Poi perché, le strade cittadine fino a pochi giorni prima infernali, inaccessibili e luogo proibitivo per i podisti, improvvisamente diventavano gradevoli, meno pericolose pure con un’ aria più salubre. Insomma le prime misure sembravano decretare il paradiso del podista. Il monito sembrava “smettetela di lavorare, diventate tutti podisti…”.
Allora i podisti sono un po’ tonti perché dovevano capirlo che se si facevano vedere troppo creavano un problema, Inutile che ci diciamo balle io dovrei difendere la categoria ma la posso difendere solo nei casi nei quali è realmente difendibile. Nei primi servizi televisivi sul corona virus (e daje con la televisione devastante…) si vedevano solo ambulanze e podisti e il contrasto era pure un po’ stridente nel senso che anche se non si notavano podisti che si mettevano davanti alle ambulanze (non mi risulta e spero proprio che non sia accaduto) c’era proprio questa sensazione di contrasto fra l’operatore sanitario affannato in piena emergenza che avrebbe assolutamente bisogno di altri colleghi e del podista annoiato, tranquillo fin troppo rilassato che non sapendo che cacchio fare si fa una corsa più lunga del solito. Proprio un mondo a due velocità dove, per ironia della sorte, la velocità vera non è quella di chi sta “correndo” ma quella di chi sta lavorando.
Lo stop ai podisti è arrivato quasi prevedibile con queste premesse nonostante che garantire un buon equilibrio psico fisico di tutta la popolazione sia una cosa molto importante in questi giorni. E allora sono arrivate le battutine sui podisti fra le quali segnalo due fra le più divertenti. La prima, quando è stato reso ufficiale il rinvio delle Olimpiadi al prossimo anno. Commento: “Peccato con tutti ‘sti podisti che ci avevamo quest’anno i keniani ci facevano un baffo…” e poi un cartello di un sindaco di un paesino della Lombardia che probabilmente ha avuto qualche problema a bloccare i podisti e davanti al parco chiuso ha messo questa scritta: “Giuro che se quando riapro il parco non correte vi corro dietro a calci nel sedere…”.
Il vero problema dei podisti è che non ci stanno a correre nel parco e quando il corona virus sarà stato debellato, e in qualche modo prima o poi ce la faremo, vorranno ancora correre in città. Perché con la mascherina noi una vera confidenza non la prenderemo proprio mai, né con il corona virus, dove un oculato uso della mascherina è addirittura doveroso oltre che dettato dal buon senso, e tanto meno con l’inquinamento perché tutti abbiamo capito come la battaglia contro l’inquinamento non sia solo una folle utopia ma una battaglia per la salute possibile e urgente, quasi come quella contro la televisione, pardon, volevo scrivere quella contro il corona virus.