SENSAZIONI E TECNICA DI CORSA

Fra le sensazioni e la tecnica di corsa, a mio parere, vince… il tipo di corsa che produce meno infortuni.

Mi spiego: a volte per tecnica di corsa abbiamo un concetto un po’ nebuloso e soggettivo che si rifà ad un modello di corsa elegante più che funzionale, per quanto riguarda le sensazioni invece queste sono un po’ più oggettive perché sono quelle che ci racconta il nostro atleta senza “intermediari” (con riguardo alla tecnica di corsa “l’intermediario” è proprio colui che la osserva e pertanto siamo noi, perché a meno che non continuiamo a riprendere con filmati, l’atleta non si autogiudica). Quando c’è concordanza fra sensazioni dell’atleta e giudizio del tecnico sulla corsa teoricamente dovremmo essere in una situazione ideale che non presenta problemi, quando invece c’è discordanza fra queste due dovremmo pensarci un po’ su.

Ho scritto che la corsa più apprezzabile è quella che porta a meno infortuni non a caso. Una corsa che non da adito ad infortuni è certamente una corsa abbastanza funzionale e, anche se non è garantito che sia la migliore che quell’atleta può produrre, siamo comunque certi che è un tipo di corsa interessante che ci può permettere di proseguire la preparazione senza problemi e pertanto può portare ad un miglioramento dei risultati piuttosto significativo.

Tornando all’eventuale disputa fra tecnica e sensazioni si possono analizzare le varie situazioni. Abbiamo premesso che l’ideale è una concordanza di giudizi su queste due e se sia tecnico che atleta sono d’accordo che quella è la miglior corsa sia dal punto di vista visivo che dal punto di vista delle sensazioni o entrambi ci capiscono un po’ poco di corsa oppure siamo effettivamente in presenza di una corsa accettabile. Il sigillo sulla buona qualità di queste dovrebbe appunto pervenire dall’altra obiezione che ho sollevato io: che non produca infortuni appunto.

Se al contrario l’atleta non ha buone sensazioni ed il tecnico vede qualcosa che non quadra c’è quasi sicuramente qualcosa da sistemare, probabilmente anche se non si verificano infortuni nel breve e nel medio periodo. In questo caso bisogna capire se c’è concordanza di vedute perché se, per esempio, l’atleta sente le braccia che non si muovono in modo corretto ed il tecnico, al contrario, vede qualche anomalia nell’azione degli arti inferiori, è possibile che più che lo stesso problema che da due effetti diversi siano proprio due problemi diversi ed allora mentre l’atleta si lamenta di un certo problema il tecnico ne ha evidenziato un altro che non c’entra proprio nulla. In questa situazione io partirei proprio da quanto rileva l’atleta per vedere se si può porre rimedio a quel problema per poi passare a quello rilevato dal tecnico se questo non si riduce una volta sistemato il primo inconveniente. Chiaramente quando fra due problemi ce n’è uno che non si riesce a sistemare si può passare anche a valutare l’opportunità di intervenire su quello osservato dal tecnico se su quello percepito dall’allievo proprio non si riesce ad agire. Però se in questo caso una volta trovato rimedio all’inconveniente rilevato dal tecnico non si ha alcun beneficio su quello riscontrato dall’allievo bisogna ammettere che si è ancora quasi al punto di partenza. Il cronometro a volte può esserci un po’ d’aiuto in queste situazioni ma non sempre. Forse può essere un aiuto psicologico più che altro nel senso che se viene sistemata una certa cosa e l’atleta non sente proprio nulla se questa cosa porta ad interessanti riscontri cronometrici ciò può essere decisivo per convincere l’atleta a metabolizzarla nella sua tecnica di corsa. Al contrario quando la novità da esiti positivi a livello di sensazioni, anche se il cronometro tace e non da riscontri positivi di alcun tipo, quella buona sensazione può essere più che sufficiente per dare informazioni di corsa all’atleta e convincerlo a correre in un modo piuttosto che in un altro. Attenzione che io uso il “piuttosto” come ce l’avevano insegnato i buoni maestri a scuola e non come si usa fare con neologismi discutibili al giorno d’oggi. Il “piuttosto” è un avversativo e non una congiunzione, pertanto quando dico “piuttosto” dico che l’atleta sceglierà di correre solo nel modo che da migliori sensazioni e non “anche” in quello perché il modo che da migliori sensazioni è certamente preferito e più gradevole.

Pertanto, riassumendo: quando c’è concordanza di vedute e sensazioni fra tecnico e allievo si perseguirà una certa strada e se è quella sbagliata, pazienza, vuol dire che la strana coppia forse non è tanto vincente oppure lo diventerà in un momento successivo, quando ci si rende conto degli abbagli presi. Quando c’è discordanza di vedute, a mio parere, bisogna sempre partire da ciò che dice l’allievo e poi valutare se quanto nota il tecnico può essere d’aiuto nel dirimere la questione. Fra cronometro ed in infortuni ovviamente gli infortuni contano molto più del cronometro e sono quelli decisivi a dirci se è opportuno che l’atleta possa correre in un certo modo o se è proprio il caso che intervenga sulla tecnica di corsa.

Stando su questo tema è possibile che pur in presenza di riscontri cronometrici significativi ci sia una maggior esposizione ad un certo tipo di infortuni e questo è indubbiamente un problema serio, difficile che in presenza di una corsa che riduce la frequenza degli infortuni ci sia uno scadimento dei riscontri cronometrici e, se ciò avviene, eventualmente è per un periodo di tempo abbastanza breve. In questo senso dico che la capacità di prevenire gli infortuni è molto importante e decisiva per promuovere un certo tipo di corsa. Sulla prima eventualità c’è da precisare che effettivamente una modificazione della tecnica di corsa che porta ad un miglioramento dei riscontri cronometrici è proprio possibile che possa anche predisporre maggiormente ad un certo tipo di infortuni. Il perché è presto detto: se i riscontri cronometrici migliorano vuol dire che si affrontano qualità di corsa superiori. La qualità di corsa si sa che purtroppo è direttamente proporzionale alla frequenza degli infortuni. Una elevata qualità di corsa favorisce l’insorgenza degli infortuni, anche se si potrebbe credere il contrario, perché aumentano le tensioni muscolari. Una buona qualità di corsa è quella che mette sotto stress tutta la baracca, anche se l’atleta non sente fatica, anzi proprio per quello. E’ come un auto che fila via veloce e confortevole che è un piacere ma se per qualche motivo perde aderenza e va a sbattere si nota eccome che andava veloce. L’atleta che fila via liscio fluido, con grande qualità di corsa ma va via veloce, anche se non fa fatica apparente in realtà sta stressando il suo sistema muscolo scheletrico molto di più di quello che fa una gran fatica ma produce qualità di corsa basse.

Di questa cosa dobbiamo sempre rendercene conto ed è per quello che ogni intervento sulla tecnica di corsa, anche se talvolta molto utile, deve essere valutato sempre con estrema prudenza. Cambiare tecnica di corsa è un po’ come cambiare materasso. Il secondo, anche se è meglio del primo, dopo un po’ ti fa venire mal di schiena per il semplice motivo che devi adattarti alla nuova situazione. Nel caso della corsa magari si trattasse solo di mal di schiena come avviene col materasso, succede proprio di tutto ed a volte in modo al quale non ci si riesce a porre rimedio costringendo l’atleta a tornare a come correva prima. Pertanto prima di dichiarare vincente una certa modificazione dell’assetto di corsa bisogna essere proprio cauti ed attenti. Il sigillo sulla qualità di quella variazione è proprio dato dalla frequenza degli infortuni che non dovranno certamente aumentare, altrimenti… si torna al vecchio materasso.