Premetto che non ce l’ho assolutamente con i sedentari, li ritengo delle vittime e tale titolo potrebbe sembrare offensivo nei loro confronti. In tale articolo invece voglio essere ipercritico nei confronti della mia categoria perché temo che la sedentarietà sia una questione che oscilla fra pigrizia ed ignoranza della mia categoria, in breve se esiste una sedentarietà ancora molto diffusa fra la popolazione e talvolta anche patologica ritengo che la colpa di tale diffusione non sia di chi subisce direttamente questa sedentarietà bensì di chi non trova gli strumenti per sconfiggerla pur essendo un esperto del settore.
E’ l’immagine dell’attività fisica che va rivista e riproposta perché quella che passa adesso non riesce a convincere molta gente.
All’attività fisica è ancora troppo associato il concetto di fatica quando la fatica maggiore la fa proprio chi non fa attività fisica. Siamo fatti per muoverci, non per stare fermi e facciamo molta più fatica a stare fermi che non a muoverci. Ne volete la prova? Costringetevi a stare assolutamente fermi per diverse ore, forse non ci riuscirete nemmeno se state dormendo e se non state dormendo sarà una vera e propria tortura. Ma allora se il movimento è molto più naturale ed istintivo della sedentarietà perché molti scelgono questa anche se non in modo assoluto (senza sottoporsi a nessuna coercizione all’inattività assoluta) rifiutando un qualsiasi accidenti di movimento sistematico e continuativo? Molto probabilmente per paura della fatica e per un’ignoranza che non è casuale ma derivata da insegnamenti scorretti. Alla fine la pigrizia c’entra anche abbastanza poco e semmai è ravvisabile nell’atteggiamento degli esperti del movimento che fanno fatica a discostarsi dalle loro teorie consolidate per approdare ad altre che possano avere un po’ più efficacia per combattere la sedentarietà.
Agli esperti del movimento mancano gli strumenti per scardinare la sedentarietà diffusa e tante volte invece che rivolgersi ai sedentari che hanno bisogno di trovare nuove vie di accostamento al movimento ci si rivolge a chi già si muove abbastanza formulando nuove allettanti proposte di movimento che possono creare business e coinvolgere facilmente chi “consuma” movimento di tutti i tipi. Insomma è come se in qualche settore commerciale ci si rivolgesse esclusivamente agli accaniti consumatori di un certo prodotto invece che tentare di aumentare la quota di mercato.
In effetti i privati non possono farsi carico di un problema sociale e devono pensare anzitutto a sopravvivere, inevitabile che una buona enoteca pensi soprattutto agli appassionati di vino più che a chi il vino lo detesta. Ma la buona enoteca non ha alcun problema sociale da risolvere se non, semmai, quello di educare ad un consumo intelligente del vino mentre chi “vende” attività motoria è comunque immerso in un problema sociale piuttosto grave, urgente e molto diffuso. Accusare i privati è comunque un ottimo sistema per far finta di non vedere dove sta veramente il problema. Il problema è un problema pubblico perché la sedentarietà costa allo Stato decine di miliardi l’anno. Non è solo un problema di scarsa qualità della vita è proprio anche un problema economico al quale non si vuole tentare di porre rimedio e, probabilmente per ignoranza, non si riesce nemmeno a tentare di risolvere.
Anche qui una potenziale disputa fra pigrizia ed ignoranza. E’ per pigrizia o per ignoranza che i nostri amministratori non affrontano il problema sedentarietà con un piano organico e ben articolato? Io continuo a sostenere per ignoranza, nel senso che sanno a chi rivolgersi per calcolare i danni economici causati da questo flagello ma poi, una volta determinati con sufficiente attendibilità quelli non sanno a chi rivolgersi per tentare di porre rimedio al problema. E’ un problema pseudo sanitario perché coinvolge certamente il sistema sanitario nel senso che è proprio quello che va a danneggiare sovraccaricandolo con costi che una popolazione sana non dovrebbe costringere ad affrontare ma non è un problema solo sanitario perché non può essere risolto da chi lavora nel settore sanitario. E qui casca l’asino, o meglio casca l’amministratore ignorante, non lungimirante e legato agli schemi arcaici di distribuzione dell’attività motoria.
Offriamo l’attività motoria ai cittadini con lo stesso stile di cinquant’anni fa ma rispetto a mezzo secolo fa le condizioni di vita sono cambiate completamente. Gli spostamenti in auto sono aumentati in modo impensabile, le strade sono dense di auto in modo indecente, le strade per i pedoni ed i ciclisti praticamente non esistono più e se esistono sono immerse dentro a quelle ben più importanti per auto e camion. I quartieri periferici dove i ragazzini giocavano tranquillamente sotto casa tutti i giorni sono solo un lontano ricordo e una canzone di Celentano (il ragazzo della via Gluck) ci ricorda che il problema non è nato oggi ma già più di mezzo secolo fa. Ecco, allora se il problema ha già più di mezzo secolo perché non si è ancora cominciato ad affrontarlo in modo concreto? Forse è per lo stesso motivo per cui un altro problema ancor più vecchio, quello del fumo, non è ancora stato risolto e ancora nel terzo millennio ci sono addirittura medici che insistono a fumare in modo sistematico. E’ documentato con chiarezza che il fumo fa male alla salute, così come è noto a tutti che la sedentarietà ha un suo risvolto patologico di grande importanza.
A volte, quando insisto sul valore dell’attività fisica per aumentare il livello medio di salute della popolazione mi prendo del fascista che inneggia al miglioramento della razza. Allora, se la questione è messa in questi termini, mi devo ritenere fascista. Non me ne frega nulla di che razza sia il cittadino che abita dentro ad un certo territorio ma se questo territorio è socialmente evoluto deve avere una grande attenzione all’attività fisica come strumento di miglioramento dell’efficienza della popolazione. E’ chiaro che non si può imporre l’attività fisica con metodi coercitivi ma si devono studiare tutte le strategie possibili per rendere appetibile, divertente e fattibile l’approccio al movimento. Siamo pilotati in tutti i modi verso altre scelte, non ci sarebbe nulla di male se fossimo pilotati magari in modo non nascosto ma trasparente e chiaro verso un incremento diffuso dell’attività fisica per stare tutti meglio. Questo stare tutti meglio ha la finalità di renderci anche meno “costosi” per lo Stato che ci deve sostenere. Non è che dobbiamo essere cittadini più efficienti per essere spediti al fronte o per riuscire ad aumentare la produzione, dobbiamo essere semplicemente più sani per costare meno allo Stato e poter permettere che vengano spesi i soldi pubblici in modo più razionale. Il miglioramento della qualità della vita è un obiettivo fine a sé stesso e poi ha ricadute positive anche sulla collettività.
Appare chiaro a questo punto che una volta chiarita l’essenzialità di mettersi davvero a pensare in modo concreto ad una vera diffusione dell’attività motoria per tutti si capisce che la pigrizia c’entra ben poco perché nessuno ha la follia di arrendersi ad un vago concetto di pigrizia per abbandonare il proposito di migliorare la qualità della vita dell’intera popolazione.
In tema di attività motoria purtroppo siamo tutti profondamente ignoranti ed i più responsabili di questa situazione, inutile nasconderlo, siamo proprio noi che teoricamente dovremmo insegnare agli altri come comportarsi. Forse il nostro torto maggiore è di non ascoltare e non riuscire ad imparare dai nostri allievi. Restiamo un po’ troppo in cattedra e vogliamo dettare le regole del gioco che purtroppo non è più solo un giuoco ed è diventata una cosa terribilmente seria. Chiaramente la colpa non è solo nostra e se fossimo stati responsabilizzati un po’ di più avremmo potuto contribuire a creare un’ altra immagine dell’attività motoria che poco si confonda con quella suggerita dai privati. Si è lasciato gestire agli esperti di attività motoria l’orticello del movimento in modo privatistico dando carta bianca e fregandosene se buona parte della popolazione non veniva raggiunta da alcun tipo di proposta educativa al movimento. C’è un concorso di colpa fra tecnici del movimento ed amministratori ed è il caso di aprire gli occhi. Se non ci arrivano gli amministratori che purtroppo non hanno le nozioni tecniche per arrivarci almeno dovremmo arrivarci noi a capire che non possiamo agire solo nelle strutture private perché queste non hanno i mezzi per fare un lavoro capillare. L’attività fisica può e deve essere divertente ma non è solo un gioco, se ci fermiamo a quel concetto ci perdiamo in una superficialità imperdonabile. Per ignoranza, non per pigrizia.