RUSSIA, AMERICA E MODELLO SPORTIVO

Il modello sportivo attuale non è che sia molto attuale nel senso che ha basi nella rapida evoluzione avvenuta fra gli anni ’60 e gli anni ’70 in seguito alle politiche della guerra fredda. E’ un modello sportivo che risponde essenzialmente ad esigenze del sistema della televisione e, messo a punto dal blocco sovietico è stato via via perfezionato nei decenni successivi dal blocco occidentale, Stati Uniti in testa, con la collaborazione di tutti gli altri paesi filo americani e con la successiva adesione, in tempi nemmeno troppo recenti, della Cina, ultima arrivata.

Se vogliamo è la diretta emanazione della filosofia del sistema capitalista. Mentre l’aspetto tecnico si è evoluto grazie agli studi del blocco sovietico, quello economico è stato perfezionato dalle dinamiche del sistema capitalista. Insomma si può proprio dire che mentre la guerra fredda ha prodotto tensioni non proprio gradevoli che, controllate in qualche modo, si sono manifestate nuovamente dimostrando che la guerra fredda in realtà non è mai finita davvero nemmeno con la fine dell’Unione Sovietica, per quanto riguarda il sistema sportivo pare che la collaborazione-non collaborazione (collaborazione casuale si potrebbe dire, non ricercata in un primo momento) abbia prodotto un qualcosa di duraturo, inattaccabile e che sopravvive anche ai fasti e nefasti della guerra fredda, in modo più clamoroso e soprattutto più accettato di questa.

Non mi occupo di guerra fredda ma mi domando semplicemente perché, se questa riaffiora e quando riemergono certe tensioni non ci si mette troppa buona volontà per sistemarle pacificamente, invece, trattando di sistema sportivo, la Russia sopravvissuta al crollo dell’Unione Sovietica accetta di farsi trattare a pesci in faccia senza tentare di fare chiarezza su quella che è la vera storia del sistema sportivo attuale. In breve, le sanzioni tipo quella di non comprare il gas russo vengono viste come un affronto insostenibile mentre la panzana furibonda di non accettare alle competizioni gli atleti russi per funamboliche questioni di doping o accettarli solo sotto altra bandiera viene vista come condizione ineluttabile di un sistema sportivo che non è proprio del tutto perfetto.

Insomma mi pare strano che dal punto di vista sportivo non ci sia stata nessuna spinta verso chiarimenti che erano opportuni per tutti.

Forse la motivazione di questo atteggiamento accettato da tutti risiede in cause molto semplici: questo tipo di sistema sportivo è quello che meglio soddisfa l’economia di mercato ed è quello che fa più comodo a tutti gli stati, pure alla Cina che ormai è il più capitalista degli stati del mondo alla faccia di un comunismo di facciata che è clamorosamente falso.

Non è il caso di aggiungere guerre alle guerre ma sarebbe bello che il sistema sportivo avesse una sua autonomia politica e avesse il coraggio di ammettere che in questa situazione non ci sono stati di serie A e stati di serie B. L’attuale modello sportivo, decisamente perfettibile, è stato messo a punto tecnicamente dall’Unione Sovietica (non dalla Russia, dall’Unione Sovietica oltre mezzo secolo fa) ed accettato di buon grado da tutti gli altri stati del mondo che, al crollo dell’Unione Sovietica, ne hanno proseguito gli indirizzi supportandolo economicamente. Questo sistema ha prodotto una ricchezza incalcolabile ma ha indubbiamente delle falle (una clamorosa l’eccesso di medicalizzazione dello sport di alto livello nei primi anni appannaggio solo dei paesi del blocco sovietico, dove operavano i medici a servizio del regime, ma successivamente liberalizzata di fatto e appoggiata da tutti con un’estensione di tale approccio a tutti gli altri paesi del mondo) se invece di incolpare la Russia attuale di colpe che non ha (non è certamente il paese che dopa di più gli atleti, non lo è più da ormai almeno 30 anni..) ci si sedesse attorno ad un tavolo per rifondare lo sport e per migliorarlo ulteriormente. forse tale collaborazione potrebbe avere un certo significato anche a livello politico.

Si può agire in modo adulto e responsabile in tutti gli ambiti oppure da bambini capricciosi che si fanno i dispetti. La guerra è indubbiamente un sistema per sorreggere un certo tipo di economia in crisi che si fonda sull’equilibrio delle armi, lo sport altamente medicalizzato è quello che soddisfa di più alle esigenze di spettacolarizzazione dell’economia di mercato. Se l’economia comanda su tutto c’è poco da sperare in evoluzioni utili per tutti, perché le scelte saranno inevitabilmente quelle operate da chi controlla il mercato, se invece prevale il buon senso si può sperare in nuovi scenari dove, per esempio, lo sport per tutti si impone sullo sport televisivo e allora si lasciano perdere ridicole pantomime su una presunta lotta al doping che è assolutamente finta ed ipocrita.

Uno sport più autentico, migliore e diffuso davvero su tutta la popolazione probabilmente potrebbe aiutare l’intera società ad evolversi e chissà che un concetto folle quale quello della “guerra giusta”, assurdamente propagandato dalle televisioni di entrambe le parti, non possa essere sgretolato da una visione più razionale del mondo che anche lo sport (quello “praticato” e non quello visto per televisione…) può aiutare a costruire.