E’ strano questo titolo dove addirittura scrivo “versus” invece dell’italiano “contro”.
“Versus” perché da più il senso dell’agonismo e quindi dell’assurdità di uno scontro che non deve essere uno scontro perché salute e rendimento devono andare di pari passo.
Guardate che non sto scrivendo di sport di alto livello dove qualcuno già potrebbe mormorare “Ah, se guardi troppo alla salute non vai da nessuna parte…”. Non sto nemmeno scrivendo di sport che per conto mio fa solo che bene alla salute e la migliora contemporaneamente al rendimento. No, sto tragicamente scrivendo di scuola e questo titolo scaturisce dall’osservazione che, secondo alcuni, nel mio articolo intitolato “Bullismo” avrei oltrepassato il segno tacciando addirittura di bullismo alcuni insegnanti. Non sono arrivato a tanto ma non ho certamente perso l’occasione per criticare nuovamente la scuola italiana che presenta delle lacune insostenibili.
La scuola italiana soffre di una malattia tendente al cronico che sfugge a tutte le riforme ed anzi pare venga potenziata da queste: la “programmite”. Pare che gli insegnanti siano stipendiati per svolgere i programmi ministeriali. Se è così io penso che potrebbero anche essere sostituiti da dei computer. Forse sono un nostalgico e non sono al passo con i tempi ma sono uno di quei personaggi pericolosi che pensa che la scuola deva educare e pertanto fare un’azione che nessun computer è in grado di fare. Fare un qualcosa che nessun libro è in grado di spiegarti perché se non ci metti del tuo e non lo applichi all’allievo che hai di fronte non potrà mai funzionare.
Forse ho un concetto troppo alto della figura dell’insegnante ed è per questo che critico la scuola. Dovrei rassegnarmi al concetto moderno che la scuola è uno strumento di informazione, passa dei contenuti poi se l’allievo vuole assimilare questi contenuti ed elaborarli sono affari suoi altrimenti è sufficiente che dimostri di averli memorizzati (nella memoria a breve termine, sia ben chiaro) e di più a questo rapporto non è chiesto.
Ed allora il “rendimento” non è più l’evoluzione di un processo educativo che è sempre nuovo e sempre imprevedibile bensì l’ottimizzazione del trasferimento di un gran numero di informazioni secondo un sistema a “premio” che gratifica chi immagazzina il maggior numero di informazioni. Se vogliamo, se passa questo concetto, l’unica capacità stimolata è quella di trattenere informazioni… per lo stretto tempo necessario a superare i vari esami scolastici.
Questo concetto di rendimento per conto mio è già in antitesi con il mio concetto di salute, perché se esiste un concetto di salute fisica che è importantissimo rispettare soprattutto nell’età dello sviluppo esiste anche un concetto di salute “mentale” che è altrettanto importante considerare a tutte le età.
Un ragazzo stressato dal punto di vista mentale, oltre che fisico, da una scuola che richiede grandi prestazioni di concentrazione per immagazzinare più informazioni possibile è comunque un ragazzo che rischia di patire dei grandi stress psicologici che possono avere ripercussioni anche sulla formazione del carattere.
Nel mio articolo, indubbiamente dalle tinte un po’ forti, sul bullismo ho accusato la scuola italiana di vendere illusioni a caro prezzo. Questa accusa va tradotta per non essere fraintesa. Le illusioni a mio parere sono legate al fatto che aleggia l’idea che chi si impegna a fondo a scuola e riesce ad ottenere il massimo dei voti potrà ambire a collocazioni professionali gratificanti nel futuro. Purtroppo non è così, lo sappiamo benissimo ed il ragazzo che è molto appassionato nello studio fa certamente bene ad impegnarsi anche per ottenere ottimi voti ma vuol dire imbrogliarlo stabilire una correlazione diretta fra la il valore dei voti e le possibilità di successo nel mondo del lavoro.
Purtroppo quel grande impegno profuso nel raggiungimento dei migliori voti a volte costa un po’ caro nel senso che implica dei sacrifici che non si sa quanto siano utili per l’equilibrio psico fisico del ragazzo.
E qui vengo a bomba sul mio campo smentendo ancora una volta l’ipotesi che io tratti di tutto tranne che di attività fisica. E’ proprio l’attività fisica a risentirne nel modo più grave dall’applicazione esasperata per ottenere questo tipo di “miglior rendimento scolastico”.
Tradotto il mio “illusioni a caro prezzo” voleva semplicemente affermare una volta in più che c’è un pericoloso squilibrio fra le ore passate sui banchi di scuola e quelle passate sui campi sportivi nella gioventù italiana e se questo equilibrio deva essere gestito interamente dalla scuola come nel modello americano o solo salvaguardato dalla scuola come avviene nel nostro sistema che delega, essenzialmente, la maggior parte dell’attività fisica ad altre agenzie educative, quello è il problema minore, l’importante è che questo non diventi uno squilibrio patologico alimentato da falsi miti quale quello che “per fare successo bisogna fare sacrifici e dunque bisogna saper anche rinunciare all’attività sportiva.”.
Questo modo di pensare ha prodotto autentici disastri anche sull’altro fronte e così abbiamo ragazzi che per garantirsi un futuro con l’attività sportiva hanno deciso di rinunciare agli studi troppo presto. Le esagerazioni non vanno bene né in un senso né nell’altro. I sacrifici troppo “sacrifici” un ragazzo non deve farli ne se è italiano per garantirsi in futuro un posto di lavoro che è sempre più difficile da trovare, ne se è cinese e come tale investito della responsabilità di essere uno degli operai che produce a più basso costo dell’intero pianeta e manco se è keniano ed in virtù delle sua grandi abilità sportive si sente obbligato ad impegnarsi a fondo nello sport per mantenere la sua tribù fino all’ottava generazione e quindi autorizzato a mollare gli studi anzitempo per allenarsi come un ossesso.
Non è rendimento “versus” salute ma rendimento “per” la salute. E dunque si studia per agevolare il processo educativo e si pratica attività motoria per ossigenare il cervello.
E’ chiaro che il rapporto fra attività fisica e studio deve essere equilibrato e se la nostra scuola è malata di programmite vuol dire che i programmi devono essere rivisti. Se la scuola riesce a farsi carico anche dell’attività fisica tanto meglio così c’è anche una garanzia di equa diffusione per tutti, se non ci riesce almeno deve lasciare spazio alle famiglie e agli studenti per organizzare un’ attività fisica che anche per la struttura urbana dei nostri centri è sempre più difficile da gestire.
Sembra una bestemmia ma maestri e professori devono iniziare ad occuparsi meno del rendimento scolastico dei loro allievi (e così guariranno dalla “programmite” che affligge più gli insegnanti degli studenti) ed un po’ più della loro salute.
Perché anche il fenomeno dl bullismo potrà trarne giovamento da questo atteggiamento è difficile spiegarlo ma non è impossibile sperare che una società più sana, meno stressata, meno competitiva possa anche essere più impermeabile nei confronti di atteggiamenti psicologici deviati quali il famoso bullismo. Dunque gli insegnanti non sono certamente dei bulli, sono solo vittime di un’istituzione che per quanto provi a riformarsi resta sempre ingabbiata in modelli arcaici. Almeno con riferimento alla gestione dell’attività fisica.