“Quant’è la quota ideale di attività fisica da svolgere in palestra rispetto al totale?”

Questa è una domanda un po’ particolare alla quale provo a rispondere ma devo premettere che non tutti i miei colleghi rispondono nello stesso modo (e chi l’aveva sospettato…) a tale quesito ed io sono proprio schierato con un fronte un po’ particolare dei miei colleghi in proposito.

Io sostengo che l’attività svolta in palestra deva essere di una certa qualità per poter consentire di fare più preparazione possibile all’aperto. A miei allievi di tutte le età che svolgono praticamente tutta la preparazione all’aperto mi sono ritrovato a rispondere in modo poco ortodosso “Se ti senti bene, non hai dolori di alcun tipo e ti pare di non avere squilibri muscolari chi ti obbliga ad andare in palestra? Continua così, squadra che vince non si cambia”.

Opportuno anche precisare che ci sono certi soggetti che hanno proprio la fobia della palestra, una specie di claustrofobia e meno ci mettono piede e più sono contenti. Questi soggetti si sentono un po’ a disagio a volte, perché diciamolo chiaro e tondo, nell’immaginario collettivo chi non fa proprio nulla in palestra viene ritenuto un retrogrado che non ha attenzione del proprio equilibrio muscolare.

Come teorico depositario della scienza del movimento (quella scienza che io ho sempre scritto che per conto mio non esiste perché nel vecchio ISEF ci avevano insegnato che è semplicemente un’arte) io dovei mettere tranquille queste persone e rassicurarle sul fatto che non stanno facendo un’attentato al loro fisico se non frequentano la palestra. Ed in effetti in molti casi faccio proprio così perché sono pure convinto che la tragedia sia quando uno non si muove proprio, non quando non frequenta la palestra.

Allora premesso, tanto per andare sul polemico, che anche a livello scientifico molti autori (non io…) sostengono che la quota “massima” ideale di lavoro in palestra (brutto chiamarlo “lavoro”, io preferisco definirla “attività” e questa apparentemente insulsa precisazione forse è quella che motiva realmente tutte le mie convinzioni in proposito) dovrebbe corrispondere a non più di un terzo dell’intero carico di preparazione, anche per gli atleti evoluti, più che mettere il dito nella piaga di questa affermazione che dovrebbe far riflettere molti “palestromani”, vorrei spostare l’attenzione sull’altro aspetto del quesito e quindi quanto deva essere il carico “minimo” e non quello massimo di palestra in una preparazione fisica razionale che abbia delle buone possibilità di essere realmente efficace.

Ebbene qui rispondo io e dei vari autori, del punto di vista scientifico me ne strafrego. La folle libertà di Internet, senza offendere nessuno, mi permette di scrivere quello che voglio e vi dico, papale papale, che per conto mio anche un 10% di attività in palestra (che a quel punto si può tranquillamente fare a casa…) in certe situazioni può essere più che sufficiente per allestire un programma di preparazione fisica soddisfacente. Mi immagino già la maggior parte dei colleghi a fare un “Buuu…” corale ed a lanciare ortaggi al mio indirizzo per essermi permesso il lusso di fare una dichiarazione del genere. Il fatto è che una buona parte di essi lavorano proprio sistematicamente in palestra e se passa questo concetto non sono molto contenti. Allora a chi vuole sostenere certe posizioni perché crede fermamente nel lavoro di palestra (e non sono certamente a dire che non sia importante) faccio notare che una certa battaglia per sostenere l’importanza di questo lavoro non deve essere condotta contro chi sostiene che non ne sia necessario molto per tenere un buon livello di salute bensì contro chi in questi ultimi 20-30 anni l’ha letteralmente sputtanato, deriso e degradato permettendo che una serie di tristissime macchine abbiano sostituito il lavoro del tecnico. Gli imprenditori si sono arricchiti alle spalle della qualità dell’arte (e continuo a chiamarla arte e non scienza). Se ci può essere un conflitto fra arte e scienza affermo polemicamente che degli imprenditori scriteriati e senza scrupoli hanno studiato come far soldi a palate in modo scientifico sputtanando l’arte del movimento.

Pertanto una saggia e sacrosanta lotta di categoria potrebbe essere sulla riconquista degli spazi palestra nei confronti delle macchine. Dalle macchine non c’è proprio nulla da imparare, le macchine si sono piazzate benissimo sul mercato perché fanno la fortuna degli imprenditori ma non hanno contribuito al progresso dell’arte, al contrario l’hanno declassata. Chiaro che una macchina costa meno di un tecnico affermato e allora se il punto di vista è quello del gestore della palestra, che molte volte non è nemmeno un esperto del movimento ma solo uno che ci mette i capitali, è più facile illudere il cliente con una grande quantità di macchine in una piazza d’armi scintillante, magari con istruttori di primo pelo che lavorano per quattro palanche, che non andare in cerca dell’istruttore qualificato che non mi riempie la palestra perché dopo pochi consigli ben piazzati mi libera l’allievo al suo destino.

Ed è questo il punto. Il tecnico preparato sa far funzionare l’attività di palestra come Dio comanda e pertanto non ti fa perdere tempo in palestra, perché tutto quello che ti dice è estremamente utile e consente di razionalizzare il tempo dedicato alle esercitazioni di palestra. E’ così preparato che molte volte ti mette in grado di fare a casa ciò di cui ha bisogno, ti fa risparmiare un sacco di soldi ed instaura con l’allievo un autentico rapporto di fiducia. Un tecnico così, se ha passione per il danaro, può pure fare soldi a palate perché a quel punto la tariffa la stabilisce lui, altro che macchina da palestra e gli allievi continuano a consultarlo perché sanno che, per quanto caro sia, alla fine spendono meno che non a frequentare la palestra in modo improduttivo ed irrazionale.

Pertanto il concetto evoluto è “qualificare l’attività di palestra per fare in modo che l’allievo possa stare il più possibile all’aperto”. La palestra non è un ricovero attrezzi, un parcheggio per le macchine ma una specie di ambulatorio dove un tecnico qualificato ti mette a punto, ti studia e ti da tutte le indicazioni del caso per funzionare meglio possibile, operazione che purtroppo molti miei colleghi sono sempre più a disagio nell’affrontare perché troppo impegnati a fare i custodi di un parco macchine che a volte può fare invidia ad un salone di auto di lusso.

Tornando alla quota “ideale” di attività fisica da fare in palestra è chiaro che questa è soggettiva, è chiaro che questa dipende dal tipo di attività fisica che svolge il soggetto ed è chiaro come l’atleta che si allena molto a volte possa avere bisogno anche di passare lunghe ore in palestra per riassestare o prevenire squilibri muscolari che sono tipici delle preparazioni sportive un po’ esasperate. Con questo tipo di atleti non è che si possano fare miracoli e del resto non è comprando la macchina all’ultimo grido che abbiamo la possibilità di sistemarli prima. L’entusiasmo dell’elettromedicale che ha fatto passi da gigante negli ultimi decenni forse ha un po’ contagiato l’ambiente palestra ma mentre i grossi investimenti sull’elettromedicale in tema di diagnosi e terapia hanno avuto motivazioni sacrosante, possono essere stati giustificati anche da una precisa e concreta motivazione sociale, gli investimenti in macchinari da palestra sono stati travestiti da investimenti con pari dignità rispetto ai precedenti pur non avendone.

Un esempio che faccio troppo spesso è quello delle tristissime cyclette da palestra che infestano tante, troppe palestre sul territorio nazionale. A parte che una buona cyclette si può costruire anche con poco più di cento euro e non ha nessun senso costruire le cyclette di lusso, l’infestazione di cyclette toglie energie ad una battaglia sacrosanta che deve essere condotta dai cittadini per riappropriarsi di spazi vitali nelle proprie città.

Questo sito molto eccentrico e prolisso forse ha l’unica motivazione razionale nel motto che “Si pedala per le vie della propria città e non in palestra” e se anche solo questo concetto passasse delle migliaia di fandonie che scrivo qui sopra sarei già contento di averci speso su un sacco di tempo (senza ritorno economico, anche se siete tutti convinti che i produttori di bici elettriche mi abbiano ricoperto d’oro…) perché questa è una lotta di civiltà e, con un paragone altrettanto eccentrico io affermo che come in Francia si sono inventati il Fronte di Liberazione dei Nani da Giardino (un po’ strani i francesi) in Italia dovremmo inventarci il Fronte di Liberazione dei Ciclisti da Palestra andando nelle palestre a tirare giù quell’infinità di ciclisti che pedalano su una cyclette guardando il cardiofrequenzimetro e intimando loro di andare a pedalare in città su una bicicletta vera e guardando il panorama, non solo per non essere investiti ma anche per vedere cosa c’è che non va e segnalarlo subito alle autorità competenti perché anche questo è senso civico e non chiudersi in palestra fregandosene di ciò che accade fuori.

Per cui lasciamo perdere quanto possa essere la quota ideale di movimento da fare in palestra. Facciamo in modo che il movimento che pratichiamo in palestra sia di alta qualità per dare soddisfazione al nostro insegnante che anche se non diventa ricco vuole essere gratificato nel proprio mestiere e preoccupiamoci di poter fare all’aperto tutto quello che si può fare all’aperto. Tale preoccupazione non deve essere solo di questo momento emergenziale nel quale in palestra non ti lasciano nemmeno mettere piede (ma io sono convinto che gli interventi necessari devano sempre essere consentiti, non la pratica di cyclette in batteria…) ma di sempre perché la salute dipende anche dalla qualità della nostra attività motoria. Un personaggio che cammina poco perché ha degli squilibri muscolari ha l’esigenza di essere messo a posto in tempi brevi per poter camminare. Se quello tarda a sistemarsi e continua a stare in palestra a fare chissà cosa forse riuscirà anche a garantire un certo tipo di entrate ma non è certamente un successo per il professionista che lo segue.

La qualità deve essere garantita per razionalizzare i tempi. L’obiettivo non è risparmiare tempo sull’attività fisica ma proprio il contrario, essere più sani possibile per essere incentivati più possibile a svolgere attività fisica, in palestra quando necessario, fuori non appena il tecnico competente ci ha messo a punto per uscire senza paura.