PROPOSTA PER UNA MODIFICA DELL’USO DELLA BICICLETTA NELLE CITTA’ A SEGUITO EMERGENZA COVID-19

Ora o mai più. Se le istanze dei ciclisti non verranno ascoltate in questo momento di emergenza corona virus nel quale è assolutamente necessario sgravare il trasporto pubblico da un eccessivo carico perché è troppo pericoloso a livello di contagio non ci sono speranze che verranno esaudite più avanti, una volta passato questo disastro.

L’emergenza Covid-19 in realtà è una scusa per far passare dei provvedimenti che nelle nostre città intasate dal traffico privato e ammorbate dallo smog andavano presi già molti anni fa.

C’ è una guerra sulle strade delle città italiane che non è nemmeno una guerra ma semplicemente uno stillicidio: quello dei ciclisti che sperano di poter utilizzare normalmente la bici in città come se le auto non esistessero. In questa guerra non ci si mettono dentro i ragazzini e gli anziani, sarebbe semplicemente folle, e ci si mettono però un buon numero di adulti, molti dei quali muoiono senza medaglie al valor civile.

Alcuni sindaci si sono già inventati delle piste ciclabili provvisorie per incentivare l’uso della bicicletta e questo è già un segnale positivo, spero che non resti solo un ago nel pagliaio in un contesto che non si confronta con una vera cultura dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto essenziale per rendere le città più vivibili.

Si tratta di fare in modo che questi “esperimenti” diventino molto visibili, diffusi praticamente in tutte le città italiane, soprattutto quelle dove lo smog è un problema molto sentito (e penso alla maggior parte delle città di grandi e piccole dimensioni della Pianura Padana) e che possano effettivamente essere provati e collaudati dalla maggior parte della popolazione di quei territori. A quel punto si potrà finalmente capire che l’uso della bicicletta non è un vezzo ecologista radical chic per pochi snob che non hanno tempi risicati di trasferimento da un luogo all’altro durante la giornata ma una necessità per razionalizzare gli spostamenti in ambito urbano, garantire una miglior qualità dell’aria e offrire più possibilità di movimento ad una popolazione molto spesso alle prese con il problema della sedentarietà.

Pertanto la “scusa” è il corona virus ed è una scusa reale, concreta, che ci può proprio obbligare a fare questo esperimento adesso in modo urgente perché il Covid-19 non rallenta in presenza dei nostri dubbi amletici, ma l’obiettivo finale è dichiaratamente quello di rivoluzionare la mobilità urbana anche avendo ben presente che il Covid-19 non è l’unica emergenza sanitaria e anche che dovessimo riuscire a debellarlo in tempi brevi ci lascerà comunque in compagnia di BPCO (la diffusissima bronco polmonite cronica da fumo e smog) e altre malattie da inquinamento (non da ultimo il cancro che ha nell’inquinamento un valido alleato) in continua evoluzione.

Come intervenire per una rivoluzione dell’uso della bicicletta in città? Intanto aggiungiamo che adesso il momento è propizio anche come stagione. E’ impensabile incentivare la gente all’uso della bici in inverno quando obiettivamente è un po’ più difficile servirsene soprattutto per chi non è abituato e “temprato” da questa abitudine. Ma fino ad ora, però si è sempre fatto così, lo smog c’è soprattutto d’inverno ed è in quel periodo che si ipotizzano timide limitazioni al traffico automobilistico. Gli audaci che provano la bici come alternativa sono gran pochi perché non è il momento adatto.

Ora invece lo è perché la stagione è quella giusta, ideale per l’uso della bici (con il caldo quella elettrica è semplicemente fantastica) e poi, diciamolo chiaramente, ‘sto accidenti di virus fa paura a tutti ed evitare gli autobus affollati è un’ esigenza concreta.

“Come” si potrebbe incentivare in modo concreto l’uso della bicicletta?

Non ci vuole una gran fantasia e mi vengono in mente i vari scienziati che hanno analizzato questo virus che alla domanda “E allora cosa bisogna fare?” un po’ dribblando la domanda spesso ripetono: “Ah, queste sono competenze del decisore politico, il nostro compito è solo di chiarire com’è la situazione, poi i provvedimenti non li prendiamo noi…”.

E’ chiaro che l’uso massiccio della bici in città è un problema politico di una portata colossale, è una cosa che va a cambiare la vita dei cittadini e qualcuno potrebbe, girando la frittata, anche dire che questo è proprio il momento più sbagliato per metterlo in atto in quanto è assolutamente urgente tornare ad una pseudo normalità.

Il problema è essenzialmente politico perché sposta su un piano legale quella guerra che fino ad ora si è sempre combattuta sul campo (su strada) fra automobilisti e ciclisti. Fino ad ora è una guerra abbastanza silente, con molte vittime ma senza gran clamore mediatico e tanto meno proteste di piazza. Nel momento in cui questa guerra viene affrontata politicamente è pure possibile che si scatenino i tumulti di piazza, per il semplice motivo che, al momento, gli automobilisti sono decine di milioni mentre i ciclisti sono alcuni milioni. C’è un rapporto terribilmente a favore degli automobilisti di uno a dieci o poco meno. Politicamente non esiste nemmeno scontro, non c’è storia. Non solo, ma dietro agli interessi degli automobilisti c’è pure una industria automobilistica con tantissimi lavoratori che non vogliono altri problemi oltre a quelli già devastanti creati dal corona virus. E allora la questione è politica anche per quello ed è inutile fare gli scienziati fuori dal mondo dicendo che l’uso della bici è necessario per tanti motivi legati alla salute pubblica. La salute di molti non può provocare la fame di tanti altri.

La necessità è usare la bici, il problema politico è farla usare senza creare disastri economici.

Ma concretamente, anche utilizzando gli ammortizzatori sociali per le categorie che ne subiranno un danno, come fai a triplicare i ciclisti? Ripeto, non occorre una gran fantasia ed un esempio concreto si scrive anche in poche righe.

Allora, premesso che l’obiettivo è fare in modo che anche ragazzini e persone anziane possano servirsi della bicicletta in tutta sicurezza negli spostamenti in città per raggiungere questo obiettivo sarebbe sufficiente:

1°) Nelle strade cittadine dove non esiste pista ciclabile stabilire una precedenza assoluta della bicicletta sull’automobile, favorendo l’uso dell’intera carreggiata da parte dei ciclisti che devono comunque essere attenti in fase di sorpasso di altra bici pur avendo il diritto di superare senza attendere il passaggio della lunga fila di auto che attualmente rendono inservibile la maggior parte della carreggiata ai ciclisti. In sintesi l’auto deve procedere alla velocità della bici e non viceversa.

2) Nelle strade con corsie preferenziali per l’autobus raccomandare di lasciare la precedenza ai mezzi pubblici ivi compresi i taxi laddove questi possono utilizzare la corsia preferenziale ma in ogni caso mantenendo la precedenza sui mezzi privati che non possono in nessun caso infilarsi dietro all’autobus e procedere alla stessa velocità. Nelle vie senza corsia preferenziale i taxi sarebbero costretti a comportarsi come le altre vetture rispettando la precedenza del ciclista.

Ovviamente tali provvedimenti sarebbero semplicemente rivoluzionari nella maggior parte delle città italiane dove non esiste una capillare rete di piste ciclabili e lo sarebbero un po’ meno in quelle poche fortunate città che possono già disporre di una capillare rete ciclabile.

Tutto ciò subordinato alla chiara intenzione di non prendersi in giro perché se poi, per aggirare la norma, si predispone una fitta rete di piste ciclabili assolutamente irrazionali ed inservibili a quel punto è chiaro che il ciclista non si sente per niente tutelato e continua a preferire l’auto più sicura e anche più veloce.

Questi suggerimenti sembrano la scoperta dell’acqua calda e sono di una banalità disorientante. Purtroppo, ripeto, il problema è politico, non è tecnico scientifico, perché per favorire davvero l’uso della bici in città per tutti non occorre questa gran fantasia. La grande fantasia occorre per porre rimedio agli effetti collaterali prodotti sul mondo dell’automobile da tale scelta e fare in modo che non vengano ignorate le categorie che lavorano su questo sistema.