I calciatori lo sanno bene, il giocatore che ha un problema individuale fa fatica a giocare per la squadra perché ha le necessità impellente di risolvere il suo problema e se la via più breve non è coincidente con l’interesse della squadra allora l’inserimento nel collettivo rischia di essere problematico. A volte questo giocatore può essere un giocatore di basso livello, altre volte può essere anche un campione che però fa fatica ad esaltare il suo rendimento in quel particolare tipo di gioco.
Così accade anche in politica (così almeno è pure giusto che venga accusato di far troppa politica qui sopra) e succede che i nostri governanti fanno fatica a giocare per la squadra perché hanno tutti un piccolo grande problema che li accomuna: sono tutti mediamente molto più ricchi della popolazione che rappresentano. Possono immaginarsi i problemi della popolazione ma… non li vivono perché il loro vero disagio è come giustificare che loro navigano nel lusso mentre il popolo che li ha votati non se la passa molto bene. E’ per questo che il prossimo 25 settembre il partito che stravincerà alla grande le elezioni sarà quasi sicuramente quello dell’astensionismo. E’ una classe politica che non ci rappresenta perchè ha problemi che sono diametralmente opposti dai nostri. Hanno tutti un problema indivuiduale che impedisce loro di fare un buon gioco di squadra e chi è più ricco ha questo problema ancor più grave soprattutto se milita in un partito che punta sulla carta all’equità sociale.
L’equità sociale nel sistema capitalista è pura utopia e nei sistemi comunisti é naufragata sotto le onde della corruzione. Nulla ha potuto l’ideologia contro la corruzione. Per certi versi nei sistemi comunisti il leader di partito si arricchisce ancora meglio e così prende subito le distanze da quel popolo che dovrebbe rappresentare.
Cosa c’entra tutto questo con lo sport? C’entra perché lo sport è palestra di vita e mette in gioco dinamiche sociali che si ripetono pari pari in tutti gli ambiti della vita quotidiana. Il calcio, come già scritto esemplifica in modo trasparente queste dinamiche e molte volte l’allenatore può arrivare a preferire un giocatore anche meno talentuoso di un altro ma che da garanzie di mettersi al servizio della squadra.
Tendiamo a colpevolizzare il giocatore che si lascia sopraffare dal problema individuale quando in fondo è una vittima: è proprio quel problema che lo rende meno performante e dunque non vive quella situazione serenamente, se raggiungesse un equilibrio psichico più stabile potrebbe certamente rendere di più per la squadra e automaticamente risolverebbe anche il suo problema individuale.
Questo come tifosi del calcio ma anche in altri sport lo vediamo bene mentre in politica facciamo più fatica a vederlo, riusciamo semplicemente ad intuirlo quando l’ennesimo partito della contestazione che promette novità a non finire e di mettersi davvero al servizio del popolo una volta che ha ricevuto i voti va a fare né più né meno che quello che facevano gli altri. Quei rappresentanti del popolo non lo sono realmente più perché per il solo fatto che sono stati eletti sono passati dalla parte degli eletti appunto, che sono quella elite che ha problemi molto diversi da quelli del popolo.
Trovare un politico che si mette davvero al servizio del popolo è un po’ come trovare un cannoniere di alto livello che si mette con molta umiltà al servizio di una squadra di provincia. Essenzialmente il cannoniere vuole segnare, se nella squadra di provincia è chiamato ad un tipo di gioco che non è nelle sue corde fa fatica ad adattarsi.
Adattarsi al gioco di squadra non è per niente facile ed in tema di macroeconomia è ancora più difficile. Per uno stato è molto più facile curare i propri interessi che quelli dell’economia in senso globale. La causa climatica si spiega molto semplicemente così, ogni stato dice che al clima ci deve pensare l’altro ma se non ci si pensa tutti assieme non se ne viene fuori. Allora questa diventa la scusa per disinteressarsene a livello globale, visto che qualche stato proprio ne sta fuori allora tanto vale starne fuori tutti. E così la squadra va decisamente a remengo. In una squadra equilibrata almeno i giocatori più “stabili” non perdono la pazienza e continuano a giocare per la squadra, chi gioca solo per se stesso ci sarà sempre e fa ancora più danni se tutti si mettono a fare come lui.
Nota da non sottovalutare: una squadra davvero equilibrata tollera anche il giocatore che si fa i cavoli suoi e non ingigantisce il problema, chiaramente esortandolo al gioco di squadra ma senza fare del suo problema l’alibi per scardinare tutti gli equilibri. Una buona squadra integra bene anche l’individualista, questo nello sport succede, nella politica non lo so. Ma io, checché se ne dica, mi occupo più di sport che di politica. A volte la mia sensazione è che in politica siano tutti terribilmente individualisti e che l’unico emarginato sia colui che vuole fare il gioco di squadra ma, ripeto, di politica non me ne intendo, tendo a disquisire soprattutto di sport.