Milioni di persone corrono, non sono milioni di persone che pensano con molto interesse alla tecnica di corsa ma insomma, bene o male, qualcuno che pensa un po’ anche a “come” corre c’è anche perché gli è stato riferito che se vuole migliorare un po’ deve pure pensare alla tecnica di corsa e quelli che vogliono migliorare in realtà sono molti, molti di più di quelli che lo confessano. Perché ci si vergogni ad ammettere che si ha un sano slancio verso l’idea di un miglioramento delle proprie capacità corsaiole non l’ho mai capito ma il problema che voglio pormi adesso è un altro molto più cavilloso e preciso. Premesso che migliorare la tecnica di corsa è importante, che anche se non ci sono molti podisti che vogliono migliorarla comunque ce ne sono in giro per il pianeta, come mai la tecnica dell’esasperazione dell’errore, che è una delle tecniche più efficaci per “cambiare” la tecnica di corsa (se non per “migliorarla”), non è ancora molto diffusa? Non è nemmeno una tecnica nuova perché ormai è pure un po’ datata, è più vecchia degli stramaledetti cardiofrequenzimetri ma, a differenza di questi ultimi, è conosciuta da una ristretta cerchia di appassionati che si documentano su libri “rari”.
Forse la risposta l’ho già data affermando che di tecnica dell’esasperazione dell’errore si tratta solo su libri “rari”, libri che sono fuori dai grandi circuiti dell’editoria.
Al di là di questa osservazione da Umberto Eco (il famoso “libro segreto” citato ne “Il nome della rosa”) vorrei provare ad elencare delle possibili cause di mancata diffusione di questa teoria che, almeno a mio parere, dovrebbe avere molti più seguaci.
Prima cosa, probabilmente la più importante: la tecnica dell’esasperazione dell’errore è pericolosa con riferimento all’insorgenza di infortuni da sovraccarico. E’ pericolosa perché è efficace e questo è il paradosso. Siccome porta a delle modificazioni piuttosto importanti, repentine e significative della tecnica di corsa provoca un grande sovraccarico a livello articolare e pertanto può facilmente scatenare infortuni anche nuovi che l’atleta non ha mai patito oppure semplicemente risvegliarne di vecchi che però erano stati, almeno momentaneamente, debellati. Per salvarsi da questo rischio non ci sono santi, bisogna procedere con una grande cautela e sapere, appunto, che questa tecnica di messa a punto dello schema di corsa è effettivamente molto sovraccaricante. La precauzione più immediata potrebbe essere quella di ridurre il carico di allenamento e comunque di inserire le sedute di allenamento sulla tecnica di corsa in modo diradato per non accelerare troppo i tempi di adattamento.
Questa ultima considerazione porta ad introdurre quello che potrebbe essere un secondo freno all’espansione di questo metodo: non molti podisti ci stanno a ridurre il carico di allenamento per fare spazio alle sedute di tecnica di corsa, arrivano a dire “Ma io corro tanto per correre non mi interessa nulla di correre meglio” e, anche se mentono sapendo di mentire, in realtà in questo modo si difendono dalla terribile minaccia di essere costretti a ridurre il carico di allenamento. Se dici ad un podista, che generalmente si allena meno di quello che vorrebbe allenarsi perchè non ha molto tempo a disposizione, che deve allenarsi di meno gli crei un problema psicologico mica da ridere, se a questo aggiungi che grazie a certe sedute fatte pur riducendo il carico totale di allenamento potrai pure correre il rischio di infortunarti questo ti manda a quel paese subito, prima ancora di sapere cos’è la strategia di esasperazione dell’errore per migliorare la tecnica di corsa.
Terzo possibile freno è la mancanza di tecnici che conoscono questa tecnica. E’ poco diffusa perché non ci sono molti tecnici che la conoscono, non si diffonde perché pochi tecnici la pubblicizzano. E’ un cane che si morde la coda, si tratta di capire se è nato prima l’uovo o la gallina. Non solo ma, anche fra i tecnici che la conoscono, molti sono riluttanti a provarla e non ci hanno mai provato perché è molto difficile individuare i punti dai quali partire. Diciamolo francamente: un tecnico che sa applicare bene la teoria dell’esasperazione dell’errore deve essere un tecnico molto esperto ed affermato perché capire il punto dal quale partire ed il modo con il quale partire con questa tecnica è molto difficile. Chi sa partire in modo appropriato con questa tecnica è già a metà dell’opera e si può pure ipotizzare che se ha avuto i numeri per identificare con precisione il problema probabilmente ha pure a disposizione altre strategie che non siano quelle dell’esasperazione dell’errore per ottenere miglioramenti decisivi da parte dell’allievo. Io dico che il tecnico umile, anche se bravo, fa bene a servirsi della tecnica dell’esasperazione dell’errore perchè con questa tecnica se ha preso un granchio perderà un po’ di tempo ma se ne accorge. Con altre tecniche (per esempio con il tradizionale metodo di correzione diretta) rischi di sbattere la testa contro il muro a proporre una cosa della quale sei convinto ma che dopo innumerevoli tentativi di correzione ti potresti rendere conto che era sbagliata quando ormai ci hai investito sù troppe energie e troppa fatica.
Quarto possibile freno: così come mancano i tecnici mancano pure gli atleti potenzialmente capaci di farsi seguire con questa tecnica. Per lavorare con la tecnica dell’esasperazione dell’errore occorre una grande sensibilità di corsa da parte dell’atleta e, obiettivamente, molti atleti questa sensibilità non ce l’hanno e non hanno nemmeno la pazienza di mettersi lì a tentare di affinarla.
Quinto problema: la tecnica dell’esasperazione dell’errore anche se richiede una riduzione dei volumi totali di allenamento (cosa mal vista, questa, da parte di chi ha l’abitudine di ubriacarsi di carichi di allenamento condizionale…) è comunque molto onerosa in termini di tempo e anche a livello organizzativo crea dei seri problemi al tecnico. Praticamente non si riesce a seguire più di un atleta per volta, ci sono solo poche indicazioni di carattere generale che possono andare bene per tutti ma poi ognuno ha una sua storia personale per cui andrà ad operare in modo diverso dagli altri per affrontare il suo preciso problema personale.
Sesto problema: come potete ben vedere voi che navigate su Internet questa teoria praticamente non esiste su Internet e ciò che non esiste su Internet al giorno d’oggi è praticamente come se non esistesse in senso assoluto e non fosse mai nato. Una teoria può essere valida fin che si vuole ma se non è diffusa a livello mediatico ha ben poche possibilità di espandersi. Si diffonde molto meglio una pessima teoria ben pubblicizzata di una buona teoria non trasmessa dai grandi sistemi di informazione. Perché accade così? Per il semplice motivo che sulla teoria dell’esasperazione dell’errore non c’è e non ci può essere nessun business. Chi vuoi che abbia interesse a espandere una teoria che non fa vendere nessun nuovo aggeggio e, non solo, obbliga i tecnici a seguire gli atleti in modo individuale con aumento vertiginoso dei tempi di attenzione dedicati al singolo atleta? Quanti tecnici deve avere a disposizione un club che vuole seguire tutti i suoi atleti con questo sistema? Oppure una palestra che vuole fornire istruttori che seguono questa metodica? Questa metodica nelle palestre non solo è sconosciuta, praticamente è “vietata”.
Settimo ed ultimo problema: questo è un mio tormentone personale ed io lo porto in campo molte volte che si parla di teoria dell’allenamento negli ultimi 30-35 anni, non riguarda solo la tecnica dell’esasperazione dell’errore ma tutta la teoria dell’allenamento ed è un mio parere del tutto personale. Il vento dei cardio frequenzimetri (oserei dire la “bora” dei cardiofrequenzimetri…) ha spazzato via tutto ed ha monopolizzato l’attenzione su cose che potevano essere liquidate con un paio di articoli scientifici da dare in pasto ai cardiologi. Invece è da quasi quarant’anni (e non è ancora finita) che stiamo trattando le frequenze cardiache come quel parametro sacrosanto che deve trattare tutte le preparazioni degli sport di resistenza e ci manca solo che venga ritenuto fondamentale anche per uniformare i criteri di preparazione dei velocisti. Il vento dei cardiofrequenzimetri ha spazzato via tutto ed ha appiattito tutto. Io pensavo “Ma vedrai che quando avranno finito di venderli a tutto il mondo si calmeranno…” ed invece mi sbagliavo di brutto perché ne inventano sempre di nuovi, sono come i telefonini e ci manca solo che inventino il cardio frequenzimetro che ti predice il giorno che schiatti per farti impostare l’allenamento giusto per quel giorno.
A tutto il mondo che gioca con i cardiofrequenzimetri io potrei lanciare una sfida. Fate un periodo di preparazione solo tecnica, non mi importa che sia col metodo dell’esasperazione dell’errore o con la stramaledetto metodo che preferite voi e/o il vostro allenatore ma che sia allenamento “tecnico” e non condizionale e pertanto sullo schema di corsa ma non sul cuore. Le frequenze cardiache lasciatele perderle, trascuratele per un po’ così come la preparazione cardiaca. Non date stress cardiaci, non concentrate la preparazione su altri aspetti e dunque non dovreste aver bisogno di monitorare continuamente la funzionalità cardiaca perché non la state mettendo a dura prova… “Ma in questo modo indebolisco il cuore perché non lo preparo e che ne so io che dopo un po’ non schiatto perché non l’ho più esercitato e l’ho indebolito?” State tranquilli che questo periodo che vi propongo non durerà un’ eternità e l’eventuale allenamento condizionale che avete sostenuto non sparirà per sempre e non avrete un crollo della vostra efficienza organica in breve tempo.
Dopo questo breve periodo di allenamento tecnico che però deve aver prodotto qualcosa (altrimenti vuol dire che è stato condotto male ed io sarei qui a proporvi anche l’idea di utilizzare la tecnica dell’esasperazione dell’errore…) provate a rivedere le frequenze cardiache alle stesse velocità di corsa alle quali le avevate testate prima di iniziare il periodo di tecnica di corsa. Io vi dico che se nel periodo di tecnica di corsa avete lavorato bene queste frequenze cardiache sono diminuite. Com’è possibile? Allenamento condizionale non ne ho più fatto e dunque la condizione organica non può essere migliorata, ben che vada sarà rimasta stazionaria perché non è passato molto tempo e non ha avuto modo di peggiorare, ma non può certamente essere migliorata, come faccio ad avere frequenze cardiache più basse di prima alle stesse velocità di prima? Per il semplice motivo che se avete migliorato la tecnica di corsa e ne avete prodotta una di più efficiente, adesso per andare alla stessa velocità di prima vi occorre meno forza, meno spinta e pertanto la corsa vi costa di meno. Il costo dell corsa si misura anche con il vostro stramaledetto cardiofrequenzimetro (anche se io sarei a suggerirvi di “sentirla” bene che è più importante più che star lì a misurarla con il cardiofrequenzimetro) e così vi accorgerete che alla stessa velocità di prima avrete frequenze cardiache più basse. Che questo si traduca in un immediato miglioramento dei risultati in gara non è detto perché se prima viaggiavate tranquillamente in fuori giri sputando sangue e adesso vi siete abituati ad andare a frequenze cardiache più basse magari i risultati sono migliorati di poco ed è pure possibile che la vostra buona capacità di reggere il “fuorigiri” sia temporaneamente regredita ma intanto avete imparato a correre meglio che non è una cosa da poco.
Una cosa che voglio sottolineare in chiusura è che mentre un miglioramento della condizione organica generale è un fatto legato alla preparazione condizionale che sta in piedi fintanto che questa preparazione è sostenuta con continuità, un miglioramento della tecnica di corsa è una cosa stampata nei circuiti nervosi che tendete a tenervi per sempre (come imparare ad andare in bicicletta) e che può regredire solo in presenza di clamorose variazioni della condizione muscolare. Insomma anche se la forma non è al massimo tenderete a correre sempre in modo decente, poi è chiaro che se si sono patiti infortuni gravi che hanno danneggiato seriamente la struttura muscolare ciò può avere importanti ripercussioni sulla tecnica di corsa. Una volta rimessi in sesto non avrete problemi a riprendere una buona tecnica di corsa che era già stata messa a punto in tempi precedenti.
Insomma io sono un sostenitore dell’intervento tecnico più che di quello condizionale. Quanto allo specifico settore della tecnica dell’esasperazione dell’errore vi consiglio di andarci piano se ci provate e di non illudervi di trovare molte informazioni in proposito in letteratura. Il mio articolo originario in proposito (“Tecnica di corsa: metodo dell’esasperazione dell’errore”, lo trovate digitando questo titolo in “cerca”) probabilmente ha avuto un buon successo probabilmente proprio perché su Internet non si trova nulla di decente. Tutto sommato posso consigliarvelo e, se ho fatto un po’ di casino sull’argomento (come al solito) sono sempre a disposizione per domande e commenti su questo sito cliccando appunto su “Invia una domanda o un commento”. Non fatemi domande sugli integratori alimentari dopo un articolo del genere perché vi denuncio…