Il motivo è molto semplice: laddove c’è la presenza dei grandi sponsor che hanno esigenze di un risultato ben preciso c’è molto meno spazio per la fantasia e l’improvvisazione ed una rigida programmazione degli obiettivi che hanno un grande riscontro economico tolgono spazio alla magia delle cose assolutamente imprevedibili.
Tutti sappiamo che lo sport dei campi di periferia è più autentico, genuino ed è li che si realizzano i veri miracoli sportivi, quelli dove il danaro non riesce ad inquinare nulla e dove la magia dello sport ha campo libero e può manifestare tutto il suo fascino.
A differenza che nel teatro nello sport non c’è mai un copione ben descritto nei minimi dettagli (a meno che, appunto, non ci sia un intervento massiccio di sponsor troppo importanti per restare in un ambito di sacra indeterminatezza) e dunque tutto è possibile, va in scena uno spettacolo dove, che gli attori recitino bene o male, ciò che accade alla fine non si può prevedere se non azzardando possibili pronostici.
Non voglio però limitarmi a considerare il “miracolo sportivo” semplicemente come la realizzazione di un risultato altamente improbabile che lascia sorpresi tutti i protagonisti dell’evento sportivo. Per “miracolo sportivo” io intendo un concetto ancora più ampio che va oltre al risultato tecnico ed anzi lo scavalca per importanza coinvolgendo motivazioni di carattere sociale e salutistico che superano il discorso tecnico.
Mi spiego: non esiste una correlazione diretta fra valore del risultato tecnico in una certa disciplina sportiva ed impatto sociale dello stesso.
Faccio un esempio un po’ strampalato ma che rende l’idea. nel grande calcio,, che solletica la fantasia di tanti appassionati la conquista dello scudetto da parte di una squadra può lasciare quasi indifferenti molti tifosi (è accaduto anche recentemente in Italia quando lo scudetto veniva vinto più volte sempre dalla stessa squadra, si arriva quasi ad una certa assuefazione al risultato di alto livello) mentre il raggiungimento che so, della promozione in serie “C” di una squadra che non è mai arrivata a tanto può sconvolgere un intera cittadina i cui tifosi sono contenti come se avessero vinto la Coppa dei Campioni.
Ma c’è un’altra ottica ancora secondo la quale valutare l’impatto del risultato sportivo e la sua presunta “miracolosità” ed è quella ben più importante della qualità di vita del soggetto che pratica sport. Io dico che non c’è niente di più miracoloso di una pratica sportiva che da nuova salute ad un soggetto che per motivi diversi non ha mai goduto di ottima salute e grazie ad una sana pratica sportiva riesce ad approdare ad una qualità di vita che prima, senza sport, pareva inarrivabile. Tale cosa si concretizza molto più facilmente nei campi di periferia che nei grandi stadi perché il soggetto malaticcio difficilmente frequenta i grandi stadi, non può farlo perché il suo stato di salute lo esclude automaticamente dallo sport di alto livello (ovviamente come protagonista, potrà, al limite, essere spettatore di quel tipo di sport). Il campione è per definizione un soggetto sano, se offre grandi risultati e diventa ricco, se non fa ottimi risultati non per questo (se è sano) va in depressione e si ammala, in ogni caso partecipa ad un gioco salutare (soprattutto se non esagera con i farmaci per incrementare in modo artificiale i risultati sportivi) e che spesso è pure redditizio. Il non campione, anzi il soggetto proprio malaticcio, che ha bisogno di fare sport perché con le sole medicine proprio non ne viene fuori, anzi tende ad intossicarsi sempre di più, quando riesce a capire come far funzionare lo sport sul proprio fisico può avvicinarsi all’autentico miracolo sportivo. Il vero miracolo sportivo non è quello del campione che offre un gesto di incredibile qualità ma quello del mezzo disabile che approda ad un livello di salute impensabile senza i benefici dell’attività sportiva.
Sempre con esempi un po’ riduttivi ma abbastanza chiari per definire il campo di riferimento: è molto più miracoloso il velocista che in un anno solo passa dal correre i 100 metri in 20″ approdando a fine stagione ad un risultato di 14″ che non il velocista che nello stesso anno passa dal tempo di 10″4 al tempo di 10″2. E’chiaro che la differenza fra 10″4 e 10″2 può essere quella differenza che ti consente di passare da dilettante a professionista dello sport ma la differenza fra correre i 100 metri in 20″ o correrli in 14″ è quella che può distinguere un soggetto sano da quello che, a meno che non sia anziano, non può essere considerato sano. Guardate che il tempo di 20″ sui 100 come parametro per definire la salute non è nemmeno buttato lì casualmente. Voi non sapete quanti giovani italiani, apparentemente normodotati, non sanno correre i 100 metri nemmeno in meno di 20″ e tale cosa purtroppo non è solo indice di scarsa abilità sportiva ma è proprio un parametro di efficienza fisica che delimita già una condizione che ci tocca definire patologica.
E’ ovvio che non è mia intenzione stare a sindacare se questo parametro possa essere collocato più vicino a 21″ o più vicino a 19″, è una disputa che non ha senso e potremmo scoprire che per un certo giovane vanno benissimo anche 22″ mentre per un altro già il tempo di 18″ è indice di un qualcosa che non funziona ma insomma stiamo parlando di salute non di gesta sportive altamente spettacolari.
Il vero miracolo è quello del soggetto, di qualsiasi età (molte volte riacquistano la salute grazie allo sport anche soggetti che non hanno mai praticato sport in gioventù) che grazie allo sport riacquista la salute, quel miracolo è molto frequente nei campi sportivi di periferia ed è per quello che io sostengo in modo piuttosto impopolare ma scientificamente sostenibile che per ogni stadio andrebbero costruiti 1000 campi di periferia. Costano di più e richiedono più tempo per la loro realizzazione complessiva per il reperimento delle aree e per mille questioni di natura burocratica, non rendono praticamente nulla da punto di vista economico anzi bisogna proprio trovare la buon’anima che si assume l’onere di gestirli senza farli andare a remengo in poco tempo ma dal punto di vista della salute generale sono territorio di concretizzazione di veri e propri miracoli. I miracoli sportivi esistono, andate a spiare nei campi di periferia se non ci credete.