Riferita alla corsa, sia di velocità che di resistenza, esiste una regoletta ma più che una regoletta bisognerebbe dire una statistica che ci indica che i risultati nel periodo che va circa dai 35 ai 65 tendono a peggiorare di un “uno per cento matematico” all’anno.
E’ giusto dire che questa regoletta va presa con le pinze e che quell’intervallo di età compreso fra i 35 ed i 65 anni circa deve essere spiegato bene per far capire quel circa e come comprendere le eccezioni.
Chiaramente chi si improvvisa sportivo a 35 anni può migliorare anche a quell’età. Ha il motore praticamente nuovo, fino a quel momento non si è spremuto per nulla, semmai partirà da risultati un po’ scadenti non avendo mai praticato sport fino a quel punto ma ci sono buoni motivi per pensare che potrà ancora migliorare i suoi risultati, anche se ha già compiuto i 35 anni.
Al contrario un atleta che ha avuto una intensa carriera agonistica ed ha iniziato molto presto potrebbe iniziare a scadere nelle prestazioni anche prima di quell’ età ed i motivi che possono portare a questo scadimento precoce possono essere molteplici: dal banale infortunio che non si risolve più in maniera accettabile, allo stress psichico che consegue al raggiungimento dei grandi risultati e che può comportare una sorta di appagamento e di riduzione della motivazione agonistica al semplice instaurarsi di una serie di fenomeni da sovraccarico non molto gravi se considerati singolarmente ma che sommati fra loro provocano una sinergia in grado di arrestare il miglioramento della forma sportiva.
Insomma il trentacinquenne sedentario è potenzialmente più disposto a migliorarsi di quello sportivo. C’è che il primo parte da livelli che a volte sono disastrosi mentre il secondo “scende” da livelli che sono certamente più apprezzabili.
Se questo distinguo va fatto per l’età attorno ai 35 anni a maggior ragione va fatto per quella attorno ai 65 dove le variabili sono ancora più consistenti e c’è chi attorno a quell’età continua a peggiorare ancora lievemente secondo la “regoletta dell’uno per cento” mentre c’è chi ha iniziato a peggiorare in modo ben più consistente già dieci o quindici anni prima.
Tutti peggioriamo i nostri risultati oltre ad una certa età, c’è chi inizia a peggiorare prima chi dopo, c’è chi peggiora di più e chi meno.
Allora è giusto dire da che statistica viene fuori questa regoletta. E’ una statistica che analizza le migliori prestazioni italiane, europee e mondiali delle corse di distanza compresa fra i 100 metri e i 42.195 metri della maratona. Sorprendentemente la regoletta si conferma nelle varie specialità di corsa ed anzi riesce quasi ad essere rispettata con più precisione proprio nelle corse di velocità laddove i fisiologi ci hanno sempre insegnato che è più difficile mantenere un buon livello di rendimento con l’aumentare dell’età.
Tale regoletta viene confermata dalle analisi su campioni italiani, campioni europei e campioni mondiali. C’è da dire che questi campioni sono campioni veri e propri e non come si vuole intendere quando si parla di statistica e per campionatura si intende la selezione di soggetti rappresentativi di una pluralità più vasta. Questi sono campioni nel vero senso della parola nel senso che sono gli atleti migliori d’Italia, d’Europa e del Mondo nella loro fascia d’età. Questo è il limite della statistica che, anche se rielaborata su un gran numero di dati, è fatta sugli atleti che si allenano con dedizione, con costanza e che, indubbiamente anche per doti genetiche, ottengono i migliori risultati.
Allora la regoletta dell’uno per cento ci dice che i soggetti bravi e che si allenano con costanza possono normalmente peggiorare di circa l’uno per cento annuo matematico il loro rendimento nelle corse di varia distanza. La velocità non fa eccezione anzi pare che abbia un peggioramento tendenzialmente ancora più contenuto, almeno da un punto di vista matematico.
Statistiche su atleti di livello medio o livello basso non ce ne sono ed è difficile elaborarle, in primo luogo perchè non vi sono dati disponibili ed in secondo luogo perchè anche se vi fossero questi dati dovrebbero essere trattati in un certo modo per poter risultare attendibili. E’ presumibile che un ipotetico lavoro su questi soggetti potrebbe portare ad indici superiori e così potremmo scoprire che a livelli inferiori la perdita annua è sensibilmente superiore al fatidico “uno per cento”. Per mia convinzione personale ma non suffragata da nessun dato sono convinto che comunque le corse di velocità continuerebbero a denunciare peggioramenti non superiori a quelle di resistenza. Devo aggiungere che quando espongo i dati della statistica riferita ai campioni molti mi rispondono “Se tu analizzi dati di atleti meno performanti vedrai che la velocità tende a peggiorare di più…”
Io sono convinto che a parità di allenamento non esiste alcun motivo per cui i risultati della velocità debbano peggiorare più di quelli delle corse di resistenza. Se poi qualcuno mi obietta che mentre la velocità in tarda età viene allenata solo da quei soggetti che ottengono buoni risultati mentre la resistenza viene allenata anche da quelli che hanno risultati disastrosi allora io replico che questo è un fatto culturale: non esiste nella moda attuale, l’atleta scarso che allena un po’ (non dico “tanto” solo “un pochino”…) la velocità, pare che la velocità sia un lusso riservato ad una ristretta cerchia di eletti. Quanto a prendere ore ed ore di distacco dai primi classificati in una maratona invece quella è una cosa che si può fare senza essere derisi. Onore alla corsa di resistenza che è arrivata a questa evoluzione culturale, speriamo che ci arrivi quanto prima anche la corsa di velocità.
Tornando all’uno per cento della statistica c’è da aggiungere che è anche un dato abbastanza maneggevole da un punto di vista matematico. Uno per cento vuol dire che per un duecentometrista che corre i 200 metri in 30 secondi perdere l’uno per cento significa perdere 3 decimi di secondo all’anno. Per un corridore di lunghe distanze che corre i 10.000 metri in 40′ perdere l’uno per cento annuo significa peggiorare il risultato di 0,40 minuti all’anno e quindi 24 secondi all’anno. In quel caso l’operazione va tradotta da minuti a secondi e non è ‘sta gran operazione. Il processo inverso, lasciando perdere le statistiche, è quello di vedere realmente quanto si è perso in un anno in termini percentuali. Il cinquantenne che non ha perso proprio nulla è pressochè sicuro di essere andato in controtendenza e aver costruito una forma sportiva che è certamente più apprezzabile di quella dell’anno precedente. Ma anche quello che è peggiorato solo dello 0,5 per cento può fare un discorso analogo mentre chi ha peggiorato dell’uno e mezzo per cento sa comunque che ha peggiorato in modo abbastanza simile a quello del peggioramento dovuto al normale invecchiamento. Può diventare curioso, a quel punto, fare una statistica dei vari anni e vedere se quella percentuale di peggioramento tende a confermarsi o tende a variare. Nel periodo dai 35 anni ai 65 anni circa non dovrebbe variare molto. Poi, purtroppo, sì. E così una ulteriore statistica, anche se su meno dati, ci dice che dai 65 ai 75 anni il peggioramento acquista un peso annuo più consistente, che tale cosa si ingigantisce nel decennio successivo e che dagli 85 anni in poi queste percentuali aumentano in modo esponenziale. Le categorie amatoriali vanno di 5 anni in 5 anni. Secondo la regola dell’uno per cento fra una categoria e l’altra nel periodo dai 35 ai 65 anni c’è una differenza di circa il 5% (il calcolo cumulativo ci da qualcosa più del 5%) questo 5% che diventa 8-10% nelle due categorie successive (65-70 e 70-75) può diventare tranquillamente un 12-15% per categoria per le altre due successive (75-80 e 80-85 anni). Dopodichè l’incremento… parte per la tengente. Si arriva al punto che un… centocinquenne ci può impiegare tranquillamente il doppio di quello che ci impiega un centenne per fare i 100 metri. Non è una battuta di spirito. E’ una realtà documentata e vuol semplicemente dire che si fa fatica a trovare un centocinquenne che provi a correre i 100 metri in salute perchè quel giorno che ciò accade non ci impiega certamente il doppio del tempo che ci impiega il collega di cinque anni di meno.
Guardiamo l’aspetto positivo della faccenda: se è vero che a 100 anni c’è poco da sperare di ripetere risultati simili nei cinque anni successivi tale cosa non è assolutamente vera a 80 anni. L’ottantenne che fa buoni risultati sui 100 metri deve essere certamente felice delle sue condizioni di salute. E’ pure giusto che sappia, e questa è una bella cosa, che se vorrà competere ancora con risultati entusiasmanti non dovrà peggiorare di molto i suoi risultati nei 5 anni successivi. Altrimenti sarà costretto a dire “Corro ancora ma non ottengo più risultati di notevole valore…”. Questa può sembrare follia ed umorismo tragicomico ma è anche la misura del progresso della salute delle persone anziane della nostra era: se non intervengono fatti traumatici e problemi di salute concreti l’ottantacinquenne può ambire ad essere… solo un po’ più scarso dell’ottantenne, non tanto.