PAURE ED ATTIVITA’ SPORTIVA

L’attività sportiva ci aiuta a far luce sulle paure e ci mette molto spesso a contatto con paure nuove. Proverbiale la famosa paura della gara che prende tutti, dai bambini di meno di dieci anni agli anziani che gareggiano ancora nelle categorie amatoriali. Su quest’ultima paura mi tocca subito aggiungere un particolare comico: l’anziano che gareggia nelle categorie amatoriali non ha praticamente mai paura di morire in gara (cosa che obiettivamente succede molto raramente…) ma ha paura molto semplicemente di “non fare una buona gara” come se esistesse la gara buona e la gara non accettabile per l’anziano.

Le paure più studiate sono quelle degli atleti professionisti che viaggiano con tanto di psicologo al fianco e quelli essenzialmente hanno paura di non diventare ricchi perché a certi livelli la gara andata bene o andata male fa una differenza sul piano economico che non è per niente trascurabile.

In ogni caso la paura esiste, esiste nello sport ed esiste dappertutto ed è un argomento con il quale ci confrontiamo molto nel corso della vita.

Aleggia una strana idea per cui la paure vanno combattute e contenute se si vuole vivere meglio ed essere più efficienti e performanti.

Innanzitutto una precisazione su questa necessità di essere sempre efficienti e performanti. Viviamo in una società dove siamo tutti troppo efficienti e performanti e ci preoccupiamo troppo poco di essere felici che è anche più importante di essere efficienti e performanti. Pertanto se l’obiettivo è contenere le paure per migliorare le proprie prestazioni bisogna vedere e capire se questo è un obiettivo sano, conveniente o malsano e pure pericoloso.

E qui vengo al dunque: se pensiamo che tutte le paure siano sconvenienti e dannose vuol dire che della paura non ci capiamo proprio nulla. Alcune paure sono essenziali, determinanti e ci salvano la vita. Esempio limite la paura dello scalatore che usa mille precauzioni nella sua scalata e così aumenta di molto la sua possibilità di non cascare giù da qualche parte o semplicemente quella dell’automobilista che ha giustamente (ed in modo sacrosanto direi…) paura di andare veloce con l’automobile perché sa che la guida veloce aumenta notevolmente le possibilità di incappare in uno degli innumerevoli incidenti stradali che insanguinano le nostre strade.

Altra cosa sulla paura, c’è da dire che se ci sono delle strategie per ridurla, per contenerla, è difficile trovare delle strategie al contrario per aumentarla, o meglio a far questo ci provano i grandi registi dei film dell’orrore al cinema ma ci tocca ammettere che sono finte paure legate allo spettacolo che lo spettatore si diverte a sperimentare ma poi torna al tran tran quotidiano.

Secondo alcuni esistono abili strateghi che seminano strane paure nella popolazione per arrivare a discutibili vantaggi economici. Famosa in tempi recenti l’ossessionante questione Covid con tanto di complottisti a sostenere teorie strane e “anticomplottisti” a sostenere teorie diametralmente opposte.

La questione Covid è stata comunque una questione dove la paura ha giocato un ruolo certamente importante e senza tenere le parti dei complottisti o dei fanatici della televisione io dico che quel tipo di paura è stata gestita certamente male portando alcuni a fare il vaccino quando potevano fare benissimo a meno di farlo e altri a non farlo quando forse sarebbe stato meglio farlo. In che modo? Molto semplice: la televisione ha instaurato in tutta la popolazione una paura del Covid stratosferica inducendo alla vaccinazione anche giovani che avevano una possibilità di lasciarci le penne molto più bassa di quella non troppo bassa di avere complicanze da vaccino che purtroppo sono state molto diffuse nella popolazione giovanile anche se abilmente occultate dalle ditte produttrici di vaccini per motivi di mercato travestiti da discutibili motivi di ordine pubblico. Nel secondo caso la paura ha giocato in modo ancora più grottesco: parecchi anziani che forse facevano bene a vaccinarsi hanno tentato di sottrarsi alla vaccinazione per dribblare quello che, secondo voci poco pubblicizzate in televisione ma decisamente striscianti nell’opinione pubblica, era un gigantesco business per ingrassare le case farmaceutiche.

Alla fine è andata a vaccinarsi gente che poteva benissimo farne a meno ed ha finito per non vaccinarsi gente che poteva anche affrontare il rischio della vaccinazione (apparentemente basso per la popolazione anziana) per avere un minimo di protezione contro il Covid che per un lungo periodo non è certamente stato solo una fantasia della televisione.

Pertanto io direi che le paure più che ridotte o contenute devono essere studiate, per tentare di capirci qualcosa, per tentare di capire se ci possono portare ad atteggiamenti razionali o sconvenienti.

Tornando al settore sport per buona pace di chi si scandalizza che possa avere opinioni anche su realtà che vanno distanti da quelle dei campi sportivi (ma io dico sempre che gli sportivi sono inseriti in una realtà sociale e non si può parlare di sport senza parlare di società: ai tempi del Covid non ti facevano nemmeno mettere piede dentro al campo sportivo, altro che evitare di fare la doccia in ambienti affollati…), la paura base nello sport è quella legata alla competizione.

Nelle gare la paura è una cosa normalissima: si ha paura di fallire la gara, di sbagliare la condotta di gara, di non rendere come si potrebbe e, paradosso, questa paura può aumentare ancora di più proprio quando siamo in forma più ancora che quando lo stato di forma non è buono. In effetti è proprio quando si è in forma che ci si tiene particolarmente a rendere bene in gara consapevoli del fatto che può arrivare un buon risultato. Quando non si è in forma si sa che anche con una buona gara il risultato non potrà essere eccezionale e pertanto la tensione per l’evento è meno elevata.

Chi ha gareggiato tanto sa che una buona dose di paura accompagna tutte le buone gare e pertanto non ha “paura della paura”, al contrario sa che quello è il segnale che probabilmente si è nell’imminenza di una buona gara. In tali situazioni non si riesce ad imbrogliare sé stessi e l’atleta che non ha paura non è capace di farsela venire per creare migliori circostanze per un buon risultato. Al più potrà essere triste, nella consapevolezza di una condizione fisica che difficilmente può portare a buoni risultati ma la paura è riservata a quelle situazioni nelle quali c’è qualcosa da perdere non quando il miracolo è pressoché impossibile.

La paura molto spesso è sintomo di entusiasmo e dei giovani che hanno un po’ di paura di competere è la cosa più sana che ci possa essere. L’assenza totale di paura nelle competizioni dei giovani può essere sintomo di apatia e quella è molto peggio della paura. Per quanto riguarda gli anziani la situazione può essere anche tragicomica ma è giusto spendere due parole anche lì per non pensare che questi siano semplicemente degli idioti soggetti a demenza senile. L’anziano che gareggia con un po’ di paura può esserne pure contento perché é quella che lo fa sentire vivo e quasi come se fosse ancora giovane. Magari ha gareggiato per una vita ed è sempre stato abituato ad avere paura. Ha proprio necessità di non aver più un minimo di paura nelle gare amatoriali per dichiarare a sé stesso che è un vero e proprio rudere e qualsiasi risultato faccia sarà proprio deprimente? No, si coccola in quella finta paura che forse è la l’unica cosa veramente un po’ simile a ciò che succedeva tanti anni prima. Vi garantisco, e ve lo dico per esperienza personale, che nelle gare si sta sempre meglio dopo che prima. Ed è per questo che si può aver voglia di gareggiare anche a 80 anni o a 90. Dopo la gara si sta meglio. La gara anche da un punto di vista psicologico (ed io i mi auguro anche da un punto di vista fisico se le cose sono fatte bene) è un toccasana e porta ad uno stato di rilassatezza e benessere psicologico che difficilmente è eguagliabile nell’attività fisica senza competizione.

La paura non deve essere vista come una brutta cosa da cancellare dalla faccia della terra. Deve solo essere capita per renderla più utile.

E per finire con un esempio che fa arrabbiare alcuni miei lettori, anche in tutte le cose della vita va attentamente soppesata. Nella gigantesca questione vaccini che ha diviso l’Italia in due è inutile litigare e prendere le parti di uno schieramento contro l’altro. Può esistere una paura dei vaccini e una paura della malattia. Di volta in volta bisogna capire qual’è la paura più razionale e più giustificata. Ciò che è certo e su quello mi batterò sempre anche a livello politico oltre che ideologico, è che non puoi spostare una paura con una legge. La paura va sempre rispettata qualsiasi essa sia. Puoi condizionarla con un certo tipo di informazione ed è quello che stanno facendo incessantemente in ogni momento della nostra esistenza (la famosa paura della disoccupazione per farci lavorare di più quando dovremmo tutti lavorare di meno) ma una volta instaurata, per chissà quali motivi, non la combatti a colpi di legge.