Osservazione sulla “vendibilità” delle piste ciclabili

“Le piste ciclabili non sono vendibili e molto probabilmente tuo nonno, se fosse ancora vivo, non piazzerebbe progetti di mobilità urbana come se fossero cose vendibili. Forse venderebbe telefonini o comunque una merce che si riesce a vendere, sempre che in questo tipo di società decidesse di fare ancora il venditore. Ed è questo il punto, perché questa società ci ha trasformato tutti in venditori. Ormai abbiamo prodotto tutto, anche più di ciò che dovevamo produrre, ed il problema per questa società che si ostina a produrre troppo e si fonda sull’iperproduzione è vendere, perché se non vendi non puoi produrre.  Danaro ce n’è fin troppo ma è distribuito male perché solo tenendo masse di diseredati alla fame si può provare ad insistere a portare avanti questo sistema che ormai dovrebbe essere stato superato da un sistema davvero più democratico. La democrazia è stato un sogno per pochi perché in realtà comanda sempre chi ha più danaro e chi non ne ha subisce le imposizioni della politica orchestrata da chi ha il potere economico. Hanno rubato il tempo a tutti. Ad alcuni hanno dato il danaro, ad altri nemmeno quello perché solo tenendoli alla fame sono funzionali a questo sistema, ma il tempo l’hanno rubato a tutti e, senza rendersene conto, l’hanno rubato anche a loro, perché non puoi rubare il tempo agli altri senza perderlo anche tu. Se la recessione partirà davvero, ed è proprio probabile che parta perché la Natura di difende da sola, c’è un paese da più di un miliardo di abitanti che entrerà in una crisi epocale perché è il paese che produce tutto: la Cina. La Cina è ormai il paese più capitalista del mondo alla faccia del comunismo e la sua economia si regge sul fatto che il pianeta è ancora convinto che la felicità sia data dalla quantità di beni di consumo che ci si riesce ad accaparrare.

Quando tutti ci accorgeremo che ciò che ci manca di più è il Tempo, e la smetteremo di tollerare che ci siano milioni di schiavi che lavorano  per paghe da fame per tenere in piedi questo sistema, allora forse saranno finiti tutti i razzismi idioti e la smetteremo di lavorare per cose inutili. Probabilmente quel tempo è ancora distante e per la portata dei cambiamenti che potrà portare forse è anche meglio che sia ancora distante…” .

 

 

Non l’ho mai dubitato che le piste ciclabili non fossero vendibili così come so benissimo che non è vendibile tutta la filosofia che ruota intorno alla capacità di sentire necessarie le piste ciclabili per migliorare la qualità della vita. In effetti il prodotto che è sempre piazzato meglio sul mercato è proprio quello inutile che alimenta il capitalismo e pertanto cose molto importanti per la qualità della vita ci possono sfuggire di vista perché siamo inevitabilmente immersi nel sistema della pubblicità che ci dice che per vivere meglio dobbiamo acquistare un’auto nuova oppure un farmaco o un integratore che ci fa dormire meglio. La pubblicità dei farmaci, che dovrebbe essere deontologicamente vietata, ed io non capisco perché i medici non si ribellino in massa a questo scempio dell’informazione sanitaria, è un po’ il simbolo di questi tempi, dove un cambio di passo non è nemmeno ipotizzato. No, bisogna reggere assolutamente questi ritmi e chi non regge questi ritmi non può farcela perché rischia di perdere il lavoro, rischia di restare fuori dal gioco e venire emarginato.

Quando prendo in giro tutti gli inglesismi soffocanti sulla nostra lingua in realtà lo faccio per prendere in giro il mercato. Che ci hanno rubato il Tempo, e anche a me piace scriverlo con la T maiuscola come è anche giusto scrivere Natura con la N maiuscola, lo possiamo scrivere solo in italiano perché non ci sono inglesismi per dire che ci continuano costringere all’iperconsumo e all’iperproduzione ed anche i clamorosi Stakeholder in proposito hanno le idee un po’ confuse.

Le piste ciclabili non si vendono, per certi versi sono un’idea e sono una delle idee più pericolose e più rivoluzionarie di questo tempo. Grazie alle piste ciclabili noi possiamo capire che esiste una Realtà alternativa, fatta di meno stress, di meno cose inutili e di meno bugie della pubblicità. Le piste ciclabili ci possono aiutare a contenere notevolmente il consumo di farmaci ed è documentato come gli effetti di un ansiolitico possano ampiamente essere superati e senza effetti collaterali da alcuni chilometri di bicicletta. Non solo, ma prendere un ansiolitico ti fa sentire uno stupido che subisce gli stress della società mentre andare in bicicletta è bello perché ti fa sentire vivo e ti fa sentire un protagonista della società che cambia. Poi c’è l’effetto collaterale inaspettato che è che come ciclista vai troppo presto in paradiso perché non siamo ancora pronti a questa società del cambiamento e se crolla il consumo di ansiolitici pare che anche quella sia una disgrazia insostenibile perché non ci sono le politiche per far fronte a quel cambiamento di consumi.

Io insisto sempre su Taranto, e qualche tarantino si chiederà anche perché non mi faccio gli affari miei, ma anche Taranto è uno splendido esempio di resistenza della società dei consumi. Ormai l’hanno capito tutti che produrre acciaio a Taranto è un attentato alla salute dei suoi abitanti perché ne hanno i polmoni pieni. Taranto è stata un esempio per il resto del mondo e ci ha fatto capire che ogni volta che progettiamo un insediamento industriale di proporzioni colossali dobbiamo far bene i conti sulle ricadute ambientali. Taranto si è prestata a questo esperimento, l’ha fatto sulla pelle dei propri cittadini, adesso si merita di essere aiutata a risollevarsi da questa disgrazia e se noi vogliamo che continui a restare la città dell’acciaio allora vuol dire che della salute dei suoi cittadini non ce ne frega niente.

Questo esempio di Taranto, se vogliamo è collegabile anche alla filosofia delle piste ciclabili, perché se non riusciamo a superare un problema di sopportabilità ambientale di un insediamento produttivo è evidente che progettare una mobilità urbana inventata su un modello salutistico è un vezzo radical chic. Abbiamo sempre “modello economico efficiente versus salute”.

Un industria che non rovini ulteriormente i polmoni dei tarantini non è economicamente sostenibile, una pista ciclabile che fa tranquillamente pedalare i cittadini senza rischio di essere investiti è un lusso improponibile perché fa sparire centinaia di stalli per auto a pagamento che fruttano grandi introiti alle casse comunali.

Avanti di questo passo anche un paese dove la gente smette di fumare è un lusso perché sulle sigarette si incamerano molte tasse e, tornando alla mobilità urbana non ci si può nemmeno permettere il lusso che la gente lasci a casa l’auto perché le tasse si pagano anche, e in modo pure salato, quando si va a fare il pieno di carburante.

Vogliono farci credere che qualsiasi sistema alternativo a quello del superlavoro sia improponibile però per portare avanti con energia questo sistema hanno prodotto milioni di disoccupati. Allora qui ci possiamo porre un quesito esistenziale di vecchia data: “E se invece lavoriamo tutti, lavoriamo di meno e rinunciamo a comprare cose inutili?”. A qualcuno questa cosa non va giù e forse è importante che gli altri non ci pensino nemmeno, ma la verità è che danaro in giro ce n’è, è solo distribuito male. E’ il Tempo che ci hanno sottratto che non ci potrà più essere restituito e quello non si paga nemmeno con tutto il danaro possibile ed immaginabile.