Osservazione su “Proposta provocatoria sulle squalifiche comminate dall’antidoping”

“Forse tu non hai ben capito che l’istituzione dell’Antidoping ha come obiettivo la tutela della lealtà sportiva e non un generale contenimento dell’uso dei farmaci nella popolazione…”

Ecco, allora è proprio per quello che io affermo che un antidoping che sanziona solo gli atleti amatori che magari prendono qualche farmaco perché devono davvero prenderlo e non per capriccio è un antidoping assolutamente inutile, ipocrita e i fondi ad esso destinati potrebbero benissimo essere destinati all’impiantistica sportiva con evidente giovamento per tutta la comunità.

Se per sbaglio ogni tanto qualche atleta professionista casca nella rete dell’antidoping è perché è uno sprovveduto che non si è fidato del suo medico e crede che si possa usare ancora il “fai da te” come mezzo secolo fa oppure vuol dire che davvero è seguito da un medico incompetente.

Ormai qualsiasi medico è in possesso di tutte le informazioni necessarie per non far avere problemi con l’antidoping e se proprio c’è un problema di lealtà sportiva questa è fortemente minata da un antidoping che discrimina fra atleti di alto livello molto assistiti da un punto di vista medico e pertanto praticamente certi di non aver noie con l’antidoping e atleti non assistiti da un punto di vista medico che per ogni fesseria che prendono, anche per un raffreddore, dovrebbero star lì a telefonare al loro medico di base per sapere se lo possono prendere quel farmaco secondo le normative antidoping.

Per rincarare la dose, perché su questo argomento sono veramente ipercritico in un modo assurdo, mi tocca citare il caso di quel signore di una certa età che faceva le gare amatoriali e avendo ancora a che fare (io dico per sua fortuna…) con una moglie altrettanto anzianotta ma di spirito giovanile, pescato dall’antidoping a sostanze che danno positività, la natura delle quali potete facilmente immaginare, sentenziò “Se devo scegliere fra lo sport e mia moglie non ho dubbi scelgo la moglie…”.

Ecco io ritengo che il problema della lealtà sportiva sia una bufala colossale. Gli atleti di alto livello possono prendere una marea di farmaci senza risultare positivi e questa non è una bella cosa per due motivi: primo perché un presunto concetto di lealtà sportiva va decisamente a farsi benedire discriminando di fatto fra atleti di alto livello e atleti delle categorie amatoriali. Secondo perché questa situazione determina una frattura ulteriore fra sport spettacolo e sport dei comuni mortali che è potenzialmente insidiosa per lo sport per tutti.

Mi spiego, e qui so che sostengo posizioni paradossali e forse troppo cerebrali per essere vere, ma non mi vergogno a descriverle perché non sono del tutto campate in aria.

Si dice che lo sport spettacolo esercita una funzione di traino su quello di base. Le gesta eroiche degli attori dello sport spettacolo sono entusiasmanti e contagiose ed invogliano i ragazzi ad accostarsi allo sport. E penso che questo sia ancora vero. La televisione funziona da cassa di risonanza, i ragazzi vedono queste gesta per televisione e vogliono andare ad emulare al campo sportivo i grandi campioni. Cosa fantastica e da appoggiare in pieno.

Accade poi, e qui scusate se la mia fantasia è sconfinata e patologica, che il ragazzo faccia pure fatica ad allenarsi tutti i giorni che non è una cosa che fa male alla salute, anzi fa benissimo, ma c’è una scuola molto esigente che preme in un altro senso. Il ragazzo “troppo” responsabile verso i 17-18 anni fa quattro conti e dice “Andando avanti con questi miglioramenti io al vertice della mia disciplina sportiva proprio non ci arriverò mai” e così il ragazzo molla la pratica sportiva perché lui fa attività sportiva anche perché vuole diventare un campione, anzi talvolta proprio “solo” perché vuole diventare un campione.

Quella motivazione d’orgoglio che fino a quel momento è stata una potentissima molla improvvisamente cessa e pone davanti ad una realtà triste che è quella che il ragazzo in realtà non si è mai reso conto che quella attività sportiva è sacrosanta, gli fa bene alla salute anche se magari non lo proietterà mai ai vertici ma è un suo diritto e nessuna situazione sociale deve essere così cruda e spietata da ledere quel diritto.

Insomma il campione superperformante che era quello che aveva portato al campo sportivo quel giovane è lo stesso che in tempi successivi lo allontana perché in pochi anni si è visto che è praticamente irraggiungibile.

Allora, paradosso, in questa seconda fase avremmo bisogno di campioni più umani e non di atleti che purtroppo anche grazie alla farmacologia riescono a sostenere preparazioni veramente esagerate.

Non sto dicendo di smontare lo sport, di tornare all’età della pietra quando solo i paesi del blocco sovietico potevano usufruire di un’assistenza medica molto sofisticata (che strano che siano stati sanzionati dall’antidoping mezzo secolo dopo, vien quasi da pensare che facessero le cose meglio cinquant’anni fa di adesso…) sto solo dicendo che se si può scegliere è da preferire un’evoluzione delle tecniche di allenamento piuttosto che dei protocolli farmacologici e pertanto più i medici stanno lontano dal campo sportivo e più da un punto di vista squisitamente sportivo la cosa sta in piedi.

Deve passare il concetto che lo sport fa bene alla salute. Se passa quello allora ci si accorge che la battaglia all’eccessivo uso di farmaci va condotta dappertutto, non solo sul campo sportivo e così anche il vigile deve interrogarsi se sia giusto prendere un broncodilatatore da disagio professionale per tirare avanti o non sia meglio chiedere di sorvegliare un incrocio un po’ meno inquinato almeno per i giorni necessari a risolvere la bronchite da PM10. E così con riguardo al famigerato martello pneumatico è meglio studiare quello che non ti fracassa i gomiti che non studiare il farmaco che ti permette di non sentire i dolori provocati dal martello pneumatico del secolo scorso.

Il problema dell’eccesso di farmaci investe tutta la popolazione, non solo gli sportivi, Gli sportivi farebbero bene a dare il buon esempio e a superare tutte le ipocrisie che un antidoping arcaico alimenta invece di combattere.

Scegliete preparazioni razionali che vi possano tenere lontano dai farmaci, fanno bene a tutti, a voi che potete sostenerle senza pericoli e a chi vi guarda che vede uno sport più umano.