Osservazione su “Passione versus tecnica”

Qualcuno mi fa notare che se il mio amico non avesse avuto una buona tecnica di pedalata probabilmente in quell’incrocio pericoloso con la bici carrozzella saremmo stati travolti da qualche auto e pertanto la tecnica è fondamentale per ogni gesto motorio.

Ho già scritto come questa disputa possa andare all’infinito e non voglio sostenere che la tecnica del movimento non sia importante, anzi l’ho sempre messa uno scalino più su della forza che è la capacità motoria condizionale tanto osannata ai giorni nostri, ma il senso del mio curioso articolo “Passione versus tecnica” era un altro e cioè che senza passione per il movimento non si va proprio da nessuna parte.

In particolare sono convinto che l’apprendimento di una buona tecnica nell’età infantile deva essere ritenuto un gioco più che una necessità per lo sport del futuro e non credo a chi dice che il buon sciatore lo imposti già a 4-5 anni come il buon nuotatore. Allora, andando avanti su questa linea, potrei dire che il buon astista in atletica si può impostare già a sette anni quando nei nostri regolamenti federali l’astista a sette anni deve attendere altri sette lunghi anni prima di vedere l’asta, e una volta tanto, sono perfettamente d’accordo con i regolamenti federali.

A mio parere è la passione per lo sport che deve essere seminata subito, già nel poppante, anche se il poppante, giustamente gioca e non fa sport, ma anche se non fa sport deve avere un’idea del movimento-gioco-sport che sia positiva ed entusiasmante.

Questa cosa, per esempio non avviene, e fa fatica ad avvenire nel nostro contesto socio culturale, con la scuola, ma non è una cosa di questi giorni e già ai miei tempi aleggiava in modo pericoloso per l’istituzione scolastica. Ricordo da quasi poppante, avrò avuto si e no 4 anni, che un mio vicino di casa mi parlò della scuola e mi disse “Vedrai che brutta la scuola!” Non che fosse uno studente navigato, mi sa che faceva la prima o la seconda elementare ma già aveva avuto un impatto non positivo con il mondo scolastico. Nella mia ingenuità, per sminuire la tragicità della notizia gli chiesi. “Ma è brutta come un puntura?” visto che all’epoca io ero piuttosto malaticcio e di punture ne facevo un tot., lui rispose: “Molto peggio, la puntura quando l’hai fatta sei a posto, la scuola non te la cavi più…”

Aveva quasi indovinato nel senso che con la scuola non me la sono più cavata e ancora adesso indirettamente ci faccio i conti quando ho dei ragazzi che non riescono ad allenarsi come vogliono (non sono scuse per allenarsi meno, è pura realtà…) per colpa dei pressanti impegni scolastici. Sulle punture ha sbagliato ma solo perché ha trovato un soggetto particolare. Ricordo che non gli credetti e pensai “Tu di punture non ci capisci niente…” ma al riguardo avevo già avuto un po’ di sfortuna nel senso che a seguito di una innocua vaccinazione, punturina da niente, dopo avermi promesso che me la cavavo con una sola punturina fui costretto a farmene per un paio di mesi tutti i giorni per rimettermi dai problemi causati da quella innocua vaccinazione. Non siamo tutti uguali e non è la scoperta dell’acqua calda anche se qualche genio continua a trattarci come se fossimo tutti uguali.

Insomma l’aspetto emotivo è fondamentale in tutto, a mio parere ancora più importante dell’aspetto tecnico, poi è ovvio che va ad inserirsi sulla storia dello sportivo in modo soggettivo con mille sfaccettature diverse da individuo ad individuo. Nel mio caso era facile pronosticare che una volta approdato da quasi sano all’attività sportiva non l’avrei più mollata e allora, nel mio specifico caso, poteva essere anche che l’aspetto tecnico diventasse più rilevante di quello motivazionale ma vi garantisco che nel mio incessante peregrinare da un campo sportivo all’altro ho visto orde di ragazzi smettere precocemente l’attività sportiva sul più bello che stavano diventando atleti maturi per problemi motivazionali e non per problemi tecnici. Al contrario ho visto soggetti tecnicamente disastrosi e pure in ritardo di apprendimento motorio approdare ad ottimi risultati sportivi nelle categorie assolute perché animati da una grande passione per lo sport ed un istinto di perfezionamento del gesto tecnico mai sopito e continuamente alimentato da una forte motivazione.

Ripeto, è una disputa filosofica più che tecnica ma sono convinto che la passione nello sport deva essere considerata un ingrediente fondamentale, un po’ come il sale in cucina, ma non perdiamoci in ulteriori esempio strani altrimenti verrà fuori che si cucina benissimo anche senza sale. Prendetela come un’opinione personale, passione al primo posto. Circa come il sale, appunto…