“Interessante la distinzione fra motivazione esogena ed endogena perchè permette di far luce su una caratteristica tipica dello sport italiano in genere. Mentre sullo sport di alto livello aleggia una motivazione esogena colossale che carica gli atleti in tutti i modi e li mette talvolta sulla difensiva nei confronti di questa proprio per non essere caricati troppo da un ambiente che tende ad esagerare, per quanto riguarda lo sport normale la situazione è proprio opposta e si può tranquillamente affermare che l’applicazione in questo tipo di sport dipenda solo da cause squisitamente personali, da una vera e propria motivazione di tipo endogeno che nulla ha a che fare con gli stimoli ambientali. Non esistono mezze misure e si va dall’atleta che si allena due volte al giorno, pure con la tentazione di aiutarsi con integratori e farmaci pur di resistere con quei ritmi, a quello che si allena due o tre volte la settimana ignorato da tutto e da tutti. Chi ricerca una razionale via di mezzo applicandosi con dedizione tutti i giorni ma senza esagerare in preparazioni che possano portare addirittura a doversi servire dei farmaci è uno stravagante perditempo perché lo sport vero viene inteso esclusivamente come sport professionistico mirato a vincere qualcosa di importante. Pertanto la motivazione endogena in questi casi è davvero l’unica che possa tenere in piedi un’attività sportiva autentica fatta con vera passione anche se non integrata nei circuiti dello sport professionistico…”.
Mi viene in mente, a tal proposito, una promessa dell’attuale presidente della Federazione di Atletica Leggera che prima di essere eletto disse: “Anche se so che è un’impresa, mi batterò perché le squadre civili possano essere agevolate nella loro attività e possano avere degli incentivi che le aiutino a contrastare le squadre sportive militari che hanno ben altre risorse economiche.” Il ragazzo (lo chiamo ragazzo anche se è quasi mio coetaneo ed era in gara proprio il giorno che feci il mio personale sugli 800…) aveva intuito bene tutto e purtroppo aveva intuito come esistano anche delle serie resistenze a dare spazio allo sport di medio livello.
Diciamolo chiaro e tondo, una squadra civile con pochi mezzi che si mette a competere quasi ad armi pari con una squadra militare da quasi fastidio. Se incentiviamo le squadre civili a fornire risultati di buon livello può pure essere che qualche giorno lo scudetto lo vinca una squadra civile.
E allora io apprezzo gli sforzi del presidente Mei (veri e propri incentivi economici alle squadre civili) ma mi piacerebbe che potesse essere ancora più incisivo anche se capisco che avrà mille bastoni fra le ruote.
Mi spiego: se è importante la cultura dello sport più che il risultato di spicco dell’atleta di alto livello allora è più importante avere dieci saltatori in alto da 2 metri più che uno da due metri e venti. E’ chiaro che in quel modo lì non si vincono le Olimpiadi ma davvero io a livello societario premierei di più la squadra che presenta un gran numero di atleti di buon livello più che solo un numero uno che batta tutti gli altri e così nella scelta dei punteggi per determinare le squadre più forti d’Italia estenderei la raccolta risultati anche agli atleti di medio livello. In quel caso davvero le squadre militari andrebbero in crisi perché un saltatore da oltre due metri e venti riescono a trovarlo ma dieci da oltre due metri fa fatica chiunque anche potendo disporre di ingenti risorse finanziarie. Puoi tirare fuori tutti i soldi che vuoi che il saltatore in alto da due metri resta merce abbastanza rara come il velocista da 10″9 sui 100 e l’ottocentista da 1’55”. Ne trovi certamente ma non con la stessa facilità con la quale si trova il ragazzino che corre i 60 metri in 8’0.
Ed è quello il punto. Esiste una sproporzione macroscopica fra lo sport dei ragazzini alle prime armi e quello dei ragazzi di 18-20 anni. A quell’età si sono persi per strada tantissimi personaggi proprio perché nella nostra cultura fare 2 metri nell’alto, 10″9 sui 100 o 1’55” sugli 800 non conta niente: sono “non” risultati che non servono perché non è certamente con quelli che un club si mette in evidenza a livello nazionale e al tempo stesso costano pure fatica perché se non ti alleni in un certo modo quei risultati non riesci nemmeno farli a meno che non sei un vero talento ed in quel caso ti propongono di allenarti due volte al giorno per approdare a 10″1, a due metri e 30 oppure a 1’45” sugli 800.
E’ proprio vero che nello sport dei comuni mortali la motivazione endogena è determinante e praticamente l’unica esistente. Sarebbe bello che anche a livello federale ci si mettesse in testa che forse la motivazione degli atleti di alto livello deve essere contenuta più che continuamente alimentata in modo esasperante e che invece sarebbe utile costruire un minimo di motivazione ambientale per quei potenziali atleti che nel nostro panorama sono dei signori nessuno.
Forse in tale ambito l’unico sport che offre una grande gamma di rendimento e di potenziale inserimento per tutti è il grande calcio dove basta avere dei piedi buoni per trovare sbocco in una delle centomila squadre delle infinite categorie del calcio.
Poi ad essere pignoli il “campionismo” dilaga anche lì perché se è vero che ci sono un’infinità di sfumature di vario livello nelle categorie inferiori è anche vero che c’è una preoccupante frattura fra serie A e serie B come ad ammonire “Mi raccomando, non facciamo di ogni erba un fascio, idolatriamo pure gli atleti di altissimo livello ma teniamo ben presente che tutti gli altri sono dei veri pirla altrimenti qui succede che tutti vogliono diventare Maradona…”. Che poi è quello che in uno sport autentico dovrebbe accadere e penso pure che il grande Diego Armando sarebbe d’accordo su questa cosa. Sappiamo benissimo che è molto difficile emulare le gesta di Diego Armando Maradona ma in un sistema sportivo evoluto è giusto che tutti ci possano provare.