OLIMPIADI E VARIE

Iniziano le Olimpiadi, centinaia di ore di diretta televisiva e, per carità, piuttosto di continuare a vedere gli effetti dei bombardamenti delle varie guerre è anche decisamente più gradevole, però temo che anche stavolta non riusciremo a fare un salto culturale nel modo di intendere lo sport.

Mi spiego, ci saranno ancora le telecamere che indugiano sul primo in modo ossessionante e continueremo a sapere ben poco su quelli che arrivano anche poco dietro se non andando a consultare le varie classifiche, che sono anche consultabili ma la maggior parte degli spettatori si ferma al podio e oltre non sa nulla.

Non è che questo sia un atteggiamento grave. Lo spettatore può anche non saper nulla del più forte specialista del mondo, non è tenuto ad occuparsi assolutamente di lui. Il fatto che resti estasiato sulle gesta del primo e non sappia nemmeno chi è il quarto produce però, a cascata, proprio per un atteggiamento mentale, quella che è poi la situazione media dei vari sport dove dietro agli eletti c’è un bucone enorme di buoni praticanti che non siano professionisti ma siano effettivamente buoni praticanti con una vera passione per la disciplina.

Mi spiego, nel lancio del disco che non è la più astrusa delle discipline sportive e se artisticamente andiamo a pensare allo sport non possiamo non pensare alla statua del discobolo, in Italia non abbiamo nemmeno 100 personaggi che lanciano ad almeno a 40 metri. Misura che se uno si allena giustamente tutti i giorni, senza nessunissima integrazione farmacologica e senza attendere una vita, in pochi anni dopo la maturazione fisica si arriva ad ottenere anche senza avere doti incredibili. Il giovane allenato, con una certa continuità, anche senza supporto farmacologico, attorno ai 25-27 anni alla misura di 40 metri ci arriva anche se non è un campione. Ripeto, in Italia non ne abbiamo nemmeno 100. Allora vi ho detto una balla? Occorre un campione per arrivare a questa misura, occorre un trattamento farmacologico seguito da un’attenta equipe medica? No, niente di tutto ciò, occorre solo una cultura dello sport che non si limiti ad indugiare solo sul primo.

Il problema è sempre quello, pare che lo sport fatto bene sia una cosa solo per ragazzini che sognano di diventare dei campioni, poi quando si scopre che diventare dei campioni è molto difficile (anche perché ci si scontra con le prestazioni di atleti mega assistiti dal punto di vista medico, a volte anche in modo molto criticabile ed ipocrita) allora si valuta che il momento dello sport vero è finito, a 16, 17, 18 anni quando in realtà sarebbe appena iniziato per concretizzarsi circa una decina di anni dopo.

Mi domando se non sia il caso di pubblicizzare il discobolo da 40 metri, che può benissimo essere quello della statua (non è certamente un master con la panza che ha ripreso a lanciare dopo 20 anni di inattività…) più che quello supermegaassistito che vince alle Olimpiadi. Mi domando se il confronto con quello non faccia male alla salute degli altri discoboli invece di fungere da stimolo trainante.

Anni fa, un atleta italiano che è diventato famoso al grande pubblico quasi più per questo tentativo folle che per quanto aveva fatto di grande nella marcia, ha provato a scoperchiare il pentolone della farmacologia applicata allo sport di alto livello. Ne ha rimediato una squalifica colossale che gli ha stroncato la carriera e non è per niente riuscito a far luce sulle problematiche mediche relative allo sport di alto livello.

Secondo l’opinione pubblica il consumo di farmaci nello sport è contenuto dalla squalifica della Russia che è l’unico paese ad aver fatto uso sistematico di sostanze volte a migliorare il rendimento sportivo in questi anni. E’ chiaro che se l’atleta Schwazer fosse riuscito a fare un po’ di luce sul problema la Federazione mondiale diceva che il problema era anche italiano ma insomma era circoscritto, Italia e Russia. Lo sport dei farmaci che come salute sta molto meglio di un tempo perché adesso è diffuso in tutto il mondo mentre un tempo era presente un po’ a macchia di leopardo con forse l’eccezione dei paesi dell’Est che avevano deciso di non fare ingiustizie con nessuno, non va d’accordo con lo sport per tutti, in primo luogo perché è ambizione di ogni sportivo condurre una pratica sportiva che possa portare ad una riduzione del consumo di farmaci e non ad un aumento visto che ne consumiamo già decisamente troppi per motivi che esulano dalla pratica sportiva, in secondo luogo perché l’elevatissima medicalizzazione dello sport degli eletti ha prodotto una frattura ancora più grave ed insanabile fra questi e gli sportivi “normali”.

Insomma 40 metri nel disco è una misura che non entusiasma nessuno e se anche più o meno è quanto poteva lanciare il personaggio della statua è più bello vedere per televisione, sorseggiando una bella birra fresca, il gladiatore che tenta il nuovo primato del mondo che non andare al campo sportivo a vedere se questi cavolo di 40 metri dopo un po’ di anni di sana preparazione si possono fare o no.

Non c’è spazio per le mezze misure e non solo non ci sono le strutture per chi le cerca ma non c’è proprio nemmeno chi le cerca. Dopo le Olimpiadi per i normodotati ci saranno quelle per gli atleti disabili e quella è una grande conquista per lo sport e per lo spirito sportivo. La mia sensazione è che quelle per gli atleti davvero normodotati però non esistano. Andrebbero organizzate in tutti i campi di periferia di tutto il mondo ma non ci sono grandi sponsor interessati ad organizzarle.