Siamo nella civiltà dello stress, malati di iperproduzione. Produciamo un’infinità di cose inutili, ci danniamo per venderle e dopo notiamo che questa marea di cose producono un danno ambientale inestimabile e non sono assolutamente riuscite a migliorare la qualità della vita. Viviamo in un’epoca di squilibrio della ricchezza in ulteriore aumento e pure di squilibrio nella distribuzione del lavoro che va ad aumentare i problemi sociali.
La politica è ingessata e sembra denunciare la sua impotenza di fronte ad un sistema oligarchico rigidamente controllato dai sistemi di informazione. I ricchi comandano il sistema di informazione e lo dirigono a loro piacimento orientando pure le scelte politiche e le richieste della gente comune che invece di chiedere le cose importanti si sofferma sulle idiozie quali chiedere il contenimento del prezzo della benzina. Il problema del mondo non è il prezzo della benzina ma proprio il fatto che ci abbiano convinto che la benzina sia la cosa più importante.
Abbiamo bisogno di ricominciare a pensare perché questo sistema di informazione ci sta rendendo un po’ tutti deficienti e se una ragazzina di sedici anni si accorge dei veri problemi dell’umanità andiamo a tentare di screditarla invece di capire perché una ragazzina di sedici anni riesce a vedere ciò che gli adulti non vedono.
Il movimento ci serve per ossigenare il cervello, per frenare, per curare lo stress e soprattutto per ricominciare a pensare perché è questa la cosa più grave che ha fatto il controllo dell’informazione: ci ha tolto la capacità di pensare liberamente con la propria testa deviando la nostra attenzione su cose che non sono di vitale importanza.
Facciamo fatica a muoverci perché chi lavora troppo non ha tempo per muoversi e chi non lavora per nulla non ha tempo per pensare a cose che istintivamente possono sembrare anche non determinanti. Invece muoversi è fondamentale per governare lo stress e per mantenere un buon livello di salute.
Ci hanno dato in pasto il movimento come quella cosa che serve per tenere la linea, cioè per generare altro stress. Anche lì si va all’apparenza, non alla sostanza. Non si guarda al movimento come a quella cosa che può aumentare il nostro livello di libertà bensì come quell’ulteriore obbligo che una società con regole dettate dalla competizione indica con precisione. L’efficienza viene vista in termini di immagine, non come capacità di ragionare con la propria testa e saper selezionare ciò che è davvero utile e ciò che non serve a nulla.
Il vero antidoto contro lo stress è il movimento ma il movimento vero, non quello che si fa ad orari fissi, ben prestabiliti nel contesto di un’esistenza decisamente sedentaria.
Il concetto di movimento per frenare può sembrare contraddittorio perché chi frena alla fine si ferma e pertanto non è più in una situazione di movimento ma l’idea è che bisogna liberarsi del movimento “finto” per approdare ad un nuovo concetto di movimento che ci metta in grado di migliorare la società, non di subirla così com’è. E pertanto non è movimento per aumentare l’efficienza sul posto di lavoro bensì movimento per migliorare la qualità della vita che, in ultima analisi, ci porta a ribellarci ai meccanismi dell’iperproduzione. Quando sono crollati i sistemi comunisti ed era più che opportuno che crollassero perché si fondavano sulla centralizzazione del potere in mano a pochi burocrati si è sparsa la convinzione che le logiche del libero mercato dovessero essere quelle che avrebbero liberato il mondo dalle ingiustizie sociali. Invece il libero mercato ci ha portato a delle follie su scala planetaria ed è come una scheggia impazzita che vaga per il pianeta senza frontiere facendo danni incommensurabili. Siamo nell’era del libero mercato, se abbiamo la forza di controllare ciò che accade fermandoci a pensare possiamo migliorare le nostre condizioni di vita altrimenti ci troveremo a fare il bagno in mezzo alle bottigliette di plastica mentre molte persone protestano perché il prezzo della benzina è troppo alto,