MODULAZIONE DELLA COMPONENTE AGONISTICA NELLO SPORT

Sono convinto che un po’ di sano agonismo nello sport faccia bene a tutte le età, si tratta semplicemente di saperlo modulare e chi rinuncia a priori all’agonismo per motivi di età o perché dice che non è opportuno per la propria indole dimostra semplicemente di non aver afferrato come si deve la parte buona dell’agonismo, quella che fa bene alla salute e favorisce la pratica continuativa dello sport invece di ostacolarla.

E’ ovvio che l’agonismo per chi pratica sport ad alto livello come è la molla che ti fa emergere può anche essere quella cosa che ti rende lo sport pesante e stressante ed allora si arriva anche allo psicologo dello sport perchè il campione ha pure bisogno di liberare la mente per rendere al 100% ma l’agonismo, al contrario, in tutte le altre situazioni è una specie di medicina che serve per scaricare lo stress e convogliarlo in un’attività dove è facilmente dominabile e razionalizzabile. E allora ci sono varie sfumature di agonismo alcune anche autentiche e da controllare quando per esempio l’atleta di non eccelso livello si arrabbia come un campione se non è giunto alla sua miglior prestazione perchè si era illuso di poterla ottenere e qui bisogna essere ben attenti a valutare eventuali eccessi di carica agonistica, perché tutto sommato un buon impegno anche per chi non ottiene risultati eccelsi può anche essere visto come un atteggiamento apprezzabile e la perfetta consapevolezza che un eventuale fallimento degli obiettivi non ha effetti catastrofici rende anche il finto eccesso di agonismo assolutamente sopportabile. Il vero agonismo pericoloso in questi ambiti è nelle cose della vita di tutti i giorni che sono realmente terribilmente agonistiche e ci stritolano in dinamiche veramente stressanti.

Poi c’è il finto agonismo degli amatori attempati, di quelli che aumentano in modo grottesco l’agonismo per potersi permettere il lusso di concedersi una vacanza in un posto dove non si avrebbe osato andare se non ci fosse stato di mezzo l’impegno agonistico. E così il campionato mondiale dei master è una scusa per fare la vacanza in un posto in tanta malora e ci si va con lo stesso spirito con il quale si va ad un raduno di auto storiche. L’auto storica non deve vincere ma se si vuole mostrarla bisogna partecipare a questi raduni che sono occasioni per stare in compagnia. Tendenzialmente l’agonismo a livello amatoriale non è mai esasperato e se rischia di esserlo può esserlo per quei personaggi che non hanno avuto l’occasione di conoscere il vero agonismo nell’età del massimo rendimento. Quel tipo di agonismo può essere anche potenzialmente stressante perché si è consapevoli che quell’età arriva una volta sola e non dura proprio tanto (diciamo circa una decina di anni, dai 25 ai 35 circa per chi matura nei tempi giusti e un po’ prima anche dai venti ai trenta per chi matura precocemente, per arrivare ai casi limite di atleti di certi sport che a 16-17 anni sono già al top ma quelli difficilmente passano il trentesimo anno di età con una capacità prestativa ancora di livello massimale. Ci sono eccezioni di atleti che tengono una carriera ai massimi livelli anche per 20 anni ma quelle sono proprio eccezioni e non la norma) poi però lascia il passo ad un agonismo molto più controllato e meno stressante.

Se è abbastanza noto il fenomeno dell’eccesso di agonismo nelle prime categorie amatoriali e corrisponde all’inizio della seconda vita dell’amatore che non ha mai gareggiato tanto è meno noto invece il difetto di agonismo in quei ragazzini che praticano un certo sport perché “ce li ha mandati la mamma” e che fanno anche gare ma le fanno come se fosse per contratto, con un finto agonismo che li non dovrebbe essere finto e dovrebbe essere proprio tutt’altro perché questi non hanno nessuna auto d’epoca da mettere in mostra bensì un fisico in piena crescita che chiede solo di essere messo alla prova per crescere meglio. La sgasata per l’auto d’epoca per pulire i carburatori forse non serve proprio a nulla e non è assolutamente il caso di protrarla a lungo, l’opportunità di sbloccare il freno a mano tirato per una formula uno che ha proprio bisogno di fare dei tratti alla massima velocità non è un capriccio ma una necessità per un organismo che ha l’esigenza di girare anche al 100% per funzionare meglio.

E’ comunque importante modulare bene l’agonismo a tutte le età ed io sostengo come questo sia naturalmente esasperato ma non preoccupante fino ai 10-12 anni e questa esasperazione si risolve facendo gareggiare in modo non esagerato i ragazzini che trovano una componente agonistica in ogni dove e non hanno certamente bisogno di prendere parte a molte gare per continuare a confrontarsi. Poi è giusto controllare questo agonismo anche nell’età immediatamente successiva perché c’è il rischio che nell’età dove questo inizia a diventare importante sia in realtà represso da altre situazioni che non dovrebbero scaricare una componente agonistica importante. Alludo alla scuola che non ha certamente bisogno di diventare agonistica per far andare a buon fine i suoi obiettivi educativi e non può assolutamente sottrarre spazio allo sport dove la componente agonistica deve essere giustamente elevata e finalizzata ad un rendimento che può risentirne se fa i conti con una motivazione agonistica svuotata in altri ambiti. Insomma se ha senso essere i “primi della classe” nel salto in alto, non ha senso esserlo nelle materie di studio dove il miglior apprendimento non passa certamente per la competizione con i compagni di classe.

Più avanti, nello sportivo che resiste agli stress derivanti da tutto tranne che dallo sport una componente agonistica importante è certamente presente in chi a quel punto ha quasi certamente un buon rendimento agonistico in qualche disciplina sportiva. Quell’elite che lamenta un eccesso di stress derivante da tensione agonistica nella fascia di età fra i 20 ed i 30 anni è un’elite di privilegiati perché se è così quelli di sicuro sono sportivi di alto livello. Sportivi la cui qualificazione è tale per cui un risultato o l’altro possono anche fare la differenza e pure a livello professionale perché un certo risultato marca la possibilità di poter fare sport a tempo pieno mentre un altro magari solo poco più sotto sancisce l’impossibilità di potersi comportare così. A quel punto può permanere una grande tensione agonistica perché la vera passione porta a questo ma è inutile negarlo, un risultato sportivo che non produce reddito difficilmente innesca una situazione di vero stress: se viene ottenuto bene, altrimenti pazienza.

Tutto ciò che avviene nelle età successive non è praticamente mai eccessivamente agonistico anche se molti ritengono che accada anche questo e ci siano atleti che si dopano addirittura per ottenere ottimi risultati nelle categorie amatoriali. La drammatizzazione tragicomica del risultato dell’amatore può anche esistere ma è un evento fortuito meno frequente di quanto si possa immaginare e anche a livello di doping è giusto precisare che viene eccessivamente enfatizzata perché praticamente gli unici atleti che cascano nella rete dell’antidoping al giorno d’oggi sono principalmente amatori che non si rendono nemmeno conto di non poter assumere certi farmaci nella maggior parte dei casi e stendiamo un velo pietoso per una certa quantità di altri casi dove l’antidoping sanziona situazioni surreali non riuscendo ad intervenire laddove dovrebbe davvero intervenire per contenere l’eccesso di medicalizzazione dello sport di alto livello.

L’agonismo fa bene praticamente in tutte le situazioni sportive. Dove rischia di essere esagerato ci sono fior di esperti pronti a modulare un corretto approccio con questo dove è “troppo poco” il vero problema non è che sia “troppo poco” ma che ci sono di mezzo altre attività molto stressanti che assorbono “agonismo” che andrebbe giustamente indirizzato nello sport. Non mettetevi in competizione sul luogo di lavoro, a scuola o sulle strade, la competizione fa certamente bene alla salute ma nello sport dove può essere correttamente modulata.