Questa partizione per conto mio esiste nello sport e anche nella vita comune, anche se ritengo che nello sport tutto sommato possa essere meno influente che nella vita comune.
Mi spiego: intendo per memoria “interna” quella di un soggetto per come si percepisce, per come lui sente e ricorda il suo mondo interno, per memoria “esterna” ciò che il mondo si ricorda di lui. Esempio su un giocatore di calcio: la memoria interna è quella che gli da la capacità delle giocate e lo porta ad agire in un certo modo, la memoria esterna è ciò che l’ambiente (calcistico con riferimento a ciò che accade in campo) ricorda di questo giocatore e può certamente condizionare le sue giocate. Un Maradona o un Pelè dovevano certamente sempre fare i conti con una memoria esterna e questa memoria esterna era perennemente presente in qualsiasi luogo dove andavano a giocare.
Nella vita comune ritengo che questa memoria esterna condizioni tutto ancora di più che nello sport e più di uno sono i film, comici o drammatici, dove il classico personaggio che ha perso la propria memoria interna si trova a fare i conti con una memoria esterna un po’ ipertrofica che condiziona la sua esistenza in modo determinante.
Ovviamente siamo noi a costruire la nostra memoria esterna ed a permettere che l’ambiente si possa costruire questo tipo di memoria ma poi le cose possono procedere anche in modo parzialmente autonomo e alla fine l’ambiente può costruire dei modelli che il soggetto stesso che ne è protagonista può anche far fatica a modificare.
Io ho la mia idea di dire che comunque la nostra memoria interna è più importante e fondamentale ma qui, forse, più che stabilire che tipo di memoria sia più importante è utile capire come funzionino queste due diverse memorie.
In un soggetto che si prende l’Alzheimer, per esempio, almeno in un primo momento, la devastazione è decisamente sulla memoria interna e solo in un secondo tempo su quella esterna. Per assurdo, se l’Alzheimer potesse essere reversibile, potremmo dire che ad un certo punto il danno della memoria esterna può superare perfino quello di quella interna, ma siccome purtroppo non è così ci tocca dire che il danno di quella interna è praticamente sempre superiore a quello di quella esterna ed anzi a livelli piuttosto gravi della malattia la memoria esterna, per quanto guastata, può addirittura venire in soccorso di quella interna, perché l’ambiente può diventare protettivo nei confronti del soggetto che ha subito quel danno.
Più un soggetto è introverso e più la sua memoria interna sarà pesante nel panorama complessivo, più un soggetto è estroverso e più la sua memoria esterna potrà essere ingombrante arrivando a condizionare ancora di più quella interna. Generalmente, mi piace pensare (non è certamente il caso dell’Alzheimer) che una buona memoria interna sia in grado di condizionare in modo efficace ed importante la memoria esterna e non viceversa. In ogni caso penso che entrambi i tipi di memoria siano squisitamente personali e riferiti ad un preciso soggetto. Qui occorre un’ulteriore precisazione per non essere fraintesi. Esiste indubbiamente una memoria delle cose collettiva che noi difficilmente possiamo modificare con il nostro comportamento e semmai possiamo modificare in modo quasi irrilevante, ma esiste una memoria esterna di cose che hanno a che fare con la nostra persona che noi, per fortuna, siamo in grado di modificare praticamente sempre in modo importante perché riguarda specificamente noi stessi.
Faccio un esempio sul sottoscritto con un episodio di vasta portata che ha sconvolto la vita del nostro paese in tempi ormai lontani: il terremoto del Friuli del 1976. Quel terremoto è stata una tragedia immane che molti cronisti non hanno esitato a paragonare alla tragedia del Vajont di tredici anni prima ed esiste una memoria collettiva di quella tragedia che potrà essere modificata solo molto lentamente nel corso del tempo. La memoria “esterna” di quell’evento riguardo al sottoscritto può essere irrilevante come anche importante. Vi confesso subito che quella interna è ancora importante ben 48 anni dopo anche se io non ho avuto conoscenti diretti che ci hanno lasciato le penne in quella tragedia, quella esterna penso che non lo sia e comunque potrebbe essere condizionabile da me nel momento in cui mi rendessi conto che è importante. Insomma che quella tragedia abbia sconvolto la mia psiche anche se abitavo ben distante dall’epicentro del terremoto è un mio fatto personale nemmeno a conoscenza di tanti soggetti che mi conoscono. Se fosse talmente pesante che chi mi incontra mi dice: “Allora, ti è passata la storia del Friuli?” in quel caso potrei adoperarmi per tentare di modificare questa memoria esterna.
Faccio un esempio un po’ meno drammatico per chiarire meglio e tentare di sdrammatizzare. Se io trovo un mio compagno di classe delle scuole superiori che ha buona memoria invece di chiedermi del terremoto del Friuli (cosa che, ripeto, ben pochi sanno che mi abbia scioccato non poco) mi potrebbe chiedere se mi è passata per una certa ragazza che non mi vergognavo di dire come sconvolgesse la mia psiche in quegli anni.
Ancora, in campo sportivo, mentre quando corro in una città qualsiasi sono solo un master un po’ attempato che si diletta ancora a correre anche se potrei accontentarmi di tranquille passeggiate, se corro nella mia città sono un master che è scaduto drammaticamente di livello e si ostina a correre anche se il livello prestativo non è nemmeno l’ombra di quello di una quarantina di anni fa. Ciò forse spiega anche perché mi diverto più a correre nelle altre città più che nella mia dove questa ingombrante memoria esterna da adito a battutine talvolta un po’ pesanti. A chi mi dice che in tal senso sono un po’ permaloso rispondo con un’atroce verità, che correre per le strade della mia città è pressoché impossibile perché c’è un rispetto per i diritti dell’automobilista che è semplicemente soffocante e quello è decisamente peggio di tutte le battutine sconvenienti che possono fare sul mio attuale stato di forma.
Insomma la memoria esterna ci perseguita o ci aiuta, a seconda dei casi, solo dove ci conoscono e, nel caso dei comuni mortali è solo in un ristretto ambiente mentre nel caso di personaggi molto in vista è proprio un po’ dappertutto. Tipici i problemi di chi è condizionato da una memoria esterna ipertrofica come nel caso dei personaggi dello spettacolo o dei grandi campioni dello sport.
Resto del parere che lavorare sulla nostra memoria interna sia più importante e dunque, banalizzando, non è importante ciò che gli altri pensano di te ma ciò che tu sei davvero, anche se può fare comodo che non ci sia molta discrepanza fra le due immagini. Il lavoro sulla nostra memoria interna può comunque essere un lavoro orientabile senza troppi problemi che necessita solo di una buona introspezione. Per certi versi, per gli inevitabili casi della vita, è un lavoro che procede anche senza che noi lo vogliamo e noi siamo i primi a rendercene conto anche senza che nessuno se ne accorga.
Tornando sul sottoscritto e sullo sport, per esempio, da questo punto di vista il mio modo di fare ed intendere lo sport di adesso è decisamente diverso di quello di un tempo, non solo per l’età e la capacità prestativa ma proprio per il vissuto interno. In modo tragicomico posso tranquillamente affermare che di eventuali piccoli miglioramenti, in questa “era” me ne accorgo praticamente proprio solo io e mi è capitato di voler istintivamente esultare alla fine di una gara che per conto mio era andata molto bene ma di trattenermi per non esternare una cosa che ai presenti poteva sembrare semplicemente assurda (difficile vedere un ultimo classificato che esulta…).
Per certi c’è una poesia ed un gusto per i pochi momenti buoni del mio fare sport di adesso che mezzo secolo fa non c’erano. E’ una cosa intima e sono convinto che possa segnare, per quel po’ che resta, la mia memoria interna anche se non segnerà quella esterna che non viene intaccata da questi vissuti interni.
Ho trattato di esempi di sport come è giusto che sia e pure di sport di livello infimo. Questi discorsi possono essere fatti a tutti i livelli perché indubbiamente la memoria riguarda tutta la nostra esistenza, che siano elaborati in modo più o meno profondo nel nostro io o che siano esposti anche all’attenzione di chi ci vive attorno cambia certamente qualcosa.
Penso che più andiamo avanti e più quello che succede dentro prenda il sopravvento su ciò che succede fuori. Questa cosa per certi versi può essere vista come una tendenza all’isolamento ma anche come una consapevolezza inevitabilmente legata all’età. Chiaro che se io incontro per strada qualcuno che non mi vede da quarant’anni e mi ricorda che sono un atleta di un certo calibro posso rispondergli che ha perfettamente ragione. Poi, se sono coerente, gli rispondo pure che sono ancora innamorato di quella là… anche perché altrimenti lui ci resta male e danneggio in modo grave la mia memoria esterna.