MARATONA ED OBIETTIVI SBAGLIATI

Ho sempre avuto una mia opinione del tutto personale sulla corsa di Maratona. Molto semplicemente ritengo che abbia un numero enorme di praticanti attingendo anche da soggetti che farebbero bene a dedicarsi ad altre discipline sportive.

Dal momento che io provengo dalle corse di mezzofondo mi dicono che questa è tutta invidia perché la corsa di mezzofondo non è riuscita ad avere un successo altrettanto travolgente. E’ possibile.

Ma allora, girando la frittata, io dico che tutta l’atletica si meriterebbe di avere un successo così anche riferito alle categorie amatoriali. Invece il fenomeno della Maratona è piuttosto settoriale, si estende alla Mezza Maratona che in questi ultimi anni sta dilagando in modo altrettanto significativo (anche perché è fisiologicamente molto più sostenibile della distanza classica) ed un po’ anche alle altre corse su strada ma non arriva a lambire le corse su pista ne come lunghe distanze (5.000 e 10.000 metri) e tanto meno come mezzofondo veloce (800 e 1500 metri).

La cosa un po’ drammatica della Maratona è che è permeata da un alone di leggendarietà che la rende affascinante e trascina nel suo vortice anche soggetti che oltre che poco portati per quella specialità hanno pure la presunzione di affrontarla con una preparazione non adeguata. La Maratona improvvisata è quasi pericolosa e va sconsigliata agli atleti improvvisati a meno che non venga trasformata in una lunga camminata ma allora non ha più senso chiamarla Maratona e possiamo semplicemente definirla lunga ed estenuante scampagnata.

Detto questo, anche per chi è preparato sufficientemente, il modo migliore per renderla uno sforzo poco fisiologico è quello di porsi degli obiettivi non razionali. Probabilmente una delle cose più difficili della Maratona è proprio la determinazione di un obiettivo razionale e perseguibile senza mettere in crisi il proprio organismo.

E’ molto difficile determinare con sufficiente precisione l’obiettivo possibile per un atleta che si appresta ad affrontare la Maratona per la prima volta in vita sua perché il range di prestazione possibile è piuttosto ampio. Parlando di atleti della categoria amatori che valgono tempi attorno alle 4 ore andare a sbagliare di 15′ sul possibile obiettivo non è un’evenienza rara. Si può immaginare che quell’atleta sia in grado di correre in 4 ore quando magari il suo risultato più probabile è attorno alle 4 ore e 15′. Oppure, nell’evenienza più felice, si può ipotizzare ugualmente quel tempo di 4 ore quando il soggetto in questione è in grado di correre anche in 3 ore e 45′.

Dunque in realtà la forbice di variabilità del risultato è addirittura di 30′ che è praticamente un’eternità con riferimento ad una gara simile.

Questa grande variabilità obbliga il Maratoneta all’esordio ad adottare un criterio prudenziale se non vuole andare incontro ad amare sorprese nell’affrontare la gara e vuole evitare il rischio di dover sopportare fatiche assolutamente sconsigliabili.

Come minimo il maratoneta all’esordio deve imparare un po’ il ritmo al quale penserà di affrontare la gara. Se non lo impara può sfruttare le cosiddette “lepri” che gli organizzatori mettono a disposizione dei partecipanti come punto di riferimento per le varie andature. Così l’atleta da 4 ore, anche se non riconosce con sufficiente precisione il ritmo di 5’43” per chilometro che può portarlo a correre in quel tempo, può cercare le lepri che correranno a quel ritmo che generalmente sono ben segnalate da una maglietta molto visibile o addirittura grazie a dei folkloristici palloncini. L’incognita è l’alta variabilità sopra descritta e così per un soggetto che credeva di valere 4 ore ma vale solo 4 ore e 15′ trovarsi a correre la seconda metà gara in 2 ore e 20′ (perché se vale davvero 4 ore e 15′ correndo in quel modo finirà per ottenere 4 ore e 20′ o peggio…) comporta lo scadimento ad un’azione di corsa veramente sconveniente.

Molto meglio l’ipotesi di chi, per eccesso di prudenza, si trova a correre la seconda metà 15′ più veloce della prima. Quell’atleta sa che poteva correre la Maratona con una distribuzione dello sforzo più razionale anche 5-10′ più veloce di quanto non sia riuscito a fare quel giorno ma, correndo in quel modo, ha costruito i presupposti per poter affrontare con serenità una seconda gara in tempi successivi correndo bene e ancora più forte. Sempre quando si corre in progressione si finisce per correre con tensioni di corsa accettabili e la gara risulta meno pesante anche per le articolazioni oltre che come sensazioni generali di fatica.

In ogni caso è tutta la preparazione ad una Maratona che se affrontata con obiettivi razionali porta alla proposizione di carichi certamente fisiologici mentre se gli obiettivi sono esagerati c’è il rischio che l’intera preparazione possa essere troppo pesante e possa portare addirittura ad infortuni da sovraccarico.

Come sempre il buon senso è la principale di tutte le regole. E di buon senso, nell’affrontare la Maratona, ne occorre gran tanto.