“Io il metodo non direttivo non lo capisco nemmeno sui campi sportivi. Come puoi mettere sullo stesso livello un allenatore che studia lo sport da cinquant’anni ed un ragazzino che con lo sport gioca da qualche mese? Non parliamone poi a livello scolastico dove se anche un gruppo di insegnanti si sognasse di provare ad insegnare in modo diverso non ci si può spostare di una virgola dalle direttive impartite dal Ministero…”
Parto subito dalla scuola per poi concentrarmi sul mio settore.
Proprio ieri ho visto l’Assessore all’Istruzione della mia città e devo dire che, quanto a sincerità per me ieri ha conquistato molti punti. Sapete che siamo in piena campagna elettorale e che c’è gente che pur di farsi eleggere, se glielo chiedi, ti promette pure che farà la luna quadrata. Premetto che questo, se lo fermo per strada in qualsiasi momento dell’anno, si ferma e proprio per questo ho provato a fermarlo anche ieri, pensando addirittura che visto che siamo in periodo elettorale avrebbe potuto promettermi non la luna quadrata ma un qualcosa che ci va vicino. Per ammorbidirlo ho citato la sua splendida circolare di un paio di anni fa (che ho pure pubblicato su questo sito) nella quale esortava i genitori dei bambini che vanno a scuola a non parcheggiare troppo vicino a scuola e a fare qualche salutare passo di cammino per accompagnarli. Innestandomi su quella ho sparato la richiesta folle, molto più folle della luna quadrata, e gli ho detto. “Senti visto che esiste una legge già molto chiara in materia e pure un chiarimento del Ministero della Pubblica Istruzione che invita caldamente tutte le scuole a rispettare quella legge, non potremmo essere la prima città italiana che invece di far finta di niente invita davvero le scuole ad applicare la legge sul peso degli zaini?”. Sconsolato ha aperto le braccia e senza parlare mi ha fatto capire “Accidenti, mi vuoi proprio male, non potevi chiedermi anche tu la luna quadrata come tutti gli altri…?”. L’ho visto sconsolato e per farlo ridere un po’ gli ho aggiunto: “Ma lo sai cosa fanno per disattendere la legge? Sulla legge c’è scritto zaini e loro dicono che quella legge non si applica ai trolley perché i trolley non sono zaini. Ti rendi conto? Dobbiamo chiedere che modifichino la legge?!?” Non ha riso, mi ha guardato ancora più sconsolato ed ha fatto capire che lui tutto il possibile lo fa ma i miracoli non può farli. In sintesi far applicare la legge sugli zaini alla scuola italiana sarebbe un vero e proprio miracolo.
Altro che revisione del metodo di studio e rispetto delle direttive del Ministero. Qui non si cambia di una virgola, nemmeno se te lo impone il Ministero per cui capisco quanto sia folle ipotizzare che un sistema di insegnamento che già è molto osteggiato sui campi sportivi possa essere sperimentato a scuola dove se non si passano sei livelli di burocrazia non si cambia nemmeno lo sciacquone del water.
Torno sulle cose folli ma terrene. C’è una distanza abissale fra l’allenatore stagionato ed il ragazzino e, a mio parere, di sport ne sa di più il ragazzino. Mi spiego. Il ragazzino sa quello che avviene dentro di lui e questo l’allenatore stagionato non può capirlo nemmeno se ha novant’anni. Quello che può fare l’allenatore stagionato e con grande maestria è dare al ragazzino gli strumenti per cominciare a capirne ancora di più e se si vuole instaurare un proficuo dialogo allenatore-atleta dare anche gli strumenti per trasferire le informazioni. Il ragazzino ha una quantità di informazioni sul suo vissuto sportivo che è infinita ma fa fatica a parlarne. Non ha il lessico per parlarne. Diciamo pure che non ha la cultura per parlarne ma questo non vuol dire che non ne capisca nulla perché ne capisce molto di più del suo allenatore, il problema è che non riesce a spiegare quanto capisce. Dunque l’insegnante ha un ruolo molto importante che è quello di fare in modo che la comunicazione possa diventare possibile. Se l’insegnante parla solo la sua lingua e non si sintonizza sul linguaggio del ragazzino non possono passare le informazioni, né in un senso né nell’altro.
Questo non è il metodo direttivo è la consapevole umiltà di capire che tutto il tuo sapere non vale a nulla se non ti metti nei panni del ragazzino, che se anche hai allenato fior di campioni in quella comunicazione non sei nulla fin tanto che non hai trovato il linguaggio per metterti in comunicazione con un atleta che potenzialmente è anche più forte di tutti gli altri che hai allenato ma non può trarre vantaggio dai tuoi insegnamenti se tu non hai il coraggio di adattare il tuo insegnamento alle sue esigenze. Qui non c’è il verbo ed il discente, c’è una comunicazione fra due soggetti molto diversi fra loro e proprio perché sono molto diversi può essere una comunicazione difficile.
Io ritengo che sia l’allenatore a doversi rompersi le scatole per capire che linguaggio usare. Se qualcuno dice: “Queste sono le regole, se le capisce bene e se non le capisce amen” allora vuol dire che usa un metodo che io non approvo. Alla fine è questione di gusti, almeno al campo sportivo ognuno è libero di applicare i metodi che predilige, non ci sono programmi ministeriali, al più ci sono protocolli farmacologici ma quella è un altra storia, per fortuna non riguarda i ragazzini e comunque in Italia, come in molti altri paesi, non se ne può parlare.