A mio parere no. Non ci capisco molto di medicina alternativa, ma capisco perché si sta diffondendo molto. Come insegnanti di educazione fisica dovremmo creare lo “sport alternativo” per conquistare la fiducia non alternativa dei medici.
Sono molto contraddittorio nel mio rapporto con i medici. Da un lato invoco maggior attenzione da parte loro verso il nostro operato, dall’altro mi lamento dell’eccesso di medicalizzazione dello sport di alto livello. Sono due aspetti della stessa cosa. Se noi la smettessimo di essere “quelli dei salti” e riuscissimo ad essere realmente efficaci nel far arrivare il paziente un po’ più tardi dal medico di base, allora il nostro lavoro sarebbe stimato maggiormente.
Purtroppo accade il contrario, che il medico, investito di poteri magici che non gli vengono nemmeno richiesti, tolleri errori macroscopici da parte di nostri colleghi che esagerano decisamente con i carichi di preparazione su atleti di alto livello, per intervenire farmacologicamente a porre rimedio ai nostri errori. Questo è il fallimento dello sport come prevenzione, invece di diventare strumento per contenere il consumo di farmaci diventa un elemento che va a costituire nuove casistiche per l’uso di farmaci.
La medicina alternativa trova terreno fertile perché viviamo in una società che esagera con l’uso dei farmaci. Se andiamo a considerare addirittura possibile l’uso di farmaci per porre rimedio agli errori commessi da preparatori troppo esigenti allora siamo su una strada sbagliata.
Posso capire il medico che incita il sedentario cronico a muoversi e lo incoraggia dicendo: “Non abbia paura di dolorini nuovi, se vengono fuori troviamo il rimedio…”. Questo pur di sbloccare il sedentario cronico lo tranquillizza sull’ipotesi di scatenare patologie nuove con l’attività motoria. Se anche ciò accade ci metteremo rimedio con le medicine. In sintesi se per risanare i tuoi polmoni ed il tuo cuore ti fracassi un ginocchio potremo anche usare una medicina per quel ginocchio. Quello che non capisco è l’atteggiamento scriteriato di alcuni preparatori che dicono: “Io esagero alla grande con la preparazione, poi se certi parametri fisiologici sballano ci pensa il medico a ripristinarli.” Quel medico farebbe bene a rifiutarsi di collaborare con un preparatore del genere e dovrebbe anzi richiamarlo ad un atteggiamento più responsabile.
A mio parere non siamo parenti della medicina alternativa per il semplice motivo che non abbiamo a che fare con malati ma con soggetti sani. Con il nostro operato dovremmo fare in modo che il dilemma medicina tradizionale-medicina alternativa non si ponga nemmeno. Se il paziente non è un paziente perché è un individuo sano non ha bisogno né della medicina alternativa né di quella tradizionale. I sostenitori della medicina alternativa dicono che questa è anche una medicina di prevenzione. Allora, in questo caso, mi tocca ammettere che siamo dei concorrenti della medicina alternativa. Nelle nostre ambizioni c’è che lo sportivo resti uno sportivo sano e non abbia bisogno di alcun tipo di medicina. I controlli di routine devono dirci se questo obiettivo viene raggiunto ed in quel caso l’unico farmaco che viene somministrato, che non è un farmaco, è l’attività motoria.
Quando io reclamo l’attenzione da parte dei medici di base sull’attività motoria non lo faccio per istigarli ad occuparsi di un compito che non è loro ma lo faccio perché loro hanno il polso della situazione. Visitando la popolazione capiscono benissimo i danni che fa la televisione, capiscono quanto sia assurda una scuola che pretende di riformarsi ma resta ancorata alle due ore di educazione fisica settimanali di cinquant’anni fa.
Se l’ingresso dell’attività motoria nella scuola è reclamato dagli insegnanti di educazione fisica sembra l’ennesima lotta di categoria per il posto di lavoro. Se invece questo problema è evidenziato dai medici di base allora si capisce che non è un capriccio per impegnare più insegnanti di educazione fisica.
Alla fine la responsabilità è sempre nostra. E’ difficile che l’insegnante di lettere o quello di matematica si mettano a contestare che con due ore di educazione fisica alla settimana non si combina proprio nulla.
In una società terribilmente competitiva l’idea di dare ampio spazio all’attività motoria è una scelta alternativa. Per cui non “medicina” ma “scelta” alternativa. Vuol dire ristabilire il primato della salute sulle altre cose.
Uno dei concetti che mi spaventa delle attività che vengono proposte normalmente nelle palestre private è quello di “cardio fitness”. Va a fare “cardio fitness” gente che non si fa mai una rampa di scale a piedi neanche a morire, che fa tre giri dell’isolato per parcheggiare più vicino possibile al posto dove deve andare e che l’ultima volta che ha usato la biciclettà è stato trent’anni fa. Poi, durante il cardio fitness, spia sul cardiofrequenzimetro che la frequenza cardiaca rimanga costantemente fra 120 e 130 battiti al minuto. E ti credo perché quello più che uno sportivo è già un paziente e se va su a 160-170 battiti al minuto non si sa cosa succede…
L’attività motoria alternativa è quella che ti dice che tu al cardio fitness non ci arriverai mai perché durante la giornata svolgi già una certa quantità di attività motoria che ti porta normalmente su il cuore, a volte anche ben più su delle frequenze suggerite dal cardio fitness e pertanto alleni costantemente il tuo cuore, i tuoi polmoni ma anche tutti gli altri organi con un’attività completa che ti consente di valutare il tuo cuore solo quel giorno che ti vai a fare la visita medica annuale, senza doverlo spiare tutti i santi giorni attraverso un monitorino che fa bip-bip se vai un po’ più su.
La collaborazione necessaria con i medici è quella per schiodare dalla poltrona i sedentari cronici, quelli che rischiano di diventare pericolosi se insistono con la loro sedentarietà. Noi dobbiamo essere alleati comprensivi di quei soggetti ed abbiamo il compito di rendere l’attività motoria divertente e poco pesante. Gli atleti di alto livello fanno parte di un altro mondo e, a mio parere, non è giusto che facciano perdere tempo ai medici per questioni che non riguardano nemmeno la salute. O meglio, se un atleta di alto livello che è super sano per definizione, rischia di rovinarsi la salute per eccesso di carico lì il medico non c’entra proprio nulla, è tutta colpa del preparatore che pretende troppo. Ma forse questo è un modo di pensare “alternativo”.