Mi telefona un potenziale allievo che spero proprio che diventi un mio allievo, 75 anni, una fifa blu di approcciare la ginnastica che evidentemente non ha mai affrontato, almeno nell’ultimo mezzo secolo, fa un sacco di domande dimostrando che per lui l’idea di mettersi a fare ginnastica è un vero e proprio incubo e, ad un certo punto chiede: “Ma lu’, el so mestier qual’elo?…” che molto semplicemente vuol dire che m’ha chiesto che professione faccio.
La domanda è più che lecita, non è sorprendente e campata in aria. In Italia il mestiere di insegnante per l’attività motoria per la terza età non esiste ancora ed io stesso, ai tempi che furono, per costruirmi un orario decente che tutt’ora faccio fatica a coordinare a colpi di burocrazia stordente, ho dovuto farne di tutti i colori.
Ho dovuto tranquillizzare il mio allievo che spero di poter accogliere a lezione e, a sorpresa, gli ho detto che questo è proprio il mio mestiere.
A sorpresa perché, per esempio, se hai fatto questo mestiere non puoi insegnare la materia all’Università. No, per insegnare la materia devi essere stato insegnante a scuola ma mi risulta che di allievi settantenni e ottantenni a scuola ce ne siano pochi.
Parecchi anni fa, quando decisi che questo sarebbe stato il mio mestiere, sapevo di crearmi non pochi problemi per il futuro. La maggior parte dei miei colleghi appena avevano la possibilità di fare qualche supplenza a scuola mollavano tutto e davano la precedenza alla scuola. In breve, di insegnare attività motoria per la terza età non gliene fregava niente perché se avessero voluto di lavoro ce n’era, anche se di garanzie non ne dava per nulla.
Ad essere sincero nella mia scelta scellerata ci fu un’altra cosa ad aiutarmi. Anche se insegnare ai ragazzi mi sarebbe piaciuto (nonostante che caratterialmente mi senta più in sintonia con le persone su con l’età ed infatti i giovani che seguo nell’atletica temo che mi sopportino come “vecchio maestro”…) temevo che nella scuola di allora, che purtroppo è perfettamente identica a quella di adesso, sarei saltato per aria a trattare con colleghi desiderosi di bocciare qualche ragazzo reo di essersi normalmente allenato tre-quattro ore al giorno e dunque normalmente in crisi con la cronica soffocante impostazione della scuola “bombardamento di nozioni”.
Ecco, alla spinta verso la terza età si è abbinato l’istinto di fuga verso la scuola ma non verso i ragazzi perché con i giovani, anche se loro mi sopportano, io vi garantisco che mi diverto, ma mi diverto se non ci sono gabbie perché se fossi dentro ad un sistema che li ingabbia mi sentirei complice di questo. Proverbiali, al campo sportivo, i miei ammonimenti, gridati più che sussurrati, agli studenti che preparando gli esami di maturità saltano un po’ troppi allenamenti: “Attenzione che studiare troppo fa male alla salute!”
Insegnare attività motoria per la terza età è un mestiere “non mestiere” che ti salva dalla scuola e ti fa pensare molto. Io credo che pensare molto non sia una cosa solo per vecchi ed è per quello che esorto sempre tutti i giovani a fermarsi a pensare a ciò che fanno. E’ il miglior modo per invecchiare più tardi possibile. Sognare un futuro migliore è una cosa da giovani, può essere anche faticoso perché implica una reazione a certe situazioni ma noi reagiamo all’ambiente da zero anni fino alla fine anche se non ce ne accorgiamo e siamo vivi proprio per questa capacità di reagire. Di mestiere, probabilmente, faccio il sovversivo cronico, per questo, quando si tratta di muoversi, per conto mio non ci sono limiti proprio per nessuno.