Da grande faccio il prete. Però temo che ormai grande non lo divento più perché a volte mi sento ancora sette anni anche se ne ho quasi dieci volte tanti e non ci sono segnali di crescita se non l’avanzare inesorabile dell’artrosi nonostante un’attività fisica tutt’altro che occasionale.
Non vedo benissimo i giovani d’oggi e non attribuisco a loro nessuna colpa se non quella di non rendersi conto che l’obbedienza non è più una virtù come diceva Don Lorenzo Milani già nel 1965. Non è una questione di spese militari o di obiezione di coscienza, anche se già quello è un argomento di grande importanza e purtroppo ancora atrocemente attuale, ma una questione generale di obbedienza a tutto tondo, di adesione ad un sistema che fa acqua da tutte le parti e non ha rispetto dei giovani.
I giovani d’oggi si danno da fare su tutti i fronti ed hanno sempre meno tempo libero, sono sfruttati ma non se ne rendono conto, hanno gran poche prospettive di carriera e se ne rendono conto ma, forse giustamente, non se ne fanno un problema. Il problema è che partono da situazioni umilianti ed il confronto con i giovani africani che vengono qui per farsi sfruttare ancora di più non è che sia molto esaltante. Per certi versi i giovani africani, anche se sfruttati in modo indecente, hanno la consolazione che se per sbaglio riescono a mettere via qualche soldino, quel soldino pesa se lo spediscono a casa loro. I giovani italiani invece, anche se ce la facessero cosa se ne fanno di un risparmio che può essere solo che un’autentica miseria? Lo spediscono a qualche amico in Africa?
L’obbedienza dei giovani italiani oltre che alle anacronistiche ingenti spese militari è ad un sistema che non si evolve e non da speranze di evoluzione. Purtroppo pare che l’unica forma di disobbedienza sia la fuga all’estero.
Mi rattrista vedere che non esiste una coscienza politica dei giovani e che siano disillusi sul fatto che con la politica si possa cambiare qualcosa. Probabilmente hanno ragione, ma allora se hanno consapevolezza di ciò che la politica la facciano loro, senza violenza ma con modi che non siano quelli della presa in giro televisiva. Dovrebbero avere la forza di uscire dalla politica dello smartphone ma ne sono pienamente immersi dentro ed invece di inventarsi la disciplina sportiva più salutare del mondo che sarebbe il lancio dello smartphone si tengono ben connessi e agganciati a questo stramaledetto aggeggio che li conforma e tarpa loro le ali del cambiamento. Forse hanno la grande umiltà di capire che si può vivere anche così. Forse da questo punto di vista sono solo vecchio e, pur dimostrando sette anni perché non mi sono evoluto dai modi di vita di quando avevo sette anni, non ho la capacità di organizzare l’unica possibilità di reazione a questo sistema che è l’idea di cavalcare l’onda invece di provare a cambiare tutto in modo utopistico.
Praticamente il razionale ragionamento dei giovani è questo: “Premesso che queste sono le condizioni, vediamo come si può sopravvivere nel modo più dignitoso senza sovvertire le istituzioni ed adeguandosi al mondo che gli adulti hanno confezionato per noi.”
Pertanto mi sento doppiamente vecchio, in primo luogo perché mi rendo conto della minor libertà che hanno i giovani di oggi rispetto a quella già non troppo eccessiva che avevamo noi un tempo (ma almeno, diciamo che il registro elettronico a scuola non esisteva e potevi farti i cavoli tuoi senza che i genitori sapessero minuto per minuto cosa combinavi…) e poi perché non vedo nei giovani questo gran desiderio di cambiamento che a mio parere dovrebbe essere terribilmente istintivo e opportuno.
Così mi ritrovo nello sport a pubblicizzare miti dimenticati come quello dell’atleta che va avanti senza farmaci e quello del soggetto che pratica sport anche se non è un campione. Sono miti curiosi che forse sono solo una terribile fuga dalla realtà per chi ha voglia di reagire un po’ alla società tritatutto. Il famoso “Fermate il mondo, voglio scendere…” impossibile perché il mondo corre troppo veloce, anche se per certi versi sembra fermo, si risolve in un improbabile “Non scendo ma fatemi fare sport come cavolo voglio io…” e, tutto sommato, è una scelta ancora più eccentrica di chi vuole scendere.