LO SPORT HA BISOGNO ANCHE DEI NON PROTAGONISTI

Tutto lo sport ha bisogno anche dei non protagonisti, quello dei comuni mortali perché fanno “numero” e per giocare meglio bisogna essere in tanti, quello della televisione per far sopravvivere lo spettacolo altrimenti uno spettacolo dove il colpevole è sempre ed unicamente il maggiordomo è una noia mortale.

Al di là della deplorevole selezione di atleti perpetrata in modo molto discutibile grazie alle infallibili leggi dell’antidoping mi auguro che queste Olimpiadi siano le Olimpiadi dei “non protagonisti”. Le competizioni dove vincono sempre i favoriti sono meno entusiasmanti da seguire, soprattutto se la differenza di livello fra il protagonista assoluto e gli out sider è davvero consistente.

Mi auguro che i protagonisti perdenti sappiano perdere e non ci siano scene di disperazione davanti alle telecamere del tipo “Ho lavorato duro per quattro anni per prepararmi a questo evento e adesso per un banale errore ho compromesso tutto il lavoro di questi quattro anni…”. In primo luogo non è un “lavoro” anche se ci si investe su tempo e danaro e certi sponsor fanno pure degli investimenti colossali per favorire la vittoria di questo o quell’atleta, di questa o quella squadra, poi se ti sei preparato a dovere ciò che hai fatto non è stato buttato al vento solo perché hai fallito un Olimpiade. Dobbiamo smettere di pensare che l’Olimpiade è una e le altre sono tutte gare di contorno che non servono a nulla. Questo non è spirito sportivo, è tutt’altro, è fanatismo. Intestardirsi su un’ unica gara è presuntuoso ed infantile. Anche da un punto di vista scientifico, visto che si vuole far credere sempre più che lo sport sia una scienza (ma, per fortuna, non lo sarà mai) una volta che un’atleta si è preparato a dovere è più che lecito attendersi buoni risultati da quella preparazione ma sperare che quella preparazione possa sortire il massimo dei suoi effetti proprio nel preciso giorno della competizione olimpica è un po’ pretendere troppo.

Il giorno che uno sponsor decide che vuole sponsorizzare il futuro campione olimpico e che nel prevedere chi sarà quel soggetto prima che vinca il titolo vuole un margine di errore bassissimo perché visto che ci investirà su una cifra colossale vuole che quello sia un investimento praticamente sicuro, sarà il giorno della fine dello sport. Se lo sport perde la sua imprevedibilità muore. Speriamo che non si arrivi mai a costruire il campione che sappiamo che vincerà quasi di sicuro, a quel punto tutti gli altri potrebbero stare a casa non perché partecipare anche senza vincere non sia divertente e gratificante, solo perché l’esito della competizione deve comunque essere incerto, altrimenti non andiamo più allo stadio ma andiamo a teatro dove il colpevole è sempre il maggiordomo, lo sappiamo, ma vogliamo comunque vedere come recitano gli attori. A me di vedere come corrono gli atleti di una gara che si sa già in partenza come andrà a finire non interessa molto. Se proprio voglio studiare la tecnica di corsa dei singoli posso benissimo studiarla durante i loro allenamenti. Della gara voglio vedere lo sviluppo tattico e spero proprio che sia imprevedibile perché, dal mio punto di vista, più è imprevedibile e più è divertente.

Mi sono spesso lamentato, con riferimento alle gare  nelle categorie amatoriali, che viene un po’ dimenticato il tatticismo esasperato di quando si era giovani, è come se ci si vergognasse ad andare troppo piano nella fase iniziale della gara. Se è vero che vi sono molte cose che purtroppo è giusto dimenticare di quando eravamo giovani per non rischiare di farsi nel male una delle cose che è lecito ricordare e, a mio parere, fa pure bene alla salute oltre che allo spirito è il tatticismo esasperato tipico delle gare di mezzofondo dove molte prove sembravano solo delle corse di riscaldamento per arrivare ad un 200 metri finali da velocista. Ovviamente l’appuntamento non era sempre ai 200 metri finali altrimenti addio effetto sorpresa ma molto spesso chi lanciava la volata un po’ troppo presto per potersi avvalere di questo effetto sorpresa finiva per pagare l’acquisizione di questo diritto con una sonora e storica “imballata” negli ultimi metri di gara.  A me, in particolare piacevano i colleghi che pur di lanciare la volata all’ultimo momento rischiavano pure di perdere. Erano i più simpatici, quelli che se riuscivano a vincere lasciavano tutti a bocca aperta, se perdevano si prendevano un sacco di insulti con il classico “Ti sei proprio mangiato la gara, bastava che partissi un po’ prima”. Confesso che anch’io mi sono mangiato qualche gara in quel modo lì e non  ero uno di quelli che poteva permettersi il lusso di partire proprio negli ultimi metri perché, pur avendo un buon finale, non avevo un cambio “secco” in grado di farmi produrre accelerazioni repentine in pochi metri. Però era bello arrivare agli ultimi 100 metri ancora tutti uniti, ancora tutti protagonisti e potenziali vincitori.

Il tatticismo esasperato era divertente, aumentava il numero dei possibili protagonisti e consentiva di gareggiare di più perché la cosiddetta “gara tattica” era più facilmente recuperabile della classica gara “alla morte” tirata dal primo metro all’ultimo con tanto di lepre a dettare il ritmo da record.

C’è da dire che da amatori gareggiamo molto di meno e non abbiamo dunque bisogno di gare tattiche per recuperare prima in vista di impegni agonistici ravvicinati che generalmente non ci sono, però quando vedo che finalmente si profila una splendida gara tattica di quelle che può portare alla fine tutto il gruppo compatto ma questo tatticismo dura al massimo qualche istante perché immancabilmente parte qualcuno ben prima di metà gara perché ha paura di andare troppo piano, mi viene nostalgia dei tempi passati e penso “Ma dove cavolo deve andare questo qui? Non le ha fatte anche lui le sue due-trecento gare nei quarant’anni precedenti?” E la risposta molto semplicemente è “No” perché questo quasi di sicuro è un amatore nuovo di zecca con il motore completamente nuovo, magari di gare ne ha fatte si e  no dieci perché fino a due o tre anni fa ha fatto tutt’altro sport ed ha scoperto l’atletica a 50 anni, e pertanto ha una fretta incredibile di aumentare il ritmo perché oggi vuole a tutti i costi fare il suo record ed ha pure paura di perdere se ci sarà un finale troppo violento perché non avendo esperienza di gara, nonostante i 50 anni suonati, non sa cosa succede in un finale di gara convulso.

Insomma, professionisti o amatori io mi auguro sempre che la competizione sia imprevedibile. Se devo vedere un atleta che parte in testa e sta in testa tutta la gara non mi annoio solo se questo da segni di cedimento perché, a meno che non  sia mio amico, faccio il tifo… per tutti gli altri.