Nella mia mania di accostare sempre lo sport alla società intera e ritenerlo fortemente collegato a questa ho osato tirare in ballo nell’ultimo articolo nientepopodimenoche i recenti tumulti in Francia. Ovviamente spero come tutti che questi tumulti possano rientrare ma non sono assolutamente sorpreso da quanto sta accadendo dai “cugini” in questi momenti.
La società capitalista è allo sbando, stanno emergendo rogne secolari e speriamo che la verità non venga a galla tutta in un colpo solo altrimenti ciò che sta accadendo in Francia è solo l’inizio di un qualcosa di peggio che potrebbe espandersi ben oltre la Francia visto che i francesi non sono messi molto peggio degli altri.
Cosa c’entra lo sport con tutto questo?
Il nostro modello di sport è un modello chiaramente ispirato alla filosofia capitalista e per usare un’ immagine un po’ rozza appare “fratturato”.
Fratturato perché come nell’economia capitalista c’è la vecchia classe dirigente che non si muove di un millimetro e pensa solo ad arricchirsi sempre più da un lato e dall’altra parte il popolo schiavizzato che tira avanti la baracca e subisce le promesse mai mantenute di chi comanda che non vuole cambiare proprio nulla, così nello sport ci sono i padreterni che sono sempre più padreterni e messi su piedistalli sempre più alti dai quali cadere è proprio pericoloso da un lato e dall’altro ed il popolo di chi vorrebbe fare sport ma non ne trova il tempo. E poi, detto fra noi, chi ci prova a tirare giù dal piedistallo i padreterni sempre più in alto?
La frattura nella società produce danni gravissimi e drammatici, quella nello sport non ne produce di altrettanto drammatici ma può essere grave causa di sedentarietà ed allora, a ben vedere, è un fatto estremamente serio e di grande rilevanza sociale pure questo.
La fantasia che questo tipo di sport faccia comodo al sistema capitalista, perché a tale sistema economico fanno comodo masse di telespettatori assetati di grandi risultati dei campioni più che masse di sportivi pronti ad arrabbiarsi se non hanno il tempo per fare sport vero e le strutture per poterlo praticare, è una mia fantasia che io continuo a ripetere ed ho la presunzione che abbia pure un concreto aggancio con la realtà.
Quando lo sport dei campioni è messo talmente in alto che non ha più contatti con quello degli umili perde la sua funzione di traino e non è più la locomotiva che tira il treno.
Un giorno il grande Pietro Mennea in una sua conferenza chiese ad un ragazzino se questo voleva fare cambio con lui. Gli disse: “Io divento te e tu diventi me e sai che fai gli stessi tempi che ho fatto io…” Il ragazzino rispose no ed il motivo di questo no era il vanto che si faceva Mennea di quel tipo di sport. Il ragazzino non voleva fare i tempi di Mennea per il semplice motivo che voleva fare meglio di lui e questa è la giusta idea che devono lasciare i campioni dello sport.
Al giorno d’oggi penso che se Jacobs chiedesse a qualche ragazzino se vuol fare cambio con lui non troverebbe nessuno disposto a rifiutare e per quanto sia stato immenso fino ad ora Jacobs faccio fatica a credere che sia già meglio del mitico Mennea.
Semplicemente Jacobs è visto ancora più distante ed inarrivabile di quanto veniva visto Mennea ai suoi tempi e tale esempio non è ristretto solo ai due grandi velocisti ma prende tutto lo sport.
Il campione di oggi è un personaggio staccato dalla realtà di tutti i giorni, più di un tempo.
Guardate che una volta tanto non sto trattando di doping. Il doping è sempre esistito ed il fatto che al giorno d’oggi sia praticamente impossibile da combattere non cambia nulla. Anche al netto del doping la distanza fra il campione ed il comune mortale è abissale e lo è più su un piano psicologico che se un piano fisico.
Non me li immagino i tumulti di piazza per fare in modo che lo sport degli umili si riagganci allo sport dei campioni, ci sono istanze decisamente più urgenti da reclamare in piazza, magari senza devastare le città.
Però in questi sconvolgimenti sociali dobbiamo anche capire che se al popolo bistrattato viene tolta la capacità di sognare la protesta per le cose importanti rischia di essere ancora più violenta.
Non si tratta di drogare la popolazione con lo sport e di sedarla con gli effetti benefici e rilassanti dello sport, si tratta semplicemente, a partire dallo sport, di smetterla di creare dei padreterni inarrivabili (che si trovano a disagio loro stessi per pressioni pazzesche da parte degli sponsor) e di avere più attenzioni per la popolazione comune che è fatta di sportivi più che di telespettatori.
Il presidente della Federazione di atletica, sport che analizzo con più cura di tutti gli altri, è stato abbastanza fortunato fino ad ora nel suo mandato. Proprio per questo mi sento di potergli muovere una piccola critica, visto che molte cose sono andate bene. L’atletica, come tutti gli altri sport, vive questa frattura e il presidente, quando ancora non era presidente aveva fatto una bella promessa. Premetto che non voglio creare problemi al presidente, lo conosco da tempo, praticamente dalla sera nella quale fece il suo record sugli 800 metri a Cittadella in una tranquillissima gara regionale.
In quella gara c’ero anch’io. Feci il mio personale sugli 800 pure io, un paio di secondi dietro al presidente che vinse la gara e vado in giro a dire che oltre che la temperatura ideale prendemmo una folata di vento a favore nel rettilineo dai 500 ai 600 metri (duecento metri dalla fine) che poi miracolosamente si attenuò quando ci presentammo in retta finale. Forse tale cosa ha avvantaggiato solo me che transitavo ultimo pigliando tutto il vento alle spalle e pesando nulla (adesso che sono 10 kg di più mi dicono che sono troppo magro…) sentivo enormemente il vento.
Il problema non è quello, il problema, anzi il “miracolo” era che in quella gara c’ero anch’io, atleta piuttosto modesto, nella stessa batteria con il personaggio che l’anno dopo sarebbe diventato campione europeo dei 10.000 metri. Il ragazzo non era assolutamente un padreterno su un piedistallo così come non era per nulla un padreterno quel Tonino Viali (atleta da 1’45” sugli 800 e guardate quanti se ne trovano in giro da 1’45” quasi 40 anni dopo…) che si degnò di farci da lepre in una normalissima gara regionale.
La promessa dello Stefanone nazionale in campagna elettorale era terribilmente collegata a questi fatti narrati prolissamente dal sottoscritto. Disse: “Mi impegnerò perché l’atletica dei gruppi sportivi militari non sia soffocante nei confronti dell’atletica “normale” delle squadre civili. Quella sera c’erano molti militari in quella bella serie degli 800, ma eravamo anche tee o quattro civili (pure io) e ci intrufolammo dentro la serie senza sfigurare. Ciò ora non sarebbe più possibile alla faccia della promessa del presidente e ripeto che non è colpa del presidente perché tutto lo sport ormai è così però se quella promessa fosse stata mantenuta avremmo ancora un’atletica dove che tu sia militare o meno hai tutte le possibilità intatte di fare una buona atletica.
I miracoli non si possono fare e ovviamente non li chiedo a Stefano Mei che già ha fatto cose grandi per l’atletica, però il problema di tutto lo sport, non solo dell’atletica, è proprio questo, che non si può avere uno sport a due velocità dove chi è in un gruppo sportivo militare è libero di allenarsi quanto vuole, fare praticamente il professionista e diventare un padreterno mentre chi appartiene ad una squadra civile deve accontentarsi di fare la comparsa ed è già tanto che non sia a fare il telespettatore con la birra in mano come molti altri.
I tumulti in Francia sono per ben altre cose, cominciamo a cercare equità anche nello sport poi forse saremo allenati a cercarla anche nelle cose più importanti.