LO SPORT FRA FAME, SONNO E STRESS

Jacobs vince il titolo mondiale sui 60 metri indoor, corre in 6″41, nuovo record europeo, la sua gara è un capolavoro di perfezione e noi italiani siamo tutti contenti. Siamo tutti contenti per lui però perché il nostro sport è immerso in una cornice un po’ scomoda.

Di quel mondiale indoor c’è da dire che mancavano i russi e io che sono nostalgico, continuo a dire che era meglio quando si sospendevano le guerre per fare lo sport, non capisco perché deva essere sospesa una squadra perché gli uomini politici dello stato da cui proviene quella squadra hanno le idee un po’ confuse. I politici di molti stati hanno le idee un po’ confuse e, per dire, nel terzo millennio non abbiamo ancora risolto il problema della fame. C’è il doping per tutti gli stati del mondo (grande democraticità…) ma non c’è acqua e cibo a sufficienza per tutti gli stati del mondo. Se devono esserci delle ragioni sufficienti per bloccare lo sport per protesta temo che queste bastino ed avanzino e possano bloccare pure tutte le nazioni, non un solo stato. Non si capisce perché deva esserci il doping per tutti ma non l’acqua ed il cibo essenziale. O forse si capisce: perché il doping dipende dalla struttura organizzativa dello sport che, nel bene e nel male, raggiunge tutti i paesi mentre le fonti di sussistenza primarie non dipendono dalle leggi dello sport.

Restiamo abbagliati dalla perfezione della corsa di Jacobs ma poi il nostro sport, misero ma importante, resta invischiato nelle logiche di un mondo che dovrebbe funzionare meglio.

Siamo immersi in fame, sonno e stress.

La fame dei paesi poveri, ed è una fame ormai cronica che dovrebbe essere risolta almeno da mezzo secolo, almeno da quando quello stramaledetto arnese che si chiama televisione è entrato nelle nostre case facendoci vedere in un attimo cosa succede dall’altra parte del mondo. Con questo arnese non abbiamo più scuse, uno patisce la fame a migliaia di chilometri da casa tua e tu lo vedi e non puoi ignorarlo e anche se non è della tua nazione e pare che i governanti della tua nazione non ci possano fare niente perché dicono che non dipende dalla loro politica, tu devi avere la forza di ribellarti perché altrimenti non puoi andare a fare sport, andare a divertirti con la coscienza pulita, visto che quel soggetto che muore di fame non è un marziano di un altro pianeta bensì un cittadino del mondo, di quel mondo che ogni quattro anni partecipa completo alle Olimpiadi.

Il sonno. Il sonno di quella stessa televisione che ti fa addormentare sul divano e che anestetizza tutto e tutti perché tutto diventa normale, la fame, la guerra e soprattutto l’informazione deviata. Ed allora l’unico messaggio autentico che dovrebbe mandare la televisione ai giorni nostri è che se ci si vuole informare davvero bisogna scendere nelle piazze, riformare la scuola, quella scuola che ancora adesso si fonda sulla poesia a memoria e sembra fatta per dare occupazione ad un esercito di insegnanti imbrigliati nei “Programmi ministeriali” più che per insegnare i giovani a pensare. I giovani non pensano, schiavizzati dal telefonino e da una società che non li vuole protagonisti. I giovani protagonisti nella società attuale fanno paura perché ci sono troppe cose che non funzionano e si ha paura che vogliano cambiare questa società in modo determinante, in modo netto, in modo che chi la comanda non lo possa più fare con la stessa prepotenza con la quale l’ha fatto fino ad ora.

Lo stress. Lo stress di una società che si fonda sulla paura. La paura del Covid, la paura della catastrofe nucleare. E così c’è il vaccino per tutti che salva la Patria, anche i paesi africani che non hanno l’acqua. Non hanno l’acqua ma hanno il doping e, se vogliono pure il vaccino per il Covid. Ma lì pare che il Covid faccia meno danni. Alla terza età non ci arrivano perché muoiono prima, muoiono di altre cose.

Qualcuno si è lamentato perché trattiamo i profughi della guerra con più solerzia di quella che adottiamo per i profughi africani. Non c’è questa grande differenza. Sostanzialmente offriamo sempre accoglienza ed armi. L’unica differenza è che agli africani non facciamo niente gratis mentre agli ucraini, almeno in apparenza, lo facciamo pure gratis. Gli africani per farli venire qui li facciamo pagare (in “nero” grazie agli scafisti) e facciamo pagare loro pure le armi che vendiamo per i loro proverbiali ed atavici conflitti. C’è da dire che se non ce la fanno a pagarci le armi provvediamo con aiuti umanitari a fare in modo che possano saldare il debito per queste spese più in fretta possibile. Con gli ucraini sembriamo più gratuiti nel senso che l’accoglienza è gratutita, salvo vaccinarli anche se non vogliono dopo averli ubriacati di accoglienza (o vodka?!?) e poi le armi le ragaliamo ai loro governanti perché per splendidi accordi politici si è deciso che la loro è una guerra giusta, una di quelle splendide guerre tipo quelle di cento anni fa per salvare la Patria che vanno finanziate, perché tutte le guerre vanno ripudiate, tranne quelle giuste per salvare la Patria.

Non me ne intendo di guerre e manco di politica (forse non occorreva nemmeno tale precisazione su questo sito…) ma mi pare che a livello economico questa guerra abbia già sortito un effetto strano: l’aumento del prezzo del petrolio che è quella cosa che nessuno vuole ma che fa comodo a tutti gli stati che comandano il mondo.

L’economia del petrolio pareva al collasso per somma gioia degli ambientalisti che speravano che fosse all’orizzonte un nuovo tipo di economia non più all’insegna dello smerdamento del pianeta ma all’insegna del suo recupero. Con questa guerra, come per incanto, il petrolio vola alle stelle e mentre prima non lo voleva più nessuno e ti pagavano se gliene portavi via un po’ di barili adesso è tornato ad essere “l’oro nero”. Quell’oro per il quale si sono fatte quasi tutte le guerre dei nostri tempi. E forse pure questa.