Ho visto il film “L’insostenibile leggerezza dell’essere” tratto dall’omonimo romanzo di Kundera. Non sapevo nemmeno che esistesse anche se ormai è quasi vecchio (è del 1988, nella nostra società sono vecchi film che hanno pochi mesi…). Sarà perché sono un appassionato di Kundera ma ho trovato meglio il libro. In ogni caso l’arte è arte e qualcuno sarà pronto ad obiettare che da un romanzo “così così” hanno tratto un grande film, ognuno la vede a modo suo.
Non è questa la disputa. Pure il mio “possibilitometro” è passato per un qualcosa di politico che invece di dare indicazioni precise per l’attività motoria si scaglia con veemenza contro questo modello di struttura sociale e, insomma non è sufficiente spegnere la tv ed il telefonino per mettersi in movimento, quelle semmai sono semplicemente mosse di contestazione sociale.
Il film (o anche il libro) “L’insostenibile leggerezza dell’essere” è una grande critica e denuncia nei confronti del sistema comunista che ha calpestato alcuni dei più importanti diritti del cittadino. Mai stato comunista, ma passo per esserlo in quanto forte contestatore di questo sistema sociale che i più chiamano ad impronta capitalista e consumista (ditemi voi come si chiama, forse non sono aggiornato sui termini) e lo sono in quanto lo ritengo devastante con riguardo all’attenzione per la salute fisica e mentale dei cittadini. Comanda il capitale, la produzione, l’economia, il benessere dei cittadini non conta nulla.
Dire queste cose non è essere comunisti è essere obiettivi. Ammettere che il mondo è in una specie di anarchia che in realtà è fortemente controllata da una banda di qualche centinaio di riccastri che lo comandano pilotando politica ed economia secondo le loro esigenze è necessario per non prendersi in giro. Altro che democrazia, questo è un sistema fortemente oligarchico ed ingessato dove l’unico modo per entrare nella stanza dei bottoni è accumulare una quantità tale di danaro da entrare nel novero degli eletti.
L’attività fisica dei cittadini fa i conti con queste direttive. Abbiamo un’infinità di palestre private (altra colpa: non le ho minimamente considerate nel mio “possibilitometro”) che meriterebbero di essere assistite per poter fornire un ottimo servizio alla cittadinanza. Non sono minimamente sostenute (e tanto meno controllate) e molte di queste finiscono per essere delle vere e proprie botteghe dove si vendono mode ma non attività motoria di qualità.
E’ ovvio che quando dico che occorrono meno macchine e più personale qualificato faccio politica. Perché sostengo un modello di stato assistenziale fuori moda e sputo nel piatto del business. Gli imprenditori vadano a finanziare le lavanderie a gettoni. Nel mondo dell’attività motoria occorrono defiscalizzazioni del personale di palestra che costa veramente tanto e sarebbe molto opportuno tassare tutte quelle macchine che per il solo fatto che sono convenienti economicamente hanno semplicemente devastato le abitudini di movimento di molti cittadini e letteralmente sputtanato (mi si scusi il termine) un certo modo di proporre l’attività fisica per la salute.
E’ insostenibile (un’ insostenibile leggerezza…) a mio parere trattare l’attività motoria in modo miope soffermandosi a valutare le migliori applicazioni possibili delle mode che ci arrivano dagli Stati Uniti (la culla di tutti i business) senza considerare che c’è un tipo di attività motoria che dovrebbe essere a disposizione di tutti i cittadini che è assolutamente ignorata. In palestra si acquisiscono importanti informazioni per muoversi bene e queste informazioni te le può dare solo un professionista e non una macchina ma in palestra non si va per camminare o per andare in bicicletta perché quello è ciò che fai “fuori” dalla palestra per arrivarci. Se uno è costretto ad arrivare in auto in palestra vuol dire o che ci sono poche palestre e dunque il tratto da coprire per andarci è troppo lungo oppure, più realisticamente, che la strada per andarci è una giungla e andarci a piedi e/o in bicicletta è troppo pericoloso. Difficile pensare che un gestore di palestra possa bonificare tutto il territorio circostante alla sua palestra. A quel punto è davvero più facile piazzare una cyclette o un tapis roulant dentro la palestra e ammettere che un po’ di attività fisica va fatta anche in quel modo lì (che è assolutamente vero). Questo non è essere colpevoli ma ammettere che ci sono dei problemi nel tessuto urbano. Sono molto più diffidente invece nei confronti delle cattedrali del fitness, magari piazzate in tanta malora che ci puoi andare solo in auto (ed è evidente che il costo di gestione di un impianto in tanta malora è pure più basso, il costo te lo paghi tu andandoci in auto…) con batterie di cyclette e tapis roulant a perdita d’occhio: quella è complicità ed alimentazione di un sistema aberrante, quella è miopia del movimento, è lanciare il messaggio che a camminare ed in bicicletta non si va più nella propria città ma in palestra.
Non sono comunista, non ho visto solo ieri nel film “L’insostenibile leggerezza dell’essere” le insostenibili stronzate che è riuscito a fare il sistema comunista, ma sono un grande sostenitore dello stato assistenziale almeno in tema di attività motoria (che è fortemente collegata al sistema sanitario perché incide tantissimo sulla salute dei cittadini) e ritengo che le grandi scemate diffuse dal libero mercato vadano controllate perché con la salute dei cittadini non ci si può giocare.