“…dopo il polpettone di stampo pseudofilosofico, ci potresti fare un articolo più terra-terra e magari un po’ più tecnico sulla leggerezza della corsa?…”
Ci posso provare ma non attendetevi da me un articolo di stampo scientifico. Quando parliamo di “leggerezza” della corsa di scientifico possiamo scrivere ben poco, possiamo trattare di sensazioni o anche portare in campo altri concetti più misurabili quali ampiezza della falcata e tempi di appoggio ma dovremo comunque sperare di intenderci su termini che sono destinati ad avere in sè sempre un qualcosa di vago.
Siamo a metà strada fra l’oggettivo ed il soggettivo. E’ un po’ come quando ci si diverte a fare commenti sulla bellezza di una donna, ma forse un po’ più semplice. Quando un gruppo di uomini da apprezzamenti di carattere estetico su una donna, altre donne capovolgono il giudizio e danno particolari dettagliati a motivazione della contestazione del giudizio. Quando qualche donna commenta con estasi la leggerezza di corsa di un atleta, il gruppo dei tecnici o presunti tali sale in cattedra a spiegare perchè quella corsa non è leggera, adducendo motivazioni che forse sono anche più semplici di quelle adottate nel caso precedente, ma più o meno il meccanismo è quello. Resta il fatto che se una donna viene ritenuta bella ed una corsa leggera e/o elegante da più soggetti probabilmente qualche cosa di oggettivo dietro c’è.
Allora i concetti in campo sono leggerezza, eleganza, efficacia ed economia della corsa. Per misurarli abbiamo a disposizione anche dei parametri oggettivi che possiamo utilizzare quali ampiezza della falcata, tempo d’appoggio del piede a terra, durata della fase di volo. Queste tre cose sono abbastanza facilmente misurabili più o meno come sono misurabili i famosi 90/60/90. Non abbiamo ancora inventato però, per fortuna, lo stereotipo ideale dell’ampiezza, del tempo d’appoggio e della fase di volo per inneggiare all’atleta ideale e spero che ciò non accada mai perchè potrebbe dar vita a dibattiti ben più scadenti di quelli provocati dal famoso 90/60/90.
Parto con le mie considerazioni del tutto personali sapendo di prestare il fianco a commenti anche sarcastici più che giustificati.
Leggerezza di corsa e ampiezza della falcata. Siamo portati a pensare che sia bella la corsa leggera, che sia bella la corsa elegante. Però non pensiamo mai al fatto che se la corsa è ampia, e quindi tendenzialmente elegante, difficilmente sarà anche leggera. Le due cose sono difficilmente conciliabili. Juantorena era regale, ma non ditemi che era leggero. Cova aveva una leggerezza inimitabile ma non ditemi che era elegante nello stile come Stefano Mei che faceva un bel po’ di passi meno di lui per coprire la stessa distanza. La leggerezza ha anche una sua eleganza e Coe e Kipketer erano in grado di dimostrarlo ma l’eleganza statuaria di un Rudisha non la metti in scena con grandi frequenze e brevi tempi d’appoggio.
Economia di corsa e tempi d’appoggio. Potremmo essere portati a pensare che il tempo di appoggio breve sia sempre conveniente e dia una buona efficienza ed economia della corsa. E come la mettiamo con Gelindo Bordin? Il Gelindo nazionale aveva tempi d’appoggio piuttosto lunghini ma un’economia ed un’efficacia della corsa che gli hanno permesso di ottenere risultati che, tanto per dire un campione sovrumano con tutt’altro tipo di corsa, Ikangaa, non è riuscito ad ottenere.
Durata e tipologia della fase di volo. Siamo portati a pensare che una fase di volo bella ampia e quindi anche importante come durata sia oltre che elegante ottima premessa per una buona efficacia di corsa. E come la mettiamo con Michael Johnson? Il suo 19″32 sui 200 è a tutt’oggi fantastico. Ma ha trovato uno che corre più ampio di lui e dunque fa meglio (Bolt). Non sui 400, dove si è sempre creduto che l’ampiezza fosse fondamentale per poter arrivare in fondo alla gara ancora in grado di tenere buone velocità. Il record del mondo dei 400 è ancora suo. Misurate pure tempi e qualità della fase di volo della sua corsa. Se quello è il modello ideale viene da dire “nella corsa vietato saltare” perché di dispersione aerea in quella corsa non ce n’è nemmeno l’ombra.
Efficacia ed eleganza della corsa: Jarmila Kratochilova. Abbiamo appena citato un personaggio che detiene il record del mondo dei 400 dal 1999, questa è primatista del mondo degli 800 dal 1983, potentissima ma economica, radente, forza da velocista con utilizzazione dell’energia da maratoneta, il mondiale è ancora suo e nessuno si è mai sognato di dire che si corre così.
Gli stereotipi vanno abbattuti. I maschi sono più potenti le donne più leggere. La Kratochilova aveva una potenza stratosferica e la utilizzava tutta molto bene per fare quel mondiale che resiste tutt’ora. In campo maschile Kipketer non aveva sta gran potenza, quel po’ che aveva che gli serviva per fare il record del mondo degli 800 maschili e poteva pure utilizzarla un po’ meglio invece di farsi appioppare l’aggettivo di leggero ed elegantissimo. Un po’ meno elegante e un po’ più efficace con qualche passo un po’ più tagliato e messo giù “prima” e forse il record del mondo sarebbe ancora suo. Ma poi no, perché deve arrivare Rudisha che oltre che elegante è pure potente e fa meglio di tutti.
Ci stiamo tutti chiedendo com’è la tecnica di corsa di Tuka che sta dominando la scena mondiale degli 800 in questi giorni. E invece di rispondere a quello diciamo che vince perché è un ragazzo determinato, umile e che ha della qualità psicologiche oltre che fisiche notevolissime. Ma Tuka ci sta dimostrando che la corsa non ha un modello. Se batte tutti dovremo dire che si corre come Tuka e dovremo a tutti i costi sforzarci di capire quali sono le caratteristiche vincenti della corsa di questo nuovo fenomeno. Nella stessa serata della consacrazione di Tuka la Dibaba ha abbattuto il record mondiale dei 1500 che resisteva da 22 anni: è elegante, leggera e così mette d’accordo i puristi dello stile, quelli che non si ricordano che Maricica Puica otteneva risultati incredibili correndo in modo ben diverso.
La ricetta magica non esiste, a volte eleganza ed efficacia della corsa pare che non vadano a braccetto e quanto a definire la leggerezza saremmo tentati di dire che chi “rotola” alla fine è più leggero di chi “salta”. Ma è pur vero che la corsa è una successione di salti più che un rotolamento e nell’immaginario collettivo se questi salti sono ben evidenti e leggeri fanno dire che l’atleta corre certamente bene. Come minimo è compito dei tecnici distinguere fra aspetto estetico della corsa ed aspetto funzionale della stessa. Le due cose non sono coincidenti e paradossalmente riusciamo più facilmente a metterci d’accordo sugli aspetti estetici della corsa che non su quelli funzionali.
Come sempre è più facile vedere l’esteriorità delle cose che non comprenderne il funzionamento. Fermarsi all’aspetto esteriore forse tutto sommato è anche un atteggiamento abbastanza umile perché comprendere la complessità interiore è di una difficoltà disumana. Parlando di gesta sportive forse conviene rischiare questa presunzione.